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Spec Ops: The Line è (ancora oggi) l'Apocalypse Now dei videogiochi

Spec Ops: The Line è (ancora oggi) l'Apocalypse Now dei videogiochi

Spec Ops: The Line trae ispirazione dal romanzo Cuore di tenebra firmato Conrad e lo trasporta in una zona di guerra. Ma non siamo in Vietnam, questa volta, bensì all'interno di un conflitto fittizio ambientato a Dubai. Non è nemmeno il solito medio oriente di Call of Duty: sabbia e sole accecante fanno da sfondo a situazioni molto più tragiche. Questa guerra si svolge soprattutto nella nostra mente e in quella dei soldati protagonisti (come si è visto in Apocalypse Now).

Sono passati ben tredici anni dall'uscita dello sparatutto firmato 2K/Yager, eppure sembrano tredici giorni. Nessun altro shooter bellico, o videogame in generale, ha mostrato lo stesso spessore narrativo in rapporto ai temi trattati, né ha voluto andare oltre il semplice intrattenimento visivo. Ancora oggi, grafica a parte, l'impatto di certe scene resta fortissimo e le ore volano via non appena ci si immerge completamente nella storia.

In Apocalypse Now c’era il fotografo, qui abbiamo un deejay…

Se Marlon Brando è il cattivo nel film di Coppola, qui mancano gli attori famosi ma lo stesso "superiore impazzito" resta il fulcro della vicenda . Il nostro compito è capire cosa stia combinando, attraversando un conflitto senza regole o distinzioni tra buoni e cattivi. La trama, insomma, è di quelle belle spesse, come direbbe chi legge libri una volta ogni lustro. Già questo semplice dettaglio rese Spec Ops: The Line poco adatto per il pubblico di massa, all'epoca del lancio.

In fondo, quando mai si è vista l'introspezione psicologica in un gioco di guerra? Di rado, soprattutto da quando il genere shooter è sbarcato sulla rete e i cervelli sono stati messi in stand-by (a favore dei riflessi alimentati dagli energy drink). Riassumendo, abbiamo un gioco troppo "serio" per essere vendibile che risultò anche diverso dalla concorrenza e quindi venne subito ignorato dal grande pubblico. L'attenzione al single player, oltretutto, fu l'ultimo ostacolo al successo commerciale di Spec Ops: The Line.

Sono gli stessi personaggi a interrogarsi su quello che fanno.

Il bello è che le parti migliori non sono neanche quelle interattive, ma quelle narrative. Copiando una pagina dal manuale di Hideo Kojima, i tedeschi Yager puntarono tutto sui filmati, iniziando dalle fasi iniziali, che vedono i titoli sovrimpressi al gameplay. Senza risparmiarsi in quanto a scene violente... Una su tutte, la celebre sequenza del fosforo bianco che obbliga il giocatore a commettere un'atrocità (bruciare i civili) e poi gli fa osservare i risultati.

Invece di mostrare la guerra come un parco giochi, Spec Ops: The Line ne rappresenta gli aspetti più terrificanti. Niente propaganda insomma, o retorica sul sacrificio dei soldati che devono difendere gli USA. La stessa bandiera americana, tocco di classe, si vede nello schermo dei titoli all'incontrario come segnale di emergenza. Mentre, sullo sfondo, suona nientemeno che Star Spangled Banner di Jimi Hendrix. Se ricordate l'inizio di Apocalypse Now, con "The End" dei Doors, il parallelo è quasi scontato.

La regia dei filmati è, ancora oggi, di altissimo livello.

Oltretutto, nemmeno il finale venne trascurato dagli sviluppatori, con tre diverse conclusioni e nessuna sequenza "tirata via" . La fine del gioco, qualcunque sia attivata, non dura un attimo ma offre una serie di approfondimenti che ripercorrono quanto visto in precedenza. Oltre al classico colpo di scena che ribalta tutto, stile Il sesto senso o Fight Club, vengono svelati nuovi particolari sul protagonista e sulle sue motivazioni.

Anche l'azione su schermo non lascia a desiderare, pur restando indietro qualitativamente rispetto alla trama. Benché copi chiaramente la struttura di Gears of War, iniziando dai ripari, punta più sul realismo, almeno scegliendo una difficoltà elevata. Ad esempio, le munizioni scarseggiano e pochi proiettili a bruciapelo vogliono dire game over immedato. Da ricordare anche la varietà delle ambientazioni, che passano dalle dune a edifici in rovina, antichi palazzi e altro ancora.

L’inizio del gioco è molto scontato, poi le cose cambiano.

Fatto clamoroso, e ironico, visto lo scarso successo ottenuto, la localizzazione italiana venne curata meglio del solito. A cominciare dalla voce del protagonista affidata a Matteo Zanotti, nome celebre per essere l'alter ego di Nathan Drake in Uncharted. Naturalmente, il doppiaggio è "esaltato" al punto giusto, come si conviene a un gioco di ambientazione bellica. Ma non troviamo solo urla, insulti e imprecazioni: il cast riesce a coinvolgerci anche nelle scene più riflessive, abbassando parecchio i toni.

Ripensando ad Apocalypse Now, ci vorrebbe una versione redux con qualche ritocco e un deciso upgrade grafico, peccato che il mercato dei videogame sia molto più spietato del cinema. Chi, soprattutto oggi, con i costi di sviluppo dei giochi moderni, finanzierebbe un progetto simile? Tanto più che dovrebbe vendere qualcosa come dieci milioni di copie solo per pareggiare le spese. Sì, esagero, ma neanche così tanto.

Il volto del protagonista riflette gli orrori che ha vissuto.

L'aspetto più triste è che fallendo miseramente nelle vendite, nessuno ha pensato di ispirarsi a questo gioco facendo "crescere" gli shooter bellici. Che restano un luna park di esplosioni esagerate e sequenze guidate con personaggi che parlano tantissimo, senza dire nulla.

Non che i videogame possano diventare un mezzo di insegnamento ma almeno farci riflettere, questo si. E Spec Ops: The Line è ancora in grado di farlo, per quei pochi che non hanno mai messo il cervello in stand-by.

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