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Nintendo e la preservazione della memoria

Nintendo e la preservazione della memoria

Sarebbe facile bollare il Nintendo Museum come l’ennesima mossa commerciale della casa di Kyoto. Chiariamoci: lo è. Per il privilegio di assistere a quello che è fondamentalmente un grande spot per Mario e soci, si spendono circa 3000 yen, che è però un po’ il prezzo standard per questo genere di attrazione in nippolandia (per dire, l’accesso al coinvolgente Team Lab richiede un esborso maggiore).

L’apertura del Museum è un ulteriore passo da parte di Nintendo nell’ampliamento del suo brand, che oggi come non mai non rappresenta più solo il videogioco ma è esondato con convinzione nel mondo del cinema, nei parchi a tema, ha figliato negozi monomarca, il tutto con investimenti consistenti e una supervisione diretta da parte di Kyoto che ha portato a risultati qualitativamente rimarchevoli. Insomma, Nintendo sta capitalizzando sulla sua storia e, essendo uno dei suoi più grandi asset, c’è poco da biasimarla. È innegabile che nel mantenere vivo il suo passato spesso abbia un fare vampiresco (basti pensare al recente annuncio della collection dei due Super Mario Galaxy). Per contro, c’è da lodare come sia una delle poche case che, attraverso i servizi online e le riedizioni, non stanno dimenticando la propria storia. La sta anzi preservando fino al parossismo, andando addirittura a riesumare fallimenti quali il Virtual Boy. Di nuovo, cinismo commerciale? Certo, ma il risultato è che il catalogo diventa disponibile a chiunque, senza sbattimenti emulativi, in maniera legale e, nel caso dei servizi online, a un costo tutto sommato accettabile.

Nonostante le molte raccolte pubblicate da altre case, nessuno dei grossi marchi può fregiarsi di un’offerta simile o di aver messo in campo uno sforzo paragonabile.

In quest’ottica va dunque vista l’apertura nel 2024, nell’area che ospitava l’ex fabbrica di Uji Ogura, di un’esperienza che a tratti ha l’effetto di una visita alla soffitta della casa dove si viveva da bambini, alla riscoperta di giochi che si credevano perduti.

Il comitato di accoglienza. In puro stile giocoso Nintendo, ogni Kinopio emette un suono diverso, se toccato sul capo.

L’area è composta di due piani, un ristorante, un ampio cortile e una zona dedicata ai workshop. Per accedervi bisogna purtroppo sottostare a una lotteria (le richieste vanno ben oltre la capienza del museo) che però può essere agilmente bypassata sottoponendo le iscrizioni anche attraverso i profili Nintendo di amici e parenti (pare che statisticamente una richiesta su 3 o su 4 vada in porto).

Dopo foto di rito tra tubi e Toad, facilitate dal gentilissimo personale in loco, la visita si apre al piano superiore con un’esposizione di tutte le console Nintendo, varianti di colore incluse, e dei titoli sviluppati e pubblicati da Nintendo (più alcuni iconici delle terze parti) presentati nelle copertine per i tre mercati principali. Gustarsi le magnifiche grafiche delle cover nipponiche (e vedere come purtroppo tutto si sia uniformato lentamente negli anni) è un aspetto di grande valore per gli appassionati, così come poter riscoprire il periodo della Nintendo produttrice di giocattoli. L’esposizione, infatti, non si limita al videogioco, ma va a toccare la produzione di carte hanafuda e quella di giocattoli e apparecchiature varie

Un’area specifica permette poi di assaggiare il procedimento creativo dietro alle console, grazie all’esposizione di alcuni prototipi (per quanto mi riguarda, il Wii U casereccio costituito da un tablet con due Wi Remote attaccati con il nastro adesivo vince su tutto). Di grandissimo interesse è anche la zona che traccia la genealogia delle principali saghe con tutti i titoli ad esse associate e quella relativa alla loro evoluzione, grazie ad una serie di monitor allineati che mostrano come l’aspetto audiovisivo sia mutato nel tempo, immortalando, laddove possibile, il medesimo frangente riproposto nelle singole declinazioni (per esempio una specifica pista da Mario Kart). È un peccato che l’offerta non sia stata aggiornata ai giorni nostri. Non c’è traccia, per dire, di Bananza, nella cronistoria relativa a Donkey Kong, così come mancano Mario Kart World e qualsiasi titolo pubblicato dal circa metà 2023 in poi.

L’inclusione di materiale relativo all’era pre-videogioco costituisce un valore aggiunto. Un po’ meno comprensibile la totale assenza di Switch 2.

Una mostra temporanea focalizzata su artwork e bozzetti realizzativi è un ulteriore colpo al cuore di chi con questi personaggi è cresciuto. Se siete dei collezionisti, l’uno-due dell’intero catalogo Nintendo e di questi bozzetti unici vi farà venire le lacrime agli occhi.

Il piano inferiore, invece, chiude la visita con una serie di attività interattive, la cui fruizione è da pagare con le dieci monete precaricate sulla scheda di accesso. Anche in questo caso la storia di Nintendo è il leitmotiv, dato che ciascun gioco è legato a una tappa della vita di Nintendo: dalla pistola zapper alla macchina lancia palline, dai mega controller ai Game n’Watch.

Le attività sono semplici ma coinvolgenti. La merce esclusiva del negozio è invece un po’ una delusione. Meglio conservare la carta di credito per i Nintendo store di Tokyo, Osaka o Kyoto stessa.

Ciò che colpisce in questo tour è che Nintendo sembra voler parlare ai fedelissimi. Non c’è nessuna spiegazione o contestualizzazione. Le pubblicità dei singoli giochi sono pregevoli, così come i grafici che mostrano il successo dei prodotti nelle varie aree del mondo, ma qualche cenno allo stato della concorrenza, alle decisioni aziendali o alle figure più influenti sarebbero stati d’obbligo. Non c’è traccia di Yamauchi, Miyamoto, Iwata, Yokoi, Takeda, Koizumi, Aonuma… nessun accenno all’azione salvifica sul mercato negli anni ’80, alle scelte operate dall’azienda in merito ai supporti o agli hardware, alle sue politiche sulle licenze, alla genesi di determinati personaggi o titoli… nulla di nulla. Entrare nel sito di Kyoto da neofiti lascia negli occhi tante immagini ma fa uscire con poca consapevolezza. È qui che pare evidenziarsi l’anima più smaccatamente commerciale dell’operazione. Come se si fosse messi di fronte ad un enorme catalogo da sfogliare ma nulla più. Ð pur vero che Nintendo è parte del DNA nipponico. In madrepatria certe spiegazioni sono forse superflue. Tuttavia, rimane quel sapore amaro di occasione mancata e un’antipatica sensazioni che l’obiettivo primario fosse di glorificare un marchio, non certo di informare.

Quella che ha messo in piedi questo imponente display cronologico è la stessa Nintendo che affossa l’emulazione e che fa causa a chiunque si approcci anche solo tangenzialmente alle sue IP, chiariamoci. È la Nintendo che sa fare la faccia dura e vestire il ruolo della cattiva. In questo senso, è stata probabilmente l’azienda che più strenuamente si è opposta alla preservazione della sua storia da parte di terzi. Una specie di Giano Bifronte che, da padre padrone, decide chi e come possa perpetrare il suo nome. Tutti elementi che fanno propendere per una scelta di conservazione storica che ha il sapore del denaro e molto meno della filantropia accademica e della tutela. Eppure…

Eppure, al netto di queste lamentele e sottolineature, è doveroso segnalare come quello di Nintendo rimanga comunque un unicum. Non Sony, non Sega, nessuno dei grossi player ha mosso un passo del genere; Il nuovo Sony Park di Ginza, che ha sostituito da gennaio 2025 il Sony Building, è uno spazio multimediale artistico, dove è presente anche il videogame, ma in forme e con intenti ben diversi rispetto a quelli museali fin qui discussi. Dunque, sottolineare le mancanze dell’operazione Nintendo è più un desiderata, un suggerimento. Guardandola globalmente però, non si può che plaudire a un’icona del mondo del videogioco che si sforza di tenere viva la propria storia e di tramandarne l’eredità, al di là di qualsiasi considerazione su quali siano le vere motivazioni che abbiano date le mosse a tale iniziativa.

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