Ripensando a Xbox 360 (e a Sega)
Quando, ormai quasi un paio di mesi fa, s’è deciso di dedicare l’ultima Cover Story del 2025 ai vent’anni di Xbox 360, m’è cascato il cervello sul viale dei ricordi e mi sono ritrovato a pensare a cosa quella console abbia rappresentato, volendo anche a una certa dose di poesia nella ciclicità della storia del settore. Quella Microsoft che, con la prima Xbox, era arrivata da outsider di moderato successo e aveva scelto di provare ad accattivarsi il mercato giapponese (anche) raccogliendo in qualche modo l’eredità del Dreamcast e di SEGA, tutto sommato proseguì su quella strada con la sua seconda console. Parecchi anni prima, SEGA aveva fatto una fatica bestia (ottenendo risultati buoni praticamente solo in Europa) a contrastare il monopolio di Nintendo col suo Master System ma, alla generazione successiva, aveva sostanzialmente vinto la battaglia con il Mega Drive, mangiandosi oltre metà del mercato. E per certi versi aveva anche tracciato un percorso che avrebbe segnato il futuro. Per dirne una, la prima PlayStation venduta come macchina per adulti mi sembra una mossa un po’ figlia, o comunque ovvio seguito, del Mega Drive venduto come macchina per adolescenti. E, beh, Microsoft, con la prima Xbox, aveva ottenuto risultati a malapena dignitosi contro il monopolio di PlayStation 2 ma, con Xbox 360, si mangiò tutto il mangiabile, portando palla per gran parte della generazione nel duello con Sony e andando a chiudere in sostanziale parità (con Wii che procedeva per i fatti suoi, ma quello è un altro discorso).
Ripensarci, oggi, è davvero sconcertante. Arriviamo da una quindicina scarsa di anni in cui prima Microsoft ha sbagliato tutto lo sbagliabile con Xbox One, passando da “fanno cose belle” a “il diavolo” nel giro di una conferenza all’E3, e poi ha tirato i remi in barca trasformando Xbox Series in un pezzetto di un - boh, vogliamo chiamarlo ecosistema? - in cui tutto è Xbox, niente è Xbox e, di fatto, hanno venduto circa la metà delle console rispetto alla generazione precedente. Allucinante. Ma soprattutto è sconcertante pensare, oggi, con l’immagine che abbiamo di ciò che è diventato il marchio Xbox, a cosa fu quella console, una macchina che nel corso del suo ciclo vitale ebbe oltre duecento esclusive assolute. Oltre duecento giochi usciti solo lì e basta, non su smartphone, non su PC, non in riedizioni cinque anni dopo. Zero. E di quel conteggio non fan parte molti giochi che consideriamo sostanzialmente esclusive Xbox 360, tipo, che ne so, il primo Gears of War o alcuni Halo. Una roba oggi inconcepibile.
E poi il modo in cui Xbox 360 era al centro della conversazione, i giochi multipiattaforma che giravano quasi sempre molto meglio, il perfezionamento e l’esplosione di Xbox Live Arcade con l’effetto dirompente che ebbe sulla crescita della scena indie, la standardizzazione e cristallizzazione di come funziona il multiplayer online su console, la concretizzazione dell’idea di console costruite come PC da salotto al punto di ritrovarci poi con una Sony che ammette candidamente gli errori di PlayStation 3 e cambia del tutto approccio… Ma poi, ripeto, un mercato sostanzialmente diviso in parti uguali, a fronte di due generazioni successive in cui l’hardware di Microsoft è colato a picco. Anche in questo rovinare a valle a causa di scelte discutibili, volendo, si rivede quel che ha fatto SEGA dopo il successo del Mega Drive, seppur con la differenza che l’azienda giapponese s’è ritrovata costretta ad abbandonare la produzione di hardware per sopravvivere, mentre dubito che Microsoft al momento abbia di questi problemi.
E infatti non ne sto necessariamente facendo una questione di merito o demerito, intanto perché a me l’impostazione “hardware agnostic” piace molto e spero che in un modo o nell’altro tutti continuino a spingere in quella direzione, ma soprattutto perché, appunto, è anche un po’ una questione di punti di vista. Da un lato è chiaro che Xbox One è stato un buco nell’acqua imprevisto, figlio forse dell’aver sbagliato completamente tempi e modi nel tentare e soprattutto nel comunicare una serie di cose che, a conti fatti, in un modo o nell’altro hanno finito per concretizzarsi. Ma dall’altro, sbaglierò, vista la loro strategia attuale, non penso che in Microsoft vedano come un problema il fatto che Xbox Series abbia venduto circa la metà rispetto a Xbox One. Cosa che per altro un po’ mi sorprende, perché la percezione, la vibe, la chiacchiera nell’aria parla sì di Xbox Series come una grande sconfitta da PlayStation 5 (e Switch), ma allo stesso tempo non mi sembra che in questa generazione Microsoft abbia l’aria della perdente che aveva con Xbox One. Perché son passati a fare altro, tutto sommato. E in fondo anche questo rende sconcertante ripensare a quel che erano riusciti a fare con Xbox 360.
OK, come mio solito mi sono perso e non so se e dove sto andando a parare. Ma più che altro volevo mettere in fila queste due o tre considerazioni che mi sono nate spontanee per andare a chiudere la Cover Story proprio oggi, nel ventennale dell’uscita europea di Xbox 360.
Dopodiché siamo a dicembre e, come al solito, ce la prenderemo un po’ più comoda con articoli e contenuti assortiti, anche se comunque abbiamo un bel po’ di podcast in arrivo e il solito cumulo di cose arretrate che vorrei sistemare/organizzare/[inserire a piacere] e chissà forse ce la farò. Nel frattempo, buon avvicinamento alle feste.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vent’anni di Xbox 360, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.
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