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Siamo tutti figli di Matt Murdock

Siamo tutti figli di Matt Murdock

Parliamoci chiaro, se potessimo decidere un potere specifico, tutti sceglieremmo, che ne so, di saper volare, avere la superforza, una rigenerazione istantanea, la velocità supersonica, piegare i metalli secondo la nostra volontà, controllare le menti, addirittura un’inutile vista laser, anche solo perché fa figo. Chi desidererebbe mai un potere che ovvia invece a una disabilità, ovvero un senso radar per poter così supplire alla mancanza della vista, se ovviamente normodotato?

Chi non vorrebbe avere il potere di Jubilee, ovvero sparare fuochi d’artificio dalle mani?

Ci sono tanti supereroi fighissimi come Superman, che tutto possono, o come Batman e Iron Man, che con un mix d’intelletto e soldi riescono a colmare lacune fisiche evidenti rispetto ai colleghi sovrumani, ma alla fine ci immedesimiamo sempre con quelli più sfigati, quelli che di gioie ne vedono gran poche. Amiamo personaggi tragici come Spider-Man e Daredevil perché le loro storie, i loro problemi sono qualcosa di molto terra-terra, che possono capitare a chiunque. Oddio, forse non a tutti può capitare che la propria zia venga rapita da un super criminale o che la propria fidanzata venga resuscitata, però i rapporti con i propri cari e il fatto di dover far convivere la propria identità segreta con la vita di tutti i giorni è una cosa che ce li avvicina tantissimo.

Ci sono giorni in cui sarebbe meglio starsene a letto.

Ma perché alla fine forse il più “umano” tra tutti è proprio Daredevil, l'alter ego di Matt Murdock? Se seguiamo la sua psicologia, il suo modo di comportarsi e le sue scelte, vediamo sempre emergere quel suo lato religioso, credente, dedito al sacrificio e all’espiazione, come se tutte le soluzioni disponibili dovessero passare per un cilicio morale e alla rinuncia dei propri interessi personali. Da non credente ho sempre trovato affascinante questo lato di un “vigilante” che utilizza la violenza nonostante la sua morale gli vieti questo modo di agire, ma nelle stesse storie ci viene spiegato quanto alla fine si senta proprio “uno strumento di Dio”, e per opporsi contro il male l’unico modo realmente efficace che conosca sia quello di “menare le mani”. Come è perciò possibile che il suo personaggio viva in un “pessimismo cosmico” continuo, benché l’obiettivo sia combattere le ingiustizie e la corruzione sacrificando praticamente tutto? Alla fine sembra incredibile, ma proprio la sua fede gli infonde quella forza necessaria per poter continuare a combattere una società marcia fino al midollo, il più delle volte rappresentata dalla sua “moderna” nemesi, quella di Wilson Fisk, conosciuto nel mondo del crimine come Kingpin.

Wilson Fisk incarna tutto l’opposto di Matt Murdock, cupidigia, opulenza e bramosia di potere.

Tra i vari autori che hanno elevato il personaggio è impossibile non nominare Frank Miller, la persona che indubbiamente ne ha riscritto ed esaltato le caratteristiche, facendolo “maturare” e rendendolo nettamente più adulto, creando ex novo un personaggio che nei decenni precedenti lo aveva visto molto gigione, portandolo tutto in un’altra dimensione, molto più dark e violenta, dove una ricerca spasmodica della vendetta lo vede lottare ad armi impari contro uno stuolo di avversari che però non avranno mai la meglio su di lui. Ovvie le ispirazioni prese per creare il mondo in cui ambientare il suo Daredevil, soprattutto dal cinema, pescando a mani basse dalla New York de I guerrieri della notte, Il braccio violento della legge e Taxi Driver. Infatti importantissima rimarrà sempre l’ambientazione che fa da sfondo alle sue avventure, quella Hell’s Kitchen (il quartiere di New York, ovviamente, non il programma di Gordon Ramsey) che per lui è casa, come Gotham City per Batman, un binomio imprescindibile.

Lo stesso Klaus Janson, uno degli storici collaboratori di Miller, a più riprese dichiarò queste influenze e il come sfogliare i fumetti creati da loro dovesse riportare indietro a quei giorni, in quella Grande Mela sporca, malvagia e inospitale, ricordando quanto soprattutto quel quartiere fosse veramente l’Inferno in Terra. La sua versione del personaggio è quella che ne ha poi ne ha fissato i tratti distintivi, quella definitiva sulla quale poi si sarebbero basati gli autori successivi, grazie ad archi narrativi come L’uomo senza paura, Rinascita, Amore e Guerra, Purgatorio o Salvezza, storie che tra gli altri vedevano Miller lavorare insieme a mostri sacri come John Romita Jr., Bill Sienkiewicz e David Mazzucchelli.

Il Devil di Miller porterà veramente New York all’Inferno.

Un’altra coppia di autori impossibili da non nominare sono quelli che riuscirono a portare avanti il testimone, creando una versione più moderna ma pur sempre fedele alla “rinascita” del personaggio, anche se, facendo due calcoli, questa “nuova” versione ha visto luce ormai un quarto di secolo fa. Ovviamente sto parlando del duo composto da Alex Maleev è il più famigerato Brian Michael Bendis, capaci di elevare ulteriormente un personaggio talmente “forte” da meritarsi addirittura uno dei primi tentativi moderni di portare al cinema in maniera più concreta il supereroe col purtroppo dimenticabile Daredevil, del 2003, con Ben Affleck e Jennifer Garner; parliamo di uno dei cinecomic meno amati di sempre, battuto solo forse dallo spinoff che vedeva la dolce metà dell’avvocato di Hell’s Kitchen come protagonista.

Addirittura questa coppia ne ha esplorato più il lato “civile”, mettendo leggermente in secondo piano quello da vigilante, incentrandosi prevalentemente sul punto di vista psicologico, più malato e borderline del personaggio, portandolo a un certo punto addirittura a diventare uno dei cattivi, o meglio, il capo dei cattivi, scegliendo così di controllare direttamente il male, tanto dilagante da non dargli nessun’altra scelta, prendendo forzatamente il controllo della sua Hell’s Kitchen. Memorabili le run Decalogo e Il Re di Hell’s Kitchen, consigliate a chiunque voglia leggere un Devil più moderno, ma che è strettamente legato a quello milleriano.

Il personaggio scritto da Bendis e disegnato da Maleev trova un equilibrio perfetto tra la sua identità segreta e il vigilante.

Visto l'esaurirsi di ciò che voleva raccontare, Bendis decise di abbandonare il “Cornetto” per concentrarsi su altre testate e progetti centrali nell’universo della Casa delle Idee (praticamente tutti gli avvenimenti più significativi dei dieci anni successivi) e verrà sostituito nel tempo da gente come Ed Brubaker, Mark Waid, Charles Soule e Chip Zdarsky. Sono tutti ottimi scrittori, però nessuno riuscirà a lasciare un’impronta così iconica, ognuno cercherà di darne una propria visione, chi più positiva, chi più fuori dagli schemi e chi più controversa, senza mai lasciare il segno.

Ancora oggi la figura del “Rosso” (come spesso lo chiama il Punitore) è in cerca di una vera identità editoriale, anche se bisogna ammettere che il mondo del fumetto in generale non sta attraversando il migliore dei suoi periodi storici e sono veramente poche le testate che continuano a brillare.

Shadowland rimane una delle miniserie più controverse della storia editoriale del personaggio, scritta da Andy Diggle e Antony Johnston nel 2011, ribalta totalmente il protagonista, il suo credo e i suoi princìpi, facendo emergere un discreto malumore tra i lettori più affezionati.

Cambiando medium, anche le serie TV a lui dedicate sono considerate tra i prodotti migliori del MCU, partendo dalla trilogia inizialmente disponibile su Netflix e ora proseguita su Disney+, dove l’ottimo Charlie Cox è riuscito a dare vita a un Matt Murdock veramente credibile. Se le prime tre serie a mio modesto avviso si possono considerare delle buonissime trasposizioni delle atmosfere e storie milleriane, portandoci su schermo personaggi coerenti e ben sfaccettati, l’ultima intitolata Rinascita (titolo solamente rievocativo di una delle più famose run fumettistiche e che qui fa solo da specchietto per le allodole, essendo la storia già stata discretamente trasposta nella terza serie Netflix) è vittima della scellerata gestione che Disney ha attuato coi suoi franchise, risultando claudicante a più riprese poiché rigirata per scelta della nuova dirigenza che riteneva il prodotto non all’altezza degli standard che si erano prefissati. Troppo slegati gli episodi tra di loro e palesemente ricollegata alle tre precedenti serie per forza di cose, facendo risultare la narrazione quasi bipolare; questi aggiustamenti in corsa sono stati necessari per cancellare una nuova versione del personaggio che già si era rivisto in She-Hulk: Attorney at Law, evidentemente vittima di una riscrittura completamente incongruente con quella delle sue serie precedenti.

Il Daredevil di Netflix cercava di ricatturare le atmosfere milleriane, prendendo a piene mani da L’uomo senza paura, quello di Disney+, per ora, molto meno.

In conclusione, siamo veramente tutti figli di Matt Murdock? Perché alla fine troviamo nel personaggio di Daredevil, o nella sua controparte civile, un eroe col quale identificarsi meglio di tutti gli altri? Come ho già scritto e ripetuto prima, molto probabilmente è proprio quella sua umiltà, quel suo senso di giustizia legato al non cedere mai di fronte alle nefandezze, quel senso di sacrificio che ci lega a lui, che non è mai fine a sé stesso, soprattutto perché nasce da un passato di sofferenze. Sofferenze dovute alla perdita del padre che voleva dargli un futuro migliore, soprattutto dopo l’incidente che lo vide diventare cieco. Sofferenze dovute al ricongiungimento della madre, per poi perderla nuovamente. Sofferenze per la perdita di amici e amori. Senza però arrendersi mai, facendo da esempio come la sua fede gli impone, come un martire moderno.

Tutto questo, senza superpoteri che lo rendono fisicamente superiore agli altri, ma che invece gli donano la possibilità di analizzare e comprendere tutto ciò che lo circonda, da un profumo a un palpito di un cuore, dallo sfiorare una superficie a un sapore troppo amaro ma che non sa mai di sconfitta. Per questo ci piace, per questo troviamo più facile identificarsi in lui, per questo siamo tutti figli suoi, perché lui è disposto a sacrificarsi per noi, come un padre farebbe coi propri figli.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al colore rosso, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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