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Outcast GOTY 2023

Outcast GOTY 2023

Ce l’abbiamo fatta! Anche quest’anno concludiamo la rassegna di OTY e, dopo avervi segnalato le nostre serie TV preferite del 2023, dopo avervi indicato anche i nostri film più bellissimi del 2023, tocca inevitabilmente ai videogiochi.

Buona lettura e buon 2024!

Ammazza che anno ‘sto 2023: mirabilis sul fronte delle uscite, terribilis per quanto riguarda il futuro del videogioco a botte di licenziamenti, acquisizioni, chiusure, flop e infamate varie. E sembra che il 2024 sia ripartito in grande stile da questo punto di vista. Però, mentre aspettiamo l’inevitabile collasso del settore (oltre a quello del pianeta), crogioliamoci pure a ripensare alle uscite dell’ultimo anno, che sono state innegabilmente eccezionali.

Su tutte, un po’ scontatamente, svetta Baldur’s Gate III che mi ha rubato nel migliore dei modi oltre 150 ore in solitario, e continua a rubarmi il sonno nelle varie campagne alternative a cui sto giocando con amici e parenti in cooperativa da mesi a questa parte. E per una persona con la soglia dell’attenzione di un pesce rosso come me, è eccezionale che continui a non annoiarmi col suo infinito spettro di possibilità narrative e ludiche. Baldur’s Gate III non è solo il ritorno in grande stile di un genere che era sempre più ridotto a nicchia, è anche il trionfo dello spirito indie all’interno di una produzione da tripla A sotto ogni punto di vista. È la prova provata che non c’è genere, approccio, idea, che non possa essere un capolavoro se realizzata con la dovuta passione e con la filosofia dell’”esce quando è pronto”, liberi dai soliti schemi di “dobbiamo buttar fuori X giochi questo trimestre”. Semplicemente eccezionale sotto ogni punto di vista. Spero che oltre a capeggiare un rinascimento del genere (cos’è l’emozione dei rigori di una finale di calcio rispetto all’attesa di gioia o dolore dopo il lancio di un D20) aiuti anche a far passare il messaggio che un altro modo di creare videogiochi è possibile.

Tra un capello bianco che spunta e l’altro, resto dentro me un bimbo Nintendo troppo cresciuto e non posso che inchinarmi a Super Mario Bros. Wonder. Dovrei essere abituato alla cura maniacale nel level design della più storica serie di Miyamoto, ma ogni volta resto a bocca aperta grazie al mix incredibile di ritmo ed esplorazione che, a questo giro, si riempie – perdonate il facile gioco di parole – di meraviglia.

Un gioco che riesce a stupire, a mescolare le carte in tavola continuamente, a reinventarsi e persino ad essere iconoclasta: quasi come un Wario Ware nella sua voglia di prendere dei building block all’apparenza elementari e costruirci intorno qualcosa in grado di farti esclamare “wow” ad ogni livello. O improperi ben peggiori nell’ultimissimo e infame livello segreto. E se molti paragonano la qualità del gioco al celeberrimo Super Mario World, io non riesco. Un po’ come separo i capitoli 2d e 3d nella serie, Wonder è qualcosa di così unico e al contempo familiare che non riesco a non farlo brillare di luce propria senza alcun altro paragone. O meglio, ne troverei mille, perché Wonder non fa altro che mescolare, distruggere e poi ricostruire quanto fatto nei decenni da Mario, compresa la voglia di essere pazzo e “nuovo” che aveva per esempio Super Mario Land 2 per Game Boy. Insomma, la nuova trinità baffuta è fatta: padre Mario World, figlio Mario Galaxy e spirito Mario Wonder. Distinti nel loro essere trini, uniti nell’essere il meglio che Nintendo sa dare. 

Vincenzo Aversa

L’anno scorso mi ero convinto di non potermi più innamorare dei Tripla A, ma questo 2023 ha dimostrato che si possono fare, e bene, pure senza farli durare milioni di ore e rimpizzandoli di contenuti che detesto. Il mio gioco dell’anno, sticazzi se è la roba più pop e commerciale del mondo, è Spider-Man 2. Mi sono divertito, mi ha sorpreso per come riesca a raccontarsi pure restando ancorato alla struttura open world ed è meglio di tante cagate Marvel che ho visto incensare in questi anni. A volte non mi serve altro.

Andrea Maderna

I Mario sono ormai da anni gli unici giochi che mi accanisco regolarmente a finire al 100%. Oddio, ci sarà sicuramente qualche altro esempi, ma insomma. E, complice mia figlia, Super Mario Bros. Wonder l’ho finito al 100% due volte consecutive. Boh, non penso ci sia altro da aggiungere.

Massimiliano Gallo

Un'annata come il 2023 non la vedevamo da un sacco di tempo, mi viene da pensare almeno da sei anni, quel 2017 che ci ha dato Breath of the Wild, Mario Odyssey, Fortnite (nel bene e nel male), Prey e una marea di altri che non sto a elencare perché si parla del 2023.

Quello appena finito è sì un anno ricco di sequel, ma tutti con lo stesso spirito: innovare, spaccare e ricostruire quello che i precedenti avevano compiuto. Nella mia testa si affollano tre titoli, tutti a parimerito per qualità generale e tutti e tre ampiamente premiati da questa o quella testata.

Ma quello che la spunta, per il sottoscritto, è sicuramente Baldur's Gate III, un gioco tecnicamente indie, creato con l'amore di chi fa solo quel genere da più di venti anni (e si vede in ogni angolo del gioco) e meravigliosamente accessibile nel suo essere complicato.

Ci sono caduto dentro e continuo a bearmici per ore tra semplice esplorazione e sviluppo della storia, spesso perdendomi a esaminare barile per barile, cercando di assorbire il massimo dall'ambiente.

Credo sia la prima volta da anni in cui mi trovo a pensare a come proseguire e alle strategie da mettere in atto anche quando lavoro. O dormo. O sono in giro. Insomma, quando non gioco.

Fabio Bortolotti

C'è qualcosa che è cambiato, nel mio rapporto con i videogiochi. Un tempo avevo modo di dedicare lunghe serate ai singoli giochi e amavo le maxi esperienze in single. Negli ultimi anni, e in particolare nel 2023, ho fatto più concerti e mi sono trovato ad avere meno serate libere, che sono diventate più preziose. Banalmente, ho più voglia di trascorrerle con la famiglia e gli amici (o andando ad altri concerti). Il buco a forma di videogiochi rimasto nella mia vita è stato riempito perfettamente da Street Fighter VI, picchiaduro strabiliante, con il quale sono passato da "giocatore occasionale" a "scimmiato che si allena e gioca in ranked". Invece di lunghe serate, ho dedicato centinaia di minisessioni al mio intenso rapporto con Zangief, flirtando un po' con la scena competitiva (anche grazie a degli ottimi amici che mi hanno fatto da coach). Anche questo è hardcore? In fondo chi se ne frega. Picchio e sono contento. E comunque, al netto di uno stile grafico che trovo noioso, Street Fighter VI è un gioco clamoroso, nonché una perfetta rampa di ingresso per il mondo dei picchiaduro, anche grazie alla modalità modern, che guarda coraggiosamente oltre la meccanica degli input complessi, che a mio avviso ha fatto il suo tempo.

Che anno complesso questo 2023! Nemmeno scegliere il GOTY è facile: il cuore mi dice Alan Wake II e la testa Baldur’s Gate III. Dal momento che so per certo che i miei colleghi citeranno quest’ultimo più e più volte, ho deciso di parlare del titolo di Remedy. 

Ma come farlo senza ripetere in maniera poco interessante quello che se ne è già scritto? Perché Alan Wake II è uno di quei videogiochi super analizzati, che riescono nella magia di diventare cult a pochi mesi dall’uscita. Certo, lo scotto da pagare è un successo commerciale ben modesto, e magari qualche sensibilità di legno che è difficile da penetrare, ma se voi e Alan Wake II parlate la stessa lingua, allora è un gioco che saprà entrarvi dentro con una forza unica. Alan Wake II è un inno alla forza irrazionale della creatività, al potere taumaturgico dell’arte. È un luna park di suggestioni horror ma anche un manifesto del genere weird. È cinema e letteratura e musica e videogioco che si fondono per dar vita a qualcosa che non avete mai visto prima. Può non essere sempre perfettamente riuscito ma è sempre perfettamente coraggioso, il che vale molto di più. È sperimentale ma classico, anarchico ma ordinario. Una lotta continua tra luce e ombra, tra razionale e irrazionale, tra modernità e tradizione. Un titolo che è difficile da interpretare e quasi impossibile da afferrare in tutta la sua forza. Ti brucia nello stomaco come il cenone di Capodanno e ti dà alla testa come una bottiglia di prosecco, quello buono. Un’esperienza forte, di quelle che è impossibile che ti lascino indifferente.

Io penso che abbiamo bisogno di più progetti di questo tipo, dove nel bene e nel male il suo autore è libero di esprimersi senza freni, in tutta la sua ambizione, a volte anche infantile ma per questo pura, genuina. Quindi anche se Baldur’s Gate III è di certo un progetto più compatto, quasi senza sbavature, scelgo l’imperfezione affascinante di Alan Wake II.

Davide Moretto

Come tutti ripetono da mesi il 2023 è stato un anno che ha visto la pubblicazione di un numero veramente notevole di giochi di qualità, ma ovviamente quello che mi ha coinvolto di più è stato il ritorno a Bright Falls di Alan Wake II. Tredici anni sono tanti e sinceramente avevo completamente perso ogni speranza di vedere un sequel del mio gioco preferito per Xbox 360, ma alla fine Remedy (anche grazie a Epic Games, che ci messo la grana) se n'è uscita con un titolo tecnicamente fuori parametro (finalmente ho visto una grafica degna di questo periodo storico), con un'ambientazione super angosciante e un gameplay che ha soddisfatto tutte le mie richiesta da fan. E poi, vabbé, c'è la parte musicale: cosa c'è di meglio di uccidere mostri con in sottofondo un bel pezzo metal anni 'Novanta? 

Angelo Di Franco

Nel mare magnum di uscite videoludiche che ha caratterizzato il 2023 appena trascorso, la mia personale medaglia d’oro va a Resident Evil 4 Remake. Capcom conferma di essere tornata in grande forma, e, così com’era stato per il secondo capitolo, confeziona un remake bello solido, rispettoso del materiale originale ma allo stesso tempo capace di svecchiare quanto basta e rimodernare il titolo del 2005. Il gioco riesce a fondere in maniera pressoché perfetta atmosfere horror e azione, rendendo appagante sia l’esplorazione delle ambientazioni, sia le fasi di combattimento, ora rese molto più aggressive ed appaganti grazie alle movenze fluide di Leon. Le altre modifiche introdotte, come alcune meccaniche stealth per uccidere i nemici e l’eliminazione dei Quick Time Event, unite a un comparto tecnico di alto livello, ne fanno un titolo assolutamente seminale sia per chi ha amato il gioco originale che per coloro che non ci hanno mai giocato.

Stefano Calzati

È dal 31 gennaio 2023 che non avevo dubbi su quale sarebbe stato il mio gioco dell’anno. Season: A Letter to the Future non solo pizzica tutte le mie corde, il viaggio in bici, l’atmosfera primaverile, il mistero che avvolge il mondo e che accompagna la vita culturale e religiosa dei suoi abitanti, ma riesce tout court a dare vita ad un’esperienza unica e indimenticabile. Interpretare Estelle, scelta dal suo villaggio per esplorare questo mondo, arrivato a fine stagione, per raccogliere quante più testimonianze, immagini, suoni, profumi e tramandarli nella nuova era, quando tutti dimenticheranno, lasceranno qualcosa indietro, il passato cancellato per proiettarsi esclusivamente nel futuro. Un gioco che nel suo svolgersi lento, suggestivo, una pedalata dopo l’altra, riesce a ragionare in maniera delicata ed efficace sulla memoria e su come la stessa influenzi ambienti e persone, divise tra chi vuole ricordare e chi dimenticare. Umano, struggente, avventuroso e misterioso, artisticamente superbo. Per me qualcosa di indimenticabile che porterò per sempre nel mio bagaglio emotivo.

Nonostante l’aver finito un playtrough non valga come averlo finito, Baldur’s Gate III è indiscutibilmente il mio gioco del 2023: un chiusone pazzesco durato un mese, ogni momento cosciente passato a pensarci, stupendomi delle soluzioni e delle scoperte costanti. Il gioco di Larian è stato ed è qualcosa di irripetibile, anche perché purtroppo il 2023 ci ha ricordato, nella maniera peggiore, che anche i videogiochi devono sottostare alle regole del turbocapitalismo, e chissà quando potremo mai vedere un simile allineamento di pianeti: lo studio belga ha infatti cavalcato quanto di buono fatto con i due Divinity: Original Sin, sfruttando la licenza di Wizards of the Coast per attrarre a sé i soldi e il controllo qualità di un sacco di utenti che, grazie all’accesso anticipato, hanno fatto sì che potesse uscire un gioco gargantuesco, tentacolare (ehehe), capace di incassare una quantità di soldi insensata e un consenso praticamente unanime.

Andrea Peduzzi

Facilissimo! Il mio meglio gioco del 2023 è stato a mani basse The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, che per certi versi chiude anche il cerchio di Switch iniziato, almeno per me, con Breath of the Wild. Qui come là, per due mesi ho tirato regolarmente tra le quattro e le cinque del mattino in modo da completare la percentuale più alta possibile di gioco, esplorando Hyrule in lungo e in largo, ma soprattutto sopra e sotto, apprezzando di conseguenza uno dei migliori e più sofisticati world design che mi siano capitati davanti agli occhi, peraltro retto da una componente tecnica - per citare Ugo - “frutto di magia nera”. È incredibile pensare che un tablet del 2017 sia riuscito a digerire tutta quella roba senza cedere terreno a bug o pasticci à la Pokémon Scarlatto (o Violetto: “i nostri lettori sono egualmente interessati a entrambe le specie”), e mi viene mal di testa anche solo a immaginare tutte le risorse dedicate all’ottimizzazione dell’esperienza a livello tecnico, ma soprattutto lato meccaniche, considerata la quantità di variabili presenti in un gioco originariamente nato, pensa te, come DLC. Ah, se posso permettermi, il modo migliore di godersi l’esperienza è con flebo e catetere, in modo da non interrompere il flusso (qualunque tipo di flusso).

Il 2023 è stato un anno eccezionale per davvero. Al punto che dopo tre mesetti scarsi avevo già chiaro che come mio GOTY avrei scelto diversi titoli, tutti a pari merito, perché ciascuno di loro mi stava dando moltissimo, in una maniera tutta sua, troppo speciale. Un proposito che aveva tenuto come il cemento fino a quasi alla fine. Ormai, era fatta. Bravissimi tutti.

Poi è arrivato Alan Wake II e lo ha spazzato via, prefigurandosi non solo come mio gioco dell’anno, ma proprio dell’intera generazione. Il titolo Remedy è davvero una bestia rara, una roba indefinibile e molto probabilmente irripetibile, un po’ come le vicende umane che gli sono ruotate attorno, rappresentandone uno splendido corollario. La giocata più estrosa, incosciente e vitale di un team che ha sempre palleggiato di punta e di tacco le possibilità espressive del medium con una padronanza invidiabile sin dai tempi del primo Max Payne e che qualcosa di inconfondibilmente suo ce l’ha messo in ogni cacchio di gioco.

Detto ciò…

Cosa ricorderò del mio 2023 videoludico? Sicuramente giochi molto intimi, poetici e potenti, sviluppati quasi sempre da una singola persona, che mi hanno emozionato nel profondo, che hanno toccato corde non facilmente raggiungibili. Una serie di opere che hanno avuto il coraggio di raccontare storie difficilmente riscontrabili in questo medium e che hanno spesso abbandonato facili e oliate meccaniche ludiche per avvicinarsi più alla letteratura o al romanzo a fumetti. Mediterranea Inferno, Videoverse, Birth, Saltsea Chronicles, ma soprattutto The Wreck. Un titolo difficile da digerire, sicuramente non adatto ad un pubblico che cerca spensieratezza e sollazzo, tutt’altro. Una visual novel dai temi maturi che parla di famiglie disfunzionali, lutti, traumi, del saper lasciare andare, del fine vita, della maternità e genitorialità. Facendo muovere il giocatore all’interno di diorami tridimensionali che altro non sono che ricordi cristallizzati nel tempo, la storia procede in maniera non lineare fino alla difficile scelta finale. Un pugno allo stomaco, anzi tanti pugni allo stomaco, che non possono lasciare indifferenti.

C.Thi Nguyen nel suo recente saggio Giocare è un'arte scrive: “Permettetemi di ricordare che la maggior parte di noi pensa degli artefatti umani possano creare esperienze particolari e che attraverso queste esperienze possiamo sviluppare noi stessi, aiutandoci a imparare come stare al mondo. Non è così strano pensare che le narrazioni ci offrano una formazione emotiva e ci mostrino nuove possibilità. Leggere, guardare e ascoltare molte opere differenti può aiutarci a trasformarci in persone più complete e migliori: attraverso le narrazioni, possiamo ricevere esperienze da altre persone. Queste esperienze possono infiltrarsi nel resto della nostra vita, possono plasmare la nostra esperienza e il nostro modo di stare al mondo. Perché è così strano pensare che anche i giochi, la forma d'arte umana in cui giochiamo con le agency, assumiamo identità pratiche alternative, assumiamo abilità e obiettivi diversi e adottiamo nuovi assetti sociali, possano fare una cosa del genere?”

Il mio gioco preferito del 2023 questa cosa la fa bene, molto bene.

Alessandro De Luca

Ricorderemo il 2023 come un grande anno per i videogiochi giocati, ma tragico per la quantità di licenziamenti che ci sono stati (e, ora che sto scrivendo nel 2024, stanno ancora continuando) e che probabilmente avranno un impatto su quello che giocheremo in futuro. Il mio gioco dell'anno è Baldur’s Gate III. Un gioco di ruolo vecchio stile, ma con una tonnellata di innovazioni in tutti i suoi aspetti, dall’approccio al combattimento alla narrazione. Uno splendido ed enorme gioco che può essere rigiocato una marea di volta senza mai stancarsi.

Stanlio Kubrick

Raga un anno è un periodo lunghissimo. Avete presente quanti giochini escono in un anno? Più di sette. E alcuni sono altrettanto lunghissimi, eh! I miei due giochi dell’anno 2023, per esempio, mi hanno portato via rispettivamente 100 e passa e 100 e passa ore. Questo vuol dire che More of the Same Zelda (è scritto con sarcasmo, ndA) mi ha occupato grosso modo il secondo terzo dell’anno e Baldur’s Gate III il terzo terzo. (il primo l’ho passato a giocare a Stellaris che non c’entra con questa rubrica) Posso in qualche modo dire che il periodo tra maggio e settembre sia stato più o meno importante di quello tra settembre e dicembre? Non posso. Lo Zeldino mi ha tenuto in casa quando fuori c’era la primavera. Il Sequel Più Atteso Di Sempre mi ha fatto perdere gli ultimi caldi raggi di sole autunnale. Tears mi ha fatto scattare l’ossessione e l’approccio zen alla raccolta di decine di migliaia di frutti, fiori, semi, sassetti, stronzatine. Githyanki Simulator è circa una 5ed di D&D, che è quella sulla quale sto anche lavorando per tutt’altri motivi, per cui è diventato all’istante un mix tra nostalgia, lavoro, studio, piacere, scoperta, e la soddisfazione di poterci giocare a una difficoltà gestibile senza sentirmi in colpa perché con l’età sono diventato un casualone che non alza subito tutti i parametri a livello “mangio asparagi e poi ti piscio in faccia”. In of the Kingdom ho costruito una bellissima casetta e ancora oggi, mesi dopo averlo completato, quando ho dieci minuti da riempire, lo rimetto su e faccio due passi per la mia tenuta guardando il panorama e provando se per caso il glitch per replicare gli oggetti sia tornato a funzionare. Gate 3 mi ha riportato a savescummare come se non ci fosse un domani, perdendo tra i 40 e i 45 secondi a ogni caricamento “rapido” e godendo di queste attese come un edonista gode in compagnia dei Cenobiti. Ma in definitiva, quale dei due mi è piaciuto di più e ha caratterizzato maggiormente il mio 2023 al punto da poter essere definito “gioco dell’anno”?

Sì.

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