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E se dico "multiplayer"?

E se dico "multiplayer"?

Nel marketing si usano tanti, troppi termini mutuati dall’inglese. Così tanti che si finisce a parlare come l’Imbruttito, diventando la parodia di sé stessi. È così da quando io lo possa ricordare. È una branca di studio che paga la sua genesi statunitense e la voglia dei suoi frequentatori di sentirsi fighi senza capir bene cosa stiano pronunciando. L’effetto è comico, se non patetico, ma vaglielo dire, ai pubblicitari.

Uno dei concetti con un nome anglosassone che nessuno si è preso la briga di tradurre è “top of mind”, che è poi l’ambizione di ogni azienda, cioè essere il marchio che viene in mente, senza bisogno di alcuna stimolazione o suggerimento, parlando di una determinata classe di prodotto. Per capirci, se scrivo “bevande gassate”, sicuramente penserete alla Cedrata Tassoni. O forse no, ma ci ho sperato.

Ho provato ad auto sottopormi a questo procedimento menzionando il termine “multigiocatore”, così, perché mi andava. Avrei potuto anche tentare con “spinterogeno” ma non era il tema del mese.

La risultante la trovate qui sotto. Non sono i migliori, non sono i più blasonati. Una cernita di quel tipo avrebbe richiesto tempo e poi ripensamenti e poi “ho solo 10 posizioni ma io ne vorrei mettere 12”... In estrema sintesi, ha vinto la pigrizia.

Tristemente, le vesciche potevano essere un effetto collaterale di Mario Party

Mario Party - Nintendo 64

Il primo, non certo il più rifinito, ma il più iconico, per me. L’originario Mario Party è un po’ come il Monopoly. Ti ricordi di averci giocato centinaia di volte ma fatichi a focalizzare qualche partita portata davvero a termine. Forse quella mitica con lo zio Eugenio nel Natale del’89, dove la gentrificazione sconsiderata di Parco della Vittoria aveva avuto la meglio sui fondi dei concorrenti. Ecco, Mario Party ha quel limite lì, perché metti caso che per masochismo imposti i turni al massimo poi la lentezza nell’espletazione delle formalità, dal movimento delle pedine al lancio dei dadi, fa il resto e può portare a un abbandono prematuro. Però nei minigiochi c’è ignoranza e divertimento, il sale del multiutente da divano. Ricordo ancora quando, a notte fonda, si verificò una strana congiunzione astrale e concludemmo un match. Fummo battuti dalla moglie di uno di noi. Ci voltammo per congratularci e la ritrovammo addormentata con il pad del Nintendo 64 in posizione precaria. Ah, quanto allenamento ci voleva per vincere a Mario Party!

C’era molto dolore, in WInter Games.

Winter Games – Commodore 64

Il numero di pomeriggi e serate trascorsi con gli amici sul Commodore 64 (pur se in realtà io avevo un inutile 128) è incalcolabile e la sfilza di titoli passati fra le mani in quel periodo altrettanti. Gli sportivi avevano un posto d’onore e ne potrei citare almeno una decina senza manco scomodare Moby Games. In tale categoria, il sottoinsieme dei multievento era particolarmente amato e, con l’eccezione di Konami, era presidiato da Epyx con la serie Games. Tra questi, Winter Games è il primo che mi salta in mente. Non so bene il motivo. Forse perché mi sovviene quel pomeriggio di convalescenza dall’influenza nel quale mio fratello (maggiore di due anni) invitò alcuni compagni delle medie (io ero ancora alle elementari) e mi unii nel mio bel pigiamino a quadretti azzurri per giocare con loro. L’accensione della fiamma olimpica e annesso volo di colombe, le testate nella neve dei falliti salti di freestyle, il ritmo e precisione del biathlon, il pattinaggio artistico che non abbiamo mai veramente capito… è possibile che non fosse il migliore della serie Games, ma quel pomeriggio, con la neve fuori e le matte risate dentro, me lo ricordo come se fosse ieri. E scalda ancora il cuore.

Questa avrei potuto usarla per la serie di articoli “E adesso… pubblicità!” e invece me la gioco così.

Mario Bros. -  Atari 2600

Anche se possedevo la versione per C64, indubbiamente superiore, i miei ricordi sono legati alla conversione Atari alla quale giocavo sul 2600 di un compagno delle elementari. Ribaltare le tartarughe, attendere che il proprio sodale ci si avvicinasse per calciarle e un istante prima rivitalizzarle con un’altra craniata è stato il motivo di molte liti e altrettanto divertimento. Per me l’Atari 2600 in quel periodo era Mario Bros. e pure Defender, ma quest’ultimo solo perché i nemici erano citati come “mutanti”. E la parola mutante ci faceva pensare a mutande. E si rideva. Eravamo piccoli. Oggi rido ugualmente, ma almeno non sono più piccolo.

Non sempre l’amicizia vince in Mario Kart 64.

Mario Kart 64 - Nintendo 64

Il fatto di avere quattro porte per i pad ha reso Il Nintendo 64, per quanto mi riguarda, LA console del multiplayer. Potrei citare il mastodontico Mario Tennis oppure GoldenEye 007, ma la mente me li ha trasmessi in posizioni dopo la 10, quindi pussa via. Mario Kart 64 invece è lì, scolpito nelle serate con gli amici nerd e soprattutto nelle infinite nottate durante il servizio civile, quando, nonostante abitassi a 15 km dal luogo di prestazione di attività, ero costretto a dormire in parrocchia con gli altri obiettori. Ringrazio quel diktat perché fu un gran periodo. Nei momenti videogiocosi, Mario Kart 64 (e Wipeout 2097 e Resident Evil 2 e il succitato gioco di James Bond) era uno dei re indiscussi e il motivo per il quale ancora oggi ho quattro tricorni analogici. Signori che gioco! Datemi un Wario Stadium e tre sfidanti ogni giorno del mese e sarò un uomo felice. Poi vabbè, c’era sempre chi finiva nel tunnel del treno di Kalimari Desert perché non si sa mai che ci sia davvero qualche scorciatoia. Ma questa è una storia per altri momenti.

Succedeva anche a noi: ci vedevamo fighi, ma risultavamo come questi qua.

Double Dragon - Arcade

Di certi mostri sacri non sai più cosa scrivere e se un bel silenzio non fu mai scritto, forse sarebbe questo il momento. Per me Double Dragon è il bar Centro di Canale, con gli amici del tempo. Bici malamente appoggiate alle colonne dei portici e dentro di corsa a sfondare di gomitate Mr T (per noi era Mr T, pure quello bianco e pelato). E poi i nastri trasportatori, le mazze da baseball, le ginocchiate in faccia, quella merda col mitra che consumava tutte le monetine. E su tutto l’iconico finale, dove ci trovavamo a menarci tra di noi. Fisicamente intendo.

Un tipico esempio di assalto alla “Viva il parroco” contrastato da un cinica risposta.

Towerfall – PS4

Prima di Celeste, Matt/Maddy Thorson aveva già sfornato il suo capolavoro. Pixel art, schermo fisso, arcieri con frecce limitate e via alla carneficina. Ancora oggi Towerfall ha un posto d’onore nelle serate in multi accanto al lodevole Boomerang-Fu; tuttavia, le memorie più vivide sono legate alla fruizione famigliare: della volta in cui mia moglie ci massacrò tutti usando l’arco a mo’ di mitra per poi ammettere “non ho capito bene quali tasti usare”; di quando, in modalità cooperativa, puntavo la freccia addosso a mia figlia minacciandola con un “se non vai a uccidere quel nemico lassù ti ammazzo io”; o ancora del momento “professione pericolo”, nel quale scagliavo in aria una freccia tentando di coglierla al volo, morendo. Dopo che avevamo fatto una fatica boia a giungere fin lì. Towerfall è tutto questo, compresi i balletti denigratori nei confronti di mia figlia, in età a singola cifra, ogni qualvolta la battevo. Nessuno ti insegna a essere un padre modello.

Eccoli, i due simboli incriminati citati nel testo qui sotto.

Keep Talking and Nobody Explodes – PSVR

Un gioco VR multigiocatore in locale è di per sé una notizia. Che sia divertente e funzioni è quasi un miracolo. L’artificiere si mette il caschetto e deve neutralizzare una bomba spiegando a parole come sia assemblata. Il quartiere generale, manuale alla mano, deve comprendere le indicazioni e fornire la procedura corretta. Pare facile, ma se poi un’omega minuscola viene descritta come “il culo con la scorreggia dentro” o ti ritrovi a cercare tra le varie pagine “la piovra con lo scudo” non è così sicuro che l’ordigno non esploderà.

4K, HDR ,ray tracing… quando l’hardware è spremuto all’osso, lo spettacolo è assicurato.

Combat - Atari 2600

Per essere una console che non ho posseduto ai tempi, la finta radica Atari spunta con fin troppa frequenza in questo articolo. Combat l’ho scoperto quando la console su cui girava era già pezzo da museo, a fine anni ‘90. Studente fuori sede in Nevada, rinvenni con i coinquilini una scatola contenente console e giochi. La nascondemmo al padrone di casa, tale Mr Tallman, quando venne per portarsi via un po’ di oggettistica appartenente al figlio. Combat divenne così una fissa per un paio di settimane. Grazie ai carrarmati diversamente agili (sempre preferiti ai velivoli) e alla sua schietta semplicità, organizzare tornei accessibili a tutti era un attimo. Poi un giorno Mr Tallman comparve a tradimento e ci beccò col sorcio in bocca. In onore dei miei tempi da universitario, recentemente mi sono ricomprato Combat. E Mr Tallman muto.

La fa più facile di quanto non sia in realtà.

Pac-Man Vs. – GameCube/Game Boy Advance

Non so perché questo gioco stia qua. Ne ho avuta esperienza solo una volta. Il motivo è semplice, per funzionare richiede un disco che si trova in regalo con un altro gioco (R: Racing Evolution), un GambeCube con tre pad, l’adattatore per il GBA e portatilino annesso. Gli utenti sulla TV impersonano i fantasmi e hanno una visione limitata del labirinto; l’utente su GBA è invece Pac-Man, che ha una inquadratura completa dell’area di gioco. La formula sarebbe stata ripresa e resa più fruibile su Wii U da Nintendoland, ma quella serata a casa di Didimo e quel set up assurdo mi sono rimasti bruciati nelle sinapsi.

Bubble Bobble – Arcade/Commodore 64

“Pa Pa Pa pappa pa parappa pa parappaparappà parappapa pa pappaparà pappapaparapà…” ne basta la musichetta, eterna madeleine proustiana, per rievocare un flusso di emozioni. Il resto, quali i folli bonus, la coop ineguagliabile, la grafica zuccherosa, è quasi superflua citazione. Che fosse nelle sale fumose di un bar o nella sua sorprendente conversione per C64, Bubble Bobble sarebbe rimasto per sempre il miglior videogioco della storia e, per il principio del sillogismo, anche il miglior titolo multigiocatore.

Qui si conclude il mio ennesimo angolo di vecchianza, senza scordare una menzione d’onore per Rock Band, non incluso poiché beneficiario di un articolo ad hoc legato alla cover story del mese.

Non so se lo avete mai notato, ma al fondo di ciascuna pagina di Outcast.it c’è uno spesso dimenticato spazio per i commenti. Sarebbe interessante usarli per raccogliere i vostri 10 top of mind del multiplayer, anche senza aggiungere motivazioni. Lo so che così scrivendo mi espongo al pubblico ludibrio quindi, dai, non fatemi fare la figura dello stronzo che organizza una festa e poi non si presenta nessuno!

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al multiplayer, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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