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Il dilemma del giudizio - Il caso Mars After Midnight

Il dilemma del giudizio - Il caso Mars After Midnight

Lucas Pope è quello che si diceva fosse Pippo Baudo, un grande professionista. Ogni suo gioco è curato, diverso, spesso geniale, ma non si può pretendere che sforni solo capolavori.

L’annuncio di Mars After Midnight, suo terzo gioco commerciale e primo per Playdate, deve avere spiazzato i molti che, dopo il magistrale Return of the Obra Dinn, si attendevano qualcosa di più corposo e meno di nicchia. In particolare, considerato che l’uomo è poco prolifico e sicuramente non eterno, ogni progetto che lo distragga da dispensare grandezza è visto come un’occasione mancata.

Dopo Keita Takahashi e il suo Cranky-nome-lunghissimo, l’interesse di Lucas Pope era visto come la conferma della rilevanza della piccola console gialla e come l’arrivo quasi certo di una killer application. In troppi, me compreso, avevano però sottostimato alcune dichiarazioni nemmeno troppo sibilline dello stesso designer, tra le quali che si sarebbe trattato di una sorta di Papers, Please light e che, soprattutto, sarebbe stato un gioco che i suoi figli avrebbero potuto apprezzare. Se l’aspetto Papers, Please è solo una frazione del meccanismo ludico, la direzione del progetto è indubbiamente volta ai pre-teen, il che porta ad alcune considerazioni sul come valutarlo e come, per estensione, approcciare tutti quei titoli non in target.

La sinossi della meccanica di gioco la metto qui: fase 1 si organizza l’evento scegliendo il tema, dove promuoverlo e quale cibo offrire, fase 2 si decide chi far entrare e chi no in base a semplici indicazioni, fase 3 si riordina il tavolo del rinfresco dopo che l’avventore ha finito. Ripetere per una ventina di volte.

L’elemento del gioco che più può indispettire il fruitore adulto è la mancanza di sfida. Le sessioni scorrono senza sussulti, sbagliare nel valutare se far entrare o meno un alieno non ha conseguenze, metterci troppo nel riassettare la tavola non porta ad alcuna penalità. È possibile probabilmente rimanere senza fondi se si organizzano male troppi eventi, ma è un’evenienza alquanto improbabile, se non scientemente ricercata. Dunque, Mars After Midnight scorre placido, senza opporre resistenza. Nell’ottica dell’obiettivo di coinvolgere i bambini è perfetto. Ciò che stupisce per un designer dell’esperienza ed estro di Pope, capace di trasformare in esperienza ludica anche la fredda burocrazia, è il non aver contemplato un’opzione per imporre delle tempistiche, per sanzionare gli errori, di inserire insomma una variante da contrapporre a quella principale orientata alla prole. È, senza scusanti, una mancanza strutturale. Al netto di ciò, però, come valutare titoli di questo genere? O meglio, come valutarli quando c’è una distonia tra l’audience alla quale idealmente ci si rivolge e il bacino di utenza designato per quel titolo? E quando nell’equazione, come in questo caso, si inseriscono aspettative e il fatto che la macchina su cui gira sia tutto tranne che una console mainstream a portata di bambino, sono anch’essi fattori da valutare?

Senza voler fare i democristiani, le strade che si aprono sono sostanzialmente due: agire come il recensore duro e puro che parla al suo pubblico, e dunque valutare il titolo su basi sulle quali però non è stato ideato, oppure usare clemenza, tenendo in considerazione l’utenza primaria di destinazione, non riuscendo però ad essere rilevante per i propri lettori.

Il raziocinio consiglierebbe di scegliere una pista intermedia, l’approccio democristiano di cui sopra, col rischio però di produrre uno scritto annacquato, ipertrofico, poco ficcante. Un buon servizio, forse, ma privo di vero impatto e significato. Che lo sappiamo benissimo, per dirla con le parole d Tim Robbins in Mister Hula Hoop, che “è per i bambini”, ma può essere anche per adulti? E che valutazione affibbiargli in un contesto internettiano da Metacritic che pretende una valutazione finale chiara, coincisa e, soprattutto, numerica?

Ci ho passato su più tempo di quanto sarebbe lecito per la mia età, ma non ditelo troppo in giro

Ma poi, davvero noi ultraquarantenni sappiamo cosa piace a una bambina o a un bambino? Molto spesso sviluppatori pigri appiccicano a licenze lucrative minigiochi stupidi e fotocopiati, esistono tuttavia anche esempi virtuosi come La mia amica Peppa Pig, un titolo fantastico per come riproduce fedelmente il materiale di origine. È effettivamente questo il giudizio della sua utenza o preferisce piuttosto la maggior longevità di quei minigame senz’anima? Anche considerando di aver figliato e aver sviluppato forse un intuito un pelo più raffinato, possiamo davvero, noi genitori, capire quali sono i dettagli di un’esperienza che chi frequenta le scuole elementari può ritenere eccitanti, coinvolgenti e quali invece possono irritare nonostante siano pensati per la sua fascia demografica? E se poi ci mettiamo dentro pure le differenze di genere, sul serio pensiamo, noi recensori prevalentemente maschi, di comprendere il valore di uno Style Boutique e le sue eventuali mancanze? Lo dubito fortemente. Che poi, pur provandoci, ci snatureremmo, non parleremmo di ciò che ci ha divertiti ed entusiasmati ma di quello che riteniamo che il nostro modello precostituito di preadolescente possa trovare coinvolgente. Su quale base ci stiamo appoggiando, su memorie sfocate della nostra infanzia? Quale cacchio di valore può avere una critica per interposta persona? È paradossale.

Il risultato più probabile, dunque? Il solito 7 che accontenta tutti e nessuno. Mars After Midnight è, in sintesi, proprio questo.

È l’anniversario di Until Dawn quindi mi sono guardato anche il film

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