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Sonic, Jerry e l’incredibile comunicazione pubblicitaria degli anni Novanta

Sonic, Jerry e l’incredibile comunicazione pubblicitaria degli anni Novanta

Qui dalle mie parti, nel comasco, il nome di Enrico Preziosi è ormai indissolubilmente legato a certi fattacci calcistici brutti. Una roba tipo "Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato" o, se proprio, non prima di aver infilato un paio di insulti e qualche bestemmia al Borghetti. Ma non è sempre stato così.

Nei controversi e finto-progressisti anni Novanta, la Giochi Preziosi era quell’azienda dei sogni che permetteva ai medesimi tifosi imbestialiti, all’epoca ragazzini, di infilare nell’Invicta le prime action figure dei Cavalieri dello Zodiaco; quelle super articolate, con le armature di metallo che si staccavano a ogni minimo Fulmine di Pegasus.

L’azienda con sede a Cogliate si contendeva il mercato dei giocattoli con le rivali GiG e Mattel, all’epoca più in vista. La concorrenza era spietata, e si consumava sia nella selezione dei prodotti da distribuire, che nella comunicazione. Una concorrenza che, per certi versi, specchiava quella tra SEGA e Nintendo che, guarda caso, finirono rispettivamente per essere distribuite dalle nostre parti proprio da Giochi Preziosi (la prima), e da Mattel e GiG (la seconda).

Questa divisione, a guardarla attentamente, contiene involontariamente (e, forse, inevitabilmente) uno tra i cliché narrativi più abusati di sempre: lo scontro tra i potenti affermati e l’antagonista affamato. Da un lato dell’arena ci sono il colosso statunitense Mattel, fondata nel 1945 da Elliot Handler e Harold Matson, e GiG, creata nel 1968 dall'imprenditore Gianfranco Aldo Horvat, figlio d’arte del fondatore della Horvat Giocattoli. La storia di Aldo Horvat non ha un lieto fine: dopo aver attraversato una crisi finanziaria alla fine degli anni Novanta (che portò l’azienda a venire assorbita proprio dalla rivale Giochi Preziosi), nel 2009 l’uomo verrà trovato morto assieme alla moglie nella sua residenza estiva, dalle parti di Lucca. Ma all’epoca dei fatti che interessano a noi, ossia tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, la sua Gig era quella dei cataloghi natalizi fighi e delle esclusive migliori.

Tipo queste, brrr!

Era, insomma, un avversario da battere per la più giovane concorrente Giochi Preziosi, nata nel 1979 come azienda per il commercio all'ingrosso e passata in seguito alla distribuzione di prodotti in esclusiva. Come la Storia ci insegna, è comune in questi casi che il guerriero col culo al caldo, forte della propria supremazia, adotti strategie conservative, mentre il giovane sfidante tenda a rompere le regole. In Italia, qualcosa del genere era capitato appena pochi anni prima, quando le emittenti private di Berlusconi avevano scassato il monopolio della RAI attraverso una condotta politica senz’altro spregiudicata - mi riferisco ai decreti emanati dal governo Craxi tra il 1984 e il 1985 - ma anche grazie all’importazione di film e serie televisive dall’estero e a format dal linguaggio innovativo.

Un format dal linguaggio innovativo.

Così, mentre le pubblicità di Mattel e GiG andavano sul liscio appoggiandosi a narrazioni tutto sommato lineari e comprensibili, Giochi Preziosi puntò su contenuti meno convenzionali; magari anche meno curati, ma efficaci. Il pubblicitario Giuliano Doccioli, che all’epoca ebbe modo di seguire dall’interno la comunicazione di GiG e Giochi Preziosi, ci fa sapere che:

Inizialmente gli spot di Giochi Preziosi entrarono in TV riempiendo spazi marginali, poi cominciarono a scalare posizioni e per questo, prima dall’ufficio di GiG, poi da Leader e Studio Mark, a essere studiati, smontati, visti e rivisti alla ricerca di della ricetta segreta.

Questi spot erano, tecnicamente parlando, spiazzanti. Il più delle volte senza nessuna traccia di storia, brevi sequenze di gioco in primo piano, montate e rimontate più e più volte, in modo bizzarro, sempre accompagnati da un jingle ipnotico che orecchiava in modo furbo dei motivi di successo.

Una simile differenza di condotta si riflette anche nella comunicazione riservata dalle aziende alle rispettive console. Nel 1990, Mattel, per promuovere il NES scelse di ingaggiare Jovanotti, che all’epoca era – nomen omen – la star giovanilista per eccellenza.

Ora, che piaccia o stia sulle balle, in termini di comunicazione, Jovanotti fu senz’altro una scelta sensata e “facile”: parliamo di un ventenne tendente all’esterofilia vestito come un rapper, assolutamente credibile come videogiocatore ed eventualmente capace - sai mai - di sollevare un po’ il medium da quella patina di sfiga che si portava dietro.

Dando un’occhiata a quello che, forse, resta lo spot più celebre della campagna, noteremo un racconto chiaro, comprensibile e lineare, capace di includere per riflesso anche la narrazione proposta da quel Super Mario Bros. che fa capolino sullo schermo (Jovanotti conquista la tipa = Mario libera Peach). Insomma, una robina semplice semplice che, per quanto a rivederla oggi puzzi, ha senso, soprattutto se pensiamo alla situazione dei videogiochi tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, alla loro scarsa diffusione tra i trenta/quarantenni e, in generale, tra la gente che cacciava il grano per gli spot o lavorava nelle agenzie di marketing.

Dall’altra parte della barricata, Giochi Preziosi rispose al giovanilismo nintendaro di Jovanotti con un comico di quarant’anni, professionalmente nato nei locali notturni milanesi tipo il Derby e arricchitosi a suon di commedie scollacciate: Jerry Calà.

Lo so, lo so. Sembra una mossa partorita dalla locura degli sceneggiatori di Boris, più che da un fantomatico Don Draper di Milano Due. Sì, perché viene difficile immaginare qualcosa di più lontano dai videogiochi di Jerry, ed è ancora più complicato figurarselo mentre duetta con Sonic. Eppure, andò proprio in quel modo lì.

Si è già detto sopra che, in via generale, la comunicazione dell’azienda di Cogliate puntava su spot sconclusionati e ipnotici. Ora, da una parte non possiamo escludere che i creativi al soldo di Preziosi fossero perfettamente coscienti che un medium come la televisione non sarebbe mai stato in grado di intercettare e raccontare correttamente i videogiochi ai videogiocatori, che all’epoca se ne stavano chiusi in una nicchia, fedeli soltanto a riviste scritte da ragazzini e impaginate come fanzine.

Magari, più semplicemente, se ne sono sbattuti, hanno fatto le cose a cazzo e gli ha detto culo. O un mix di entrambe le cose, vai a sapere.

Resta che la mossa, grazie anche al braccio di ferro che Preziosi riuscì a spuntare con i media in termini di fasce orarie e posizionamento della campagna nei palinsesti, fu un successo.

Se oggi ricordiamo certi spot come barzellette cringe è perché, semplicemente, lo erano. E probabilmente in piena consapevolezza. Narrativamente parlando, i filmini di Giochi Preziosi della prima ondata contenevano il minimo indispensabile, a volte nemmeno quello. Eppure, tra musichette e slogan riabilitati dal repertorio di Calà montati tra un videogioco e l’altro, finirono per agganciare la memoria dei ragazzini e, soprattutto, quella dei loro genitori, che cacciavano la fresca e, sai mai, si occupavano direttamente dei regali di Natale. Più avanti, quando GiG sostituì Mattel nella distribuzione dei prodotti Nintendo, adottò lo stile aggressivo di Preziosi.

Quello scombinato “SEGAverso” ospitava anche i più presentabili Gigi Lentini, Roberto Mancini e Walter Zenga, spesso vittime di incredibili crossover. Ma ad aver legato più di tutti il proprio nome al brand è stato sicuramente il comico catanese, probabilmente perché, tolta la dose di culo, una volta che decidi di sbattertene il cazzo e vai sul nazional popolare a caso, paradossalmente quella di Calà non è la scelta più assurda possibile.

Nei primi anni Novanta, dopo i vari Sapore di mare, Vacanze in America e Yuppies, la carriera del nostro è in formissima. I cinema incassano con Fratelli d'Italia, Occhio alla Perestrojka e Abbronzatissimi, mentre in TV, tra comparsate nei varietà, talk show e le repliche di Professione vacanze, è sempre sulla cresta dell’onda.

Jerry Calà in una delle sue interpretazioni più intense.

È difficile, per chi non c’era, afferrare in pieno la trasversalità di un personaggio del genere. Oggi i contenuti sono tantissimi, spesso molto specifici, ma all’epoca non era insolito che uno showman dal repertorio sboccato finisse nella ciotola dei ragazzini. Le televisioni generaliste non erano generaliste mica per niente, mescolavano tutto, riciclavano volti e contenuti per intercettare più gente possibile.

In quel casotto, un’attrice dai trascorsi softcore come Romina Power poteva tranquillamente diventare la madrina dei film per ragazzi del lunedì sera, mentre la showgirl Francesca Carmela Antonaci, in arte Gegia (e collega di Jerry in Professione vacanze), un anno posava nuda per Blitz e Playmen, quello dopo presentava un contenitore pomeridiano come Big!.

Insomma, era un periodo così, da un certo punto di vista incredibilmente malizioso, eppure incredibilmente ingenuo. E se ha permesso a Cicciolina di passare dal cinema porno alle aule del parlamento, su su fino alle pagine di Topolino nella splendida storia Paperino portaborse, tutto sommato, quello di un comico sovranista che chiacchiera con Sonic non rappresenta lo scenario più incredibile.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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