Playdate e l’arte dell’attesa
C’è stato un periodo nel quale i videogiochi si compravano (anche) in edicola, in comode compilation su cassetta, prevalentemente per C64 e Spectrum. Una pratica stranamente legale, pur se moralmente discutibile. Ma io, che facevo le elementari, che volete ne sapessi di diritti di autore? Anzi, che volete ne sapesse il governo italiano, che infatti sulla materia non aveva ancora legiferato, rendendo questa particolare branca della pirateria borderline ma non sanzionabile. Si cambiava il nome del gioco, veniva modificata la schermata di presentazione e a volte si svolgeva anche un necessario servizio di traduzione (che tanto il testo era rarefatto quanto una flatulenza in aperta campagna) e il gioco, scusate il calembour, era fatto.
Non è di questo però che vorrei scrivere. Se volete fare archeologia, il pregevole edicola 8 bit vi saprà mostrare il genio italico che trasformava “Comic Bakery” in “Il Prestinaio” o che riusciva a riproporre di mese in mese il solito gioco delle bandierine che ancora oggi mi chiedo cosa fosse in originale. Mi vorrei concentrare invece su un progetto che in qualche modo ha rappresentato un revival di quel mondo, epurato dalle pratiche amorali. Esiste infatti, dal 2022, un quadrato color banana con una manovella. Si chiama Playdate e più che una console è una finestra su un passato che fu. Non solo per la sua orgogliosa estetica 1 bit (ma con uno schermo così cristallino da far invidia a un Kindle) ma perché è un balzo temporale in quell’epoca piratesca da edicola, dove tra le zizze di Moana e le figurine Panini ci potevi trovare, per esempio, pure Special Playgames e le sue audiocassette piene di giochi.
Playdate che, oltretutto, sfoggia delle cover sfiziosissime.
Era una sensazione quasi magica, un rito di scoperta; inserito il nastro nel Datasette e attesi i lunghi caricamenti (provate a lamentarvi delle attese su Switch, oh imberbi, NOI ABBIAMO FATTO IL VIETNAM!) ci si trovava di fronte a… un po’ di tutto: un gioco di guida, uno sparatutto, un simulatore svalvolato di qualche attività a caso, come l’attacchino, l’ubriaco (sì, la considero un’attività), il senzatetto, il netturbino, il poliziotto di quartiere.. Quel non sapere cosa sarebbe arrivato dopo, l’oscurità delle meccaniche di gioco, la sorpresa mensile dei nuovi titoli e l’attesa spasmodica per l’uscita successiva erano tutti elementi che apparecchiavano una vigilia elettrizzante. Panic, produttore della succitata mattonella gialla, ha saputo rievocare quei momenti con un’idea semplice quanto ficcante: con l’acquisto della console si riceve anche un pass per i suoi giochi, che vengono però distillati in distribuzioni settimanali, due titoli per volta, per un totale di 24 (+2) per quanto riguarda la stagione uno.
Questo è accaduto tre anni fa, ma in realtà può essere replicato tutt’oggi, scegliendo di ricevere i titoli con la medesima cadenza. Il risultato può essere potente ieri come oggi: il respiro quasi artigianale della macchina ha schermato i suoi titoli da una sovraesposizione mediatica ed il rischio di saperne già troppo prima di lanciarli è dunque limitato. Il fatto poi di dover fisicamente spacchettare i singoli giochi per poterli testare fa il resto, celando fino all’ultimo la loro natura e alimentando ulteriormente l’effetto sorpresa, quella piacevole sensazione di aver ricevuto un regalo. E come un tempo, una volta lanciate, queste avventure, possono trasportare in ogni direzione.
E’ davvero difficile spiegare cosa mi ha saputo smuovere dentro, ma se quell’epoca l’avete vissuta potete intuirlo. Vi assicuro che è davvero così potente: sono le meccaniche semplici, la possibilità di sperimentare, il lusso di pubblicare esperienze che a volte sono anche giochi. L’idea di “stagione“ declinata da Playdate prende in più di un’occasione la forma di una raccolta antologica, una sorta di Ai confini della realtà videoludico dove ogni titolo è un corto, una mini-storia bizzarra, auto contenuta, mai completamente realizzata forse, ma che lascia quella piacevole sensazione di aver sperimentato qualcosa di diverso. E poi, per contro, esistono quelle pillole di puro gameplay, quintessenze di immediatezza che non mancano di sovvertire le aspettative con un punto di vista fresco. Si va dal tributo al surf di California Games, di Whitewater Wipeout, alla reinvenzione di Asteroids in Hyper Meteor. E ancora gli esperimenti di Zipper e Omaze, le atmosfere rarefatte e orwelliane di Questy Chess.
L’effetto cassettina è totale.
È un discorso da vecchio scorreggione, ma fermandosi un attimo, slegandosi dall’overdose di notizie che ci riversa addosso quotidianamente internet, si riesce ad assaporare di nuovo la bellezza dell’ignoto e la piacevolezza dell’attesa. Quell’anticipazione di provare “qualcosa”, nel bene e nel male, godendo nello spacchettare un file di cui si conosce solo il nome, immaginandosi cosa potrà celare. Quell’aspettativa fiduciosa nel lanciarsi in un titolo all’oscuro delle sue meccaniche, imparandole poco alla volta, facendosi sorprendere. Come era decenni fa, quando l’attesa, che fosse la durata di un caricamento o il lasso di tempo che separava dalla successiva visita all’edicola, era, citando Gotthold Ephraim Lessing, essa stessa il piacere.
Ritorneremo a parlare di Playdate, vista l’uscita della stagione due lo scorso 29 maggio. Un’occasione perfetta per smanovellare sotto l’ombrellone e far risplendere lo schermino non retroilluminato. Nel frattempo, godetevi l’attesa…
Appendice 1 - Cinque giochi da provare su Playdate
• Hyper Meteor
• Flipper Lifter
• Omaze
• Questy Chess
• Zipper
Menzione d’onore per Crankin Presents Time Travelling Adventure
Appendice 2 - Per chi se lo stesse chiedendo
• Il gioco dell’attacchino è Poster Paster
• Quella dell’ubriaco e Bozo’s Night Out
• Si interpreta un senzatetto in Rags to Ritches
• Trashman è il gioco del netturbino
• Mentre il poliziotto di quartiere è P.C. Fuzz
Tutti per Commodore 64
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle spiagge, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.