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The Punisher, l'ultraviolenza che non invecchia

The Punisher, l'ultraviolenza che non invecchia

Se amate i videogiochi ispirati ai fumetti Marvel, ricorderete uno degli sparatutto più violenti della storia. Tra censure, polemiche e frasi ad effetto, ancora oggi resta unico nel suo genere.

Il nome The Punisher è tornato in auge negli ultimi tempi grazie alla serie Daredevil di Netflix prima, e Disney poi (in attesa della prossima miniserie a lui dedicata). Parlo naturalmente dell'interpretazione firmata Jon Bernthal, forse il miglior imitatore di Robert De Niro sulla piazza.

Molto prima, nel lontano 2004, uscì il secondo dei tre (finora) adattamenti cinematografici del Punitore, com'era chiamato all'epoca in Italia. Il film con protagonisti Tomas Jane e John Travolta fu un mezzo flop sul lato incassi, pur ottenendo un buon riscontro presso gli appassionati del fumetto originale. La violenza c'era, l'humor nero anche, peccato per l'ambientazione completamente sbagliata (Miami invece di New York) e una trama messa insieme a caso.

Travolta aveva già il parrucchino? Può darsi.

Nei videogame, circa un anno dopo, THQ pubblicò su PC e console la versione giocabile del film, o quasi. Si trattava di un "semi sequel" in cui lo stesso attore protagonista (Tomas Jane, vi risparmio lo scrolling verso l'alto) dava voce a Frank Castle, in uno shooter in terza persona così violento da risultare celebre proprio per questo aspetto. Peccato che la grafica ne frenò parecchio le ambizioni, in un'epoca in cui il 3D stava facendo passi da gigante. Escluso l'ottimo design del protagonista, The Punisher sembrava l'aggiornamento di un vecchio titolo per PSone. Pochi poligoni, anche animati male, mettevano insieme un quadro desolante, sollevato in parte solo dalla fedeltà ai comics originali.

Ed era strano, considerando che alla programmazione c'era lo studio Volition, noti grazie a Saints Row, Red Faction e prima ancora Descent (quando si chiamavano Parallax Software). Oggi, come tanti altri, hanno chiuso i battenti.

Così tanti coltelli, così poco tempo…

Il gameplay era egualmente diviso tra sparatorie e interrogatori. In qualsiasi momento potevamo afferrare un nemico e maltrattarlo scegliendo varie soluzioni: puntargli un'arma in faccia, strangolarlo e così via. Inoltre, punti specifici dello scenario innescavano vere e proprie torture per infierire sul criminale di turno con armi improvvisate. Ad esempio: avvicinare la sua faccia a una sega elettrica, tenendo d'occhio la barra che indica lo stato di paura. Spaventandolo a morte, si ottenevano punti bonus ed energia extra, oltre a informazioni aggiuntive. Non solo: anche ottenendo le info richieste, potevamo andare fino in fondo e uccidere comunque l'ostaggio. Chi ricorda Manhunt penserà che fosse più violento, ma qui si stava glorificando la tortura - un po' troppo per quei tempi.

(inizio paragrafo autorefenziale evitabile)

Ricordo quando, per conto dell'ormai seppellito Nextgame, andai alla presentazione ufficiale presso le sedi milanesi Halifax. Da un palchetto tipo recita scolastica, gli esaltati PR sottolineavano il tasso di violenza del gioco, scherzandoci sopra. Avrei voluto registrarli e mandare il tutto a qualche TG, per sentire come potessero giustificarsi.

(fine paragrafo autorefenziale evitabile)

Benché sia famoso per la "cattiveria" intrinseca, The Punisher non uscì indenne dai controlli della censura. Eh già: Rispetto alle versioni preview e varie beta viste prima dell'uscita, sangue e frattaglie furono ridotti per evitare divieti più alti dei soliti 18 anni. Il rischio era veder limitata (se non interrotta) la distribuzione nei negozi, e allora non c'erano le versioni digitali pubblicate online. I tagli non riguardavano solo le ormai famose esecuzioni (poi colorate in bianco e nero) ma anche altri particolari. Ad esempio, le mutilazioni disponibili con alcune armi, o la frequenza con cui gli schizzi di sangue dipingevano le pareti durante le sparatorie. Su PC, grazie ai mod, è possibile riattivare tutto e godersi The Punisher in versione vietata ai minori di trent’anni, come solo Frank Castle l'avrebbe progettato.

Un problema di emicrania risolto drasticamente.

Prima di chiudere, devo ricordare che Tomas Jane svolse un ottimo lavoro come voce dello stesso Frank. Parlando sempre a bassa voce con estrema calma, rendeva ancora più spassosi alcuni commenti ("non uccidermi, è il mio compleanno!" BANG! "era l'ultimo"). In inglese, ovviamente, altrimenti il doppiaggio italiano ci regalava un protagonista meno arrabbiato e serio.

Ma in fin dei conti, com'era The Punisher a livello di giocabilità e divertimento? Un discreto arcade e niente più. Divertente se non esilarante (amando la violenza simulata), ma limitato nella grafica e nel gameplay. Detto questo, rimane l'adattamento più fedele ai comics e un "must" per gli appassionati dell'omonima serie Marvel. Tant'è che dopo vent'anni ancora ci rigioco di tanto in tanto, pensando soddisfatto "bentornato, Frank!".

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al colore rosso, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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