Silksong è morto!
Ci risiamo, ogni volta che Gesù Cristo scende in mezzo a noi poveri mortali, si ricomincia a parlare della visione dell’autore e di quanto sia importante rispettarla zitti e muti e col sorriso sulle labbra, dell’arte, dei giocatori che frignano e di come giocare ad altro sia l’unica, l’unica ripeto, soluzione possibile e rispettosa. Ogni volta… e che due palle.
Quello che proprio non torna, ammesso che esista un universo in cui una critica sia da condannare a prescindere, è che questa visione è importante solo a singhiozzo, quando fa comodo. Non conta, per esempio, quando si vuole dire che un gioco è troppo facile. Non conta quando si vogliono criticare i combattimenti di Assassin’s Creed, va benissimo se il problema sono le qualifiche di Forza Motorsport, impazziscono le folle se si può insultare l’I.A. di Ubisoft o i dialoghi di Dragon Age e nessuno ha da ridire se non ti piace la struttura dell’ultimo Halo.
Qual è la differenza? In quale riunione a cui non sono stato invitato si è deciso cosa è possibile criticare e cosa no, chi è autore e chi non lo è? E ancora, perché dire “a me piacerebbe qualcosa di diverso” o “mi divertirei di più in un altro modo” si trasforma in un bambino che batte i piedi a terra perché non può avere quello che vuole? Perché non vale per il prezzo dei giochi, chiedo eh, perché lamentarsi di Nintendo che fa il cazzo che vuole con i suoi prodotti diventa invece una eroica battaglia per il proletariato?
Di solito non prendo posizione, questa volta sì. La verità è che la carta della “visione dell’autore” ve la giocate solo quando vi serve, quando dovete proteggere la vostra religione, quando non volete far altro che sminuire chi la pensa diversamente da voi. Che è la base di qualsiasi discussione a tema videogiochi, è un fatto purtroppo, ma con l’aggravante di volervi pure dare un tono.