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Sembra ieri, ma Halo 3 è maggiorenne

Sembra ieri, ma Halo 3 è maggiorenne

“Ho potuto scegliere. Non te l’ho mai detto? Ho scelto lo Spartan che preferivo. Mi conosci: ti ho osservato mentre diventavi il soldato che noi volevamo. Eri forte, rapido e coraggioso, come tuttoi gli altri. un vero Leader. Ma tu avevi qualcosa in più, qualcosa che solo io ho saputo vedere. Sai di che parlo? Fortuna”

Con queste parole, Cortana ci introduceva il capitolo finale della trilogia simbolo di Xbox.

Strano, perché in Halo 2 veniva lasciata su Alta Opera, la città viaggiante dei Covenant, ormai invasa dai Flood, per dare tempo a John-117 di saltare sulla nave, direzione umanità. Il finale di Halo 2, nel 2004, mi lasciò con l’amaro in bocca: tutta quella corsa incredibile per arrivare a un passo dalla Terra, vedere il nostro pianeta lì davanti, inerme di fronte all’invasione dei Covenant e poi… Il più classico dei cliffhanger. Non è un mistero che la produzione del gioco sia stata un bagno di sangue per Bungie  e questo finale ne è la prova lampante. In un dietro le quinte che vidi all’epoca, ricordo chiaramente Joseph Staten dire, alla fine dell’annuale picnic Bungie all’aria aperta, che era molto contento di aver passato una giornata al sole perché “Non vedremo molto il sole nei prossimi cinque o sei mesi. Forse non lo vedremo proprio”. Pensa che bello dire ai quattro venti che hai progettato un periodo di crunch così lungo per il tuo team. Ridendo.

Comunque, lasciare Master Chief lì, in quell’incrociatore, nascosto e pronto all’assalto, mi fece ben sperare per il capitolo seguente, ma con un senso di incompiutezza gigante. Come me, milioni di altri giocatori erano delusi dal finale di un gioco altrimenti perfetto.

Un anno dopo uscì la nuova generazione di Xbox (come ben sapete, è la Cover Story del mese), ma di Halo neanche l’ombra. Solo a giugno del 2006, durante l’ormai compianto E3, finalmente il reveal.

Quattro volte l’ho rivisto per scrivere questo pezzo. Quattro.

Una nota, lunga, sospesa.

I resti di una battaglia nel deserto. Rumore bianco, una voce distorta, ma familiare. La camera che indietreggia. Dal fumo, emerge il nostro Spartan preferito. L’armata Covenant che passa sullo schermo e l’Arca che si apre davanti a lui. La musica che cresce ed esplode all’intesificarsi della luce.

150 secondi che mi fecero saltare sulla sedia e urlare di gioia. E lo fanno ancora oggi. “Finish the fight”, e cacchio se ero pronto a finirla quella battaglia. 2007, ancora più di un anno di attesa.

La battaglia dovrà attendere.

Potrei passare giorni a raccontare cosa successe in quel periodo, con una campagna marketing incredibile, una macchina da 40 milioni di dollari che parte dal SuperBowl e finisce con un lancio così pazzesco da chiudere alcune strade di New York per accogliere le orde di fan durante il lancio di mezzanotte. Credo che la prima volta che io abbia mai sentito il termine ARG (Alternate Reality Game) sia stato in questa occasione, anche se, ahimé, non vi presi parte. Non vi farò perdere così tanto tempo, ma posso lasciarvi un bel video in cui poter vedere il delirio e la potenza di Microsoft e la sua determinazione nel rendere Halo quello che tutti abbiamo scolpito in mente.

The Unhinged Marketing of Halo 3 - Default Cheesecake

E finalmente ci siamo: 26 settembre 2007.

Mi presi un giorno di riposo dal lavoro, così come la mia collega, anche lei super appassionata di Chief. Avevamo prenotato entrambi la Legendary Edition, la super collector che includeva il casco di Master Chief, un DVD documentario, il gioco e qualche extra per gradire. E qualche giorno, forse addirittura un mese, di Xbox Live Gold, l’abbonamento per poter giocare online.

Ritrovo mezz’ora prima dell’apertura del negozio, colazione parlando di cosa ci aspettiamo dalla campagna e appena le porte si aprono, di corsa in reparto. Due chiacchiere con la collega, prendiamo le tre (una era per il suo ragazzo dell’epoca) Legendary Edition e andiamo a casa sua, principalmente perché aveva due console su cui poter giocare in pace.

Un caffé, il recupero del mio account e ci siamo: io in una stanza e lei nell’altra, a parlare tramite la chat vocale di Xbox Live, pronti per la nuova e ultima avventura di Chief per chissà quanto tempo.

E rieccoci all’inizio di questo articolo, con Cortana che spiega cosa l’ha spinta a scegliere John e stargli accanto tutti quegli anni e durante le mille battaglie affrontate insieme. Quella prima sessione durò tutto il giorno, interrotta solo dal mio dover tornare a casa verso le otto di sera: eravamo alla penultima missione del gioco. Corsi a casa, cenai e ricominciai tutto da capo.

Il trailer del Super bowl, Starry Night, diretto da Joseph Kosinski

C’è un posticino speciale per Halo 3 nel mio cuore: l’epico finale di una storia durata sei anni, quella sensazione di essere un soldato davvero potente, ma che si trova a scontrarsi con forze molto superiori a lui. Master Chief è uno dei miei personaggi preferiti fino a questo capitolo proprio per il suo essere stoico, coraggioso e a volte ingenuo come solo i soldati tutti d’un pezzo sanno essere. Nel suo mutismo selettivo, interrotto da one liner memorabili e poco altro, John-117 è imperfetto e spesso fallisce, per poi redimersi e trionfare. Ascesa, caduta e di nuovo salita sono le caratteristiche di (quasi) ogni Halo di Bungie, che non sempre finiscono con un lieto fine.

La galassia è salva, la fuga riuscita, la Forward Into Dawn è approdata sulla Terra, sebbene con qualche sobbalzo, ma dal relitto vediamo affiorare solo uno dei due fuggiaschi dell’ultima missione: l’Arbiter.

L’umanità piange Master Chief, un nuovo periodo di pace intergalattica è cominciato e la guerra contro i Covenant è terminata. Ma, così come i Goonies, neanche gli Spartan muoiono.

Ed è qui che scopriamo che fine ha fatto il nostro protagonista e la sua IA: dispersi nello spazio, nella metà posteriore dell’astronave usata per la fuga, tagliata a metà dalla chiusura del portale verso la Terra.

John sa cosa fare: tornare lì dove tutto è iniziato: in una capsula criogenica come quella da cui venne svegliato all’inizio di Halo: Combat Evolved, mentre Cortana mantiene ativo un segnale per l’eventuale recupero del soldato definitivo.

“Svegliami, quando avrai bisogno di me”, dice, mentre la chiusura si finalizza e i suoi sensi vengono meno.

Halo 3 non è solo la conclusione di una trilogia, ma la promessa che un nuovo inizio è alle porte, anche se non saranno le stesse persone a raccontarlo. La storia non si ferma qui e non vorrei rantare per altri cinquemila caratteri su come è stata trattata la saga dalla dipartita di Bungie verso un nuovo destino (pun intended).

E dopo questo fiume di parole, vado a installare la Master Chief Collection sul mio Steam Deck: ho voglia di finire la battaglia, ancora una volta.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vent’anni di Xbox 360, che potete trovare a questo indirizzo qui.

Una sola cosa non perdono a Xbox 360

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