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Un'estate di giochi brevi

Un'estate di giochi brevi

Ah, i videogiochi brevi, panacea di tutti i mali per l’appassionato di una certa età che tiene famiglia, ha altri interessi, un lavoro, una vita o, boh, magari ha raramente voglia di dedicare più di una decina d’ore alla stessa roba e, anzi, spesso ritiene che pure sei o sette siano troppe. In aiuto di questa gente, ecco una pratica guida a una manciata di cose brevi su cui m’è capitato di mettere le mani negli ultimi mesi, tutta roba molto bella e incidentalmente anche molto breve.

Keita Takahashi ti voglio bene

Il primo gioco di cui parlo è quello più lungo e potenzialmente impegnativo del gruppo: il contatore di Steam mi segnala che ho impiegato otto ore per portarlo a termine e mi sembra giusto aggiungere che l’avventura si svolge su una mappa cittadina esplorabile e abbastanza infarcita di cosette da collezionare per la gente più ossessiva. Che io ho semi-ignorato. To a T è il nuovo gioco di Keita Takahashi, noto ai più (?) come creatore di Katamari Damacy, ed è una delizia. Un’avventura che mescola esplorazione, piccoli puzzle molto semplici e soprattutto narrazione per immergere in una storia completamente surreale, buffa e dolce che fa da intelligente metafora sulla disabilità. Lo stile bizzarro è quello classico di Takahashi, anche se qui forse un po’ normalizzato, e il racconto si focalizza su un personaggio pre-adolescente, orfano di padre e che ha la caratteristica bizzarra di avere le braccia bloccate sui lati, a formare una grossa T. L’allegoria è piuttosto ovvia ma il modo in cui viene portata avanti è irresistibile, dolce, emozionante e commovente senza diventare mai un piagnisteo. Anzi, si è sempre immersi in uno spirito positivo, ottimista e solare, pur senza rinunciare a parlare di difficoltà tanto pratiche quanto emotive e sfiorando il tema del bullismo. To a T è tra l’altro un gioco super accogliente, che fra le altre cose non specifica in alcun modo il genere del personaggio principale, lasciando definire ogni suo aspetto a chi gioca. Non è un gioco perfetto, soprattutto ha qualche elemento un po’ goffo nel sistema di controllo e nella gestione della telecamera sugli spazi stretti, ma regala un’esperienza deliziosa, che fra l’altro mi sono goduto con grande piacere assieme a mia figlia, traendone spunti di divertimento e riflessione. Lo trovate su PC, PlayStation 5 e Xbox.

Un’oretta di emozioni forti

Parlare di And Roger è complicato perché il modo migliore di giocarci è farlo senza saperne nulla. Sul serio: io vi metto anche qua sotto il trailer, ma voi non guardatelo. Scoprire e capire cosa stia accadendo è infatti una parte importante di un’esperienza che si apre fin da subito all’insegna del criptico, fa poi intuire abbastanza in fretta dove si stia andando a parare ma comunque fino all’ultimo istante continua a svelare gradualmente i suoi vari elementi. Pasticcia con la percezione del personaggio al centro degli eventi tanto quanto con quella di chi gioca e lo fa attraverso gli strumenti dell’interazione, per raccontare una storia toccante, coinvolgente, straziante. C’ho trascorso sopra un’oretta scarsa e alla fine ero perso in una valle di lacrime. Sta su PC e su Switch e lo consiglio tantissimo, davvero.

Vita di una donna

Altro giro, altro gioco che si finisce in un’oretta: Dear Me, I Was è uscito a fine luglio in esclusiva su Switch 2 ed è un’avventura narrativa deliziosa, che racconta la vita di una donna dall’infanzia fino alla terza età. Lo fa appoggiandosi sugli splendidi disegni di Taisuke Kanasaki (Hotel Dusk, Last Window, Another Code), sfruttando un livello di interazione minimo, ma significativo, e toccando delle corde emotive uniche e fortissime, tra l’altro smarcandosi quasi completamente dall’uso della parola. Ci ho giocato assieme a mia figlia, lasciando controllare a lei e godendoci assieme il racconto. Alla fine eravamo estasiati. In un certo senso mi ha ricordato Passage, il meraviglioso gioiello indie creato da Jason Rohrer nel 2007: sono due giochi diversissimi, ma entrambi basano il loro cuore emotivo sul raccontare la vita di una persona e sul far piangere come una fontana mia moglie quando decido di farci giocare anche lei.

Fantasceltemorali

Su Truer Than You ci sono capitato girando per la hall della Nordic Game Conference a maggio e mi ha subito intrigato. È una visual novel con uno stile visivo tutto colori sparati, retini e tratti squadrati che mi ricorda tantissimo i fumetti di Mike Allred, anche se la sviluppatrice con cui ho scambiato due parole non m’è parsa conoscere il riferimento. Il gioco è ambientato in un futuro prossimo nel quale il personaggio principale, Rin, va a vivere nella grande città avendo trovato lavoro in un’azienda… particolare. In pratica, Rin interpreta ruoli, come se fosse un attore, ma nella vita reale: ti serve un fidanzato da presentare ai genitori, un figurante che sostituisca il padre di tua figlia, un collega, un amico da portare alla festa? Rin può essere quella persona. Ma Rin sta anche indagando sul suicidio di suo fratello e vuole quindi provare a unire l’utile a, ehm, il dilettevole? Truer Than You è un gioco breve, che si può portare a termine in un paio d’ore, anche se offre margini di rigiocabilità grazie ai segreti narrativi che nasconde e alle varie scelte, che possono condurre a sviluppi diversi. Ma soprattutto è scritto in maniera intelligente, con personaggi dalla personalità sfumata, situazioni interessanti fra cui districarsi e un sacco di tematiche importanti che se da un lato rimangono appena sfiorate, dall’altro vengono affrontate con sincerità e gusto. È disponibile su PC.

Trenino di montagna

OK, qui sto barando, perché a Short Trip ho giocato l’anno scorso, quando è uscito nella sua forma “potenziata” su Steam. Ma non credo di averne mai scritto o parlato su Outcast e questo articolo mi sembrava il posto giusto per dedicargli due righe. Si tratta di una roba completamente folle, costata ad Alexander Perrin cinque anni di sviluppo, impiegati per disegnare a matita su carta tutti gli elementi visivi, poi inseriti nel gioco e animati. Ne viene fuori un’esperienza super affascinante a livello estetico e con un’atmosfera adorabile, in cui si controlla un trenino di provincia e lo si porta in giro lungo il suo percorso per raccogliere i passeggeri, o anche no. I passeggeri, per altro, sono dei gatti antropomorfi. Insomma, le cose a caso. Come da titolo, è una roba brevissima, si arriva in fondo in 5/10 minuti gironzolando immersi nella pace e nell’atmosfera. Poi, per carità, ha anche una modalità più “giocosa” con degli obiettivi, ma penso davvero che il cuore della faccenda stia nella “simulazione”, nel godersi le vibe, condurre il treno, ammirare la grafica.

SEGUONO SPOILER SU AND ROGER: LEGGETE QUA SOTTO SOLO SE PROPRIO SENTITE IL BISOGNO DI SAPERE.

La faccio breve: si parla di alzheimer, in una maniera che può, volendo, ricordare The Father, il bel film con cui Anthony Hopkins ha vinto il suo ultimo Oscar. L’interazione viene utilizzata per provare a restituire la sensazione di confusione, perdita di controllo e contatto con la realtà che affronta chi ne soffre, ma dando anche uno sguardo alle persone con cui si interagisce. Spaventoso, emozionante, commovente, bellissimo.

Scendere a patti con l’autunno

Scendere a patti con l’autunno