Il cerchio della vita è una partita in multiplayer
Il primo mio ricordo di un videogioco ce l’ho stampato a fuoco nella memoria, ed è un cabinato di Monaco GP. Un gioco di guida fluido e velocissimo made in SEGA che, nell'agosto del 1981, all'età di 7 anni, trovai in una sala giochi di Lignano Sabbiadoro (una sorta di mecca delle sale giochi; ne ricordo almeno tre, per tutti gli anni 80, una più lucente e invitante dell'altra.)
Va’ che dettagli, va’ che design. Vado a piangere in un angolo.
A sette anni sarò stato alto al massimo un metro e venti ma anche meno, e per questo giocavo (in multi locale co-op) con mio papà , poiché trovavo impossibile manovrare pedale e volante allo stesso tempo. A me, arrampicato su uno sgabello, il volante, a lui acceleratore; il cambio era mio nelle fasi tranquille, poi suo (il gioco era poi stato clonato per C64 col titolo di LeMans e si poteva giocare anche col paddle, ma lasciamo stare). Riprendo a bomba sul multiplayer perchè per me, da allora, “multi” è solo quando si è almeno in due nelle immediate vicinanze, a tiro di gomito e porconi. Per le tre settimane di vacanza di ogni agosto di ogni anno, direi che almeno quindici delle ventuno serate le passavamo in sala giochi.
Guardando indietro, a 51 anni suonati, mi sembra pacifico che fosse per mio papà - che durante l'anno era preso dal suo lavoro e da tutte le menate degli adulti - un modo per passare del tempo con me. È una sensazione strana poiché al sentimento di nostalgia per momenti di felicità assoluta si accompagna un fremito di tenerezza inespressa verso di lui, per quanto bene se l'è giocata. Son troppo contento che abbia avuto l'accortezza di non rompermi le balle per quella nascente passione, ma abbia scelto di assecondarla per cercare di viverla insieme, per quanto e come gli fosse possibile.
Da quelle estati ho sempre goduto immensamente a giocare “multi live” ai videogiochi, sia in sala che a casa, a Kick Off 2 o Sega Rally (tanto per spararne un paio). Il micidiale miscuglio di divertimento, smargiassate e improperi è piacevole oggi come allora; adesso, con le sale scomparse, gioco solo a casa, naturalmente, e solo con i miei figli. La ragazzina si è stufata presto, il giovane, oggi quasi dodicenne, è invece “hooked”. Qui i ricordi sono freschi e si affollano, da New Super Mario Bros. Deluxe rivoltato come un calzino a Streets of Rage 4.
“Dobbiamo farlo tutto a S”.
Ovviamente non potendo farlo giocare cinque ore al giorno e avendo lui la propria cricca di compagni di scuola e calcio che gioca su Fortnite, il tempo per praticare insieme è quello che è. Se alla sera sta giocando a Fortnite, io mi piazzo sul divano con un libro; lui si diverte con gli amici, generalmente vince e quando perde rosica. Mi fa troppo ridere. "Evabbé ecco che non mi spara il caccia e mi ha cucinato l’Ale. STO NABBONE!"
Quando si perde c’è sempre un problema tecnico alla base.
Abbiamo giocato anche insieme a Fortnite, diciamo fino a due anni fa; mi batteva ma ero in partita, poi di colpo non l’ho più visto nemmeno col binocolo. Abbiamo realizzato un mondo insieme su Minecraft, con una farm di lupi che ho incendiato per sbaglio; durante il COVID giocavamo con due suoi amici “2 vs 2” a Mario Party: mi ha scritto Nintendo, "Controlla tuo figlio, che sta giocando troppo". Ho glissato.
Sono tuttavia ancora in grado di farlo IMPAZZIRE a Mario Kart e Street Fighter, e in questo periodo stiamo giocando a Borderlands (il primo, anzi l'OG, come si dice oggi ) in co-op ed è semplicemente estatico "Tu stai qui col cecco.... pronto a ressarmi, che io vado avanti a cucinare". Basta mezz'ora passata a sparare proiettili e cazzate: tutto assume contorni più netti e mi libero la testa da pesantezze e preoccupazioni per procura. Dalle menate della vita da adulti.
Ma ho divagato.
Il pensiero che volevo condividere è che per me, ad oggi, questa roba è la manifestazione più compiuta del cerchio della vita: avevo una roba bellissima, poi è andata via, e poi è tornata ancora più bella, perchè la guardo dall'altra parte della barricata e ho gli strumenti per comprenderla e trattarla con il dovuto rispetto. Riviverla adesso mi ha fatto capire quanto fosse bello e importante quello che abbiamo fatto allora. Insomma, solo belle cose.
Epilogo: non ho raccontato episodi particolari ma uno non può essere dimenticato: a un certo punto, nel tempo nei primi duemila, a casa di giopep giocai in multi locale contro Lolò e IL MAESTRO a Quake III; loro si allenavano quotidianamente o quasi, con Lolò che addirittura girava con il file di config. Pareggiammo.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al multiplayer, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.