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Il mio 2025

Il mio 2025

Fine anno è l’occasione in cui tutti i servizi si prodigano nell’inviarci il loro resoconto annuale (che copre dieci mesi o poco più, ma questa è un’altra storia), un modo per aumentare il legame con le piattaforme, per tracciare quanto visto, giocato, ascoltato e meravigliarsi delle ore investite in un passatempo o inorridire di fronte ai propri gusti musicali. Come documentato in un precedente articolo, ho questa quasi innocua usanza di tracciare il mio giocato mese per mese, devianza che torna utile nello stilare un resoconto dell’annata appena trascorsa.

69 giochi (di cui 8 interrotti anzitempo) e una media voto di 7,2 delineano dodici mesi in flessione rispetto al 2024 ma in continuità con le annate precedenti in quanto a qualità media. Il numero di titoli è stato consistente (supportato dalla brevità della produzione per Playdate), condito da un’ottima varietà nelle macchine utilizzate (ben 15, rispetto alle 8 della stagione 2024). Stringe il cuore vedere che PSVR continui a faticare a farsi spazio nel mio tempo videoludico. Purtroppo, il non poterle dare continuità mi porta ad accusare il colpo fisicamente, ogni volta che le sessioni si prolungano oltre i 45 minuti. Ciononostante, nel poco affetto che le ho offerto, mi ha saputo regalare una perla come The Persistence e chissà che ciò non possa fungere da spinta per donarle più attenzione nel 2026.

Se dovessi tracciare le macro-tendenze del mio 2025, sarebbero Nintendo, Playdate, il nuovo hardware e la tentata pulizia del backlog.

I giochi completati.

Nintendo

L’anno si è aperto e chiuso all’insegna di Mario e compagnia, con la combo autunnale visita al Nintendo Museum + arrivo di Nintendo Switch 2 a suggellare l’amore per Kyoto. La salva iniziale di gennaio è stata sparata su Wii U con il recupero di New Super Mario Bros. U (datato 2012), che avevo criminalmente abbandonato prematuramente nel 2022. In quell’occasione la fruizione in cooperativa con mia figlia fu funestata dalla difficoltà generalmente medio-alta abbinata alla scellerata scelta di rendere i personaggi non sovrapponibili tra loro. Il risultato furono troppe spinte nei momenti meno opportuni e morti accidentali a nastro. In solitaria, NSMBU ha invece dimostrato una piacevole solidità, pur essendo un Mario conservativo e privo di veri spunti nuovi. Ma di fronte a tale perizia artigianale è difficile lamentarsi.

Salvo un passaggio a febbraio con il delizioso Kirby: Planet Robobot (una fra le esperienze visive migliori che abbia avuto su 3DS), è l’autunno ad aver riportato in auge le icone Nintendo: The Legend of Zelda: a Link Between Worlds (uno Zelda 2D compatto e piacevolissimo), Mario Kart DS, Game & Watch Collection, Fire Emblem Awakening e soprattutto Super Mario Galaxy 2 (nella sua versione originale Wii) e Donkey Kong Bananza hanno tenuto alta la media voto e con lei il mio sollazzo.

L’arrivo di una nuova console è sempre un momento da celebrare e Bananza, che inizialmente pareva doversi ritagliare un posto come divertente riempitivo, ha mostrato ambizioni e qualità da primo della classe. E pure una durata ben oltre il previsto.

Quelli abbandonati e il medione totale.

Playdate

La voglia di chiudere la stagione 1, l’arrivo della seconda e l’intenzione di testare finalmente Mars After Midnight di Lucas Pope mi hanno spinto a rispolverare la mattonella gialla. Non mi dilungo perché trovate tutto dettagliato ai collegamenti evidenziati. Di mio aggiungo che, pur avendo perso l’effetto sorpresa, la felicità di ritornare in una comunità così accogliente è stato un toccasana, in un anno che ha visto il mondo reale esprimere il suo peggio a livello politico e umano.

Playdate è sempre un’isola felice, sospesa tra futuro e minimalismo retrò.

Nuovo hardware

È stato l’anno del cinquantesimo genetliaco e amici e famiglia stretta non si sono risparmiati. Hanno fatto il loro ingresso trionfale in casa Switch 2, PlayStation 5 e una Miyoo Mini. È bello sapersi attorniare di persone che ti capiscono. O ti compatiscono. Ma che comunque fanno i regali giusti.

Essendo arrivate in chiusura d’anno, le nuove macchine non hanno avuto modo di ricavarsi un grande spazio nel mio giocato, con l’eccezione della piccola consolina cinese che, vuoi per la portatilità, vuoi per l’accessibilità nelle pause pranzo, è stata un portale irrinunciabile sulla produzione coin-op degli anni a cavallo tra ‘80 e ‘90.

Piccola, tascabile e con una batteria che dura. Tutto il contrario di Steam Deck.

Il backlog

Lo spauracchio della crescente pila di titoli da testare è fonte di ansia per ogni videogiocatore. Il fioretto era quello di limare il numero scendendo sotto le 40 unità (partivo da qualche parte sopra i 50), livello sotto il quale mi sarei concesso qualche nuovo acquisto. È andata così solo in parte. Il traguardo dei 40 titoli è stato temporaneamente raggiunto ma, al netto di 2 giochi regalati, i miei acquisti dell’anno non si sono certo fermati. Nonostante quasi nessuno di questi fosse a prezzo pieno, e 13 rientrassero nella Stagione 2 di Playdate, l’obiettivo è stato vergognosamente mancato; il backlog è nuovamente gonfiato e in generale dovrei decisamente rivedere la voce “frugalità” del mio vocabolario.

La tentata pulizia degli arretrati è stata l’occasione di vivere la cruda epopea di The Banner Saga, una trilogia che utilizza il motore narrativo di Inkle per sorreggere un viaggio dalle scelte difficili e punteggiato da una solida componente tattica sul campo di battaglia.

Di blasone decisamente diverso è il terzo Uncharted che, qui lo scrivo sperando di non ricevere gli strali di nessuno, ho trovato più godibile del secondo episodio. Gioco che mi era piaciuto, sia ben chiaro, ma che mi aveva saturato. Il terzo invece, che parte invero maluccio ma esplode poi fragoroso, ha una grande progressione e bilancia meglio le sue varie parti.

Facente parte della categoria “ma come, ancora non ci hai giocato?!” è Outer Wilds, il cui immaginario incredibile mi ha fatto assaporare il fascino della scoperta. I pianeti gemelli Brace e Cenere penso rimarranno uno fra i luoghi videoludici più folli e visionari mai ideati. È un gioco non sempre accomodante, che mostra qualche spigolo di troppo; al contempo è una di quelle esperienze che ogni videogiocatore dovrebbe provare.

Il resto del mio giocato vede molta pixel art, con una menzione d’onore per Wild Guns Reloaded che, come The Ninja Saviours prima di lui, dimostra quanta figaggine ci fosse in alcuni titoli del tramonto dell’era 16-bit. Così validi da poter dire la loro nel panorama odierno anche se non avessero subito quei (minimi) ritocchi.

Non così lontano dalla realtà.

La collezione

Se sui titoli nuovi ho vagamente debordato rispetto alle intenzioni, con la collezione retro ho quantomeno performato meglio: l’ho fatta totalmente fuori dal vaso. I troppi nuovi inserimenti (e una PlayStation mini) remano contro qualsiasi scusante, pur se, a mia parziale discolpa, molti di questi acquisti sono stati realizzati con scarso esborso, trattandosi in gran parte di cassette per C64 e VIC-20.

Quanto amore.

Ma più di ogni altra cosa è stato l’anno del mio ritorno alla tastiera, grazie all’accesso alla comunità di Outcast. E non è per piaggeria che scrivo che è questo il mio trofeo videoludico più bello del 2025.

Ci vediamo nel 2026 con altri lati oscuri della mia vita da videogiocatore.

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