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 Consume me: un memoir tra cibo, adolescenza, spitz tedeschi nani, tanto umorismo e coding

Consume me: un memoir tra cibo, adolescenza, spitz tedeschi nani, tanto umorismo e coding

Sei ciò che mangi. C’è scritto così sulla tavoletta di cioccolato di Consume me che bisogna scartare per fare comparire il menù e poter iniziare il gioco. Mette subito in chiaro che il cibo e il rapporto con il cibo saranno elementi centrali dell’ esperienza. Nel recente libricino dal titolo Sugo di Mariachiara Montera si legge: “Mangiare come conforto, per distrarsi, come antidoto alla noia e alla rabbia: il cibo viene chiamato in causa per gestire i sentimenti, perché sa intorpidire, rimestare. È più immediato mangiare una busta di patatine che andare alla fonte del nervoso”. Jenny, la protagonista del videogioco, ha da poco finito la scuola (più o meno le nostre superiori) e quando deve far crescere alcune statistiche che rischiano di portarla al game over, può ingurgitare proprio un sacchetto di patatine. Come per miracolo tutto torna normale. Molti studi e saggi giurano che l'intestino, con i suoi milioni di neuroni, non è solo un organo in comunicazione costante e bidirezionale con il cervello, ma a tutti gli effetti un secondo cervello. Il cibo e le bevande che Jenny manda giù ogni giorno influenzano il suo umore, la sua energia e il suo stomaco. Quindi è verissimo che gli alimenti sono centrali. Ma lo dico subito: in realtà è solo una copertura. Parlare di Consume me non è cosa facile. Farlo rientrare dentro un’etichetta lo è ancora di meno, soprattutto perché all’inizio sembra una cosa, e si trascina così per quasi tutto il tempo, rischiando di diventare noiosissimo e ripetitivo (almeno per me). Poi verso il finale diventa esattamente l’opposto, ti spiazza, ti fa riflettere. Descriverlo nei minimi dettagli, analizzarlo, dissezionarlo sarebbe un ingiustizia verso chi lo deve ancora giocare. Uscendo per una volta dalla comfort zone della terminologia tecnica videoludica (per chi non può resistere, su Steam è etichettato come life simulation RPG), e prendendo a prestito un termine dalla letteratura, la cosa che mi è venuta in mente dopo averlo finito è memoir. Piccola parentesi spiegone con l'aiuto dell’IA: il memoir è narrativa non-fiction che si concentra su un periodo specifico della vita, un'esperienza o un tema, basata sui ricordi personali dell'autore. A differenza dell'autobiografia, che narra l'intera vita di una persona, il memoir ha un focus più ristretto e si basa principalmente sulla verità emotiva del narratore, offrendo una prospettiva soggettiva degli eventi piuttosto che una ricostruzione cronologica e oggettiva. Fine spiegone. Nel caso specifico, si tratta di un’autrice femminile, Jenny Jiao Hsia, e il periodo temporale che ha scelto di raccontare è quello che rientra sotto il nome fumoso e vago di adolescenza. Solo che Jenny, quando ha acceso il computer, probabilmente si è sbagliata e invece di aprire un editor di testo, ha aperto un game engine. Il risultato è quel capolavoro di Consume me. 

Jenny ha un rapporto un po’ controverso con il suo doppelganger allo specchio.

Ora, di giochi più o meno famosi che parlano di adolescenza ne esistono a bizzeffe. Penso ai più conosciuti, Life is strange, Persona 5, The Walking Dead, fino ad arrivare a piccole produzioni di nicchia come Until then, Oxenfree, Embracelet, I was a Teenage Exocolonist. Ma questi non sono mai memoir. Pur avendo tutti protagonisti adolescenti che si trovano in quella soglia mentale e fisica a metà tra l’infanzia e l’età adulta e avendo i temi tipici del coming of age (l'indipendenza familiare, il primo amore e le relazioni complesse, i dubbi e le insicurezze riguardo il futuro, la ricerca della propria identità), manca la prospettiva soggettiva. Sono più storie corali, a volte scritte da interi team o comunque che hanno una visione allargata e generalista. Si avvicinano insomma più al romanzo o al racconto. Invece in Consume me è chiaro fin da subito che la protagonista del gioco e l’autrice sono la stessa persona, non a caso si chiamano entrambe Jenny. Tempo fa, in un articolo su Ludica a tema proprio coming of age, mettevo tra i primi posti di una mia personale classifica Perfect Tides (2022 Meredith Gran) e Videoverse (2023 Lucy Blundell). Ora aggiungerei tranquillamente anche Consume me e guarda caso sono tutte storie semi autobiografiche scritte da donne.

Non solo la dieta viene gamificata, ma pure l’ammore <3

Ma cosa fa Consume me per meritarsi un posto in questo ipotetico podio dei memoir videoludici a tema bildungsroman? Innanzitutto ne ho adorato l’umorismo. Un continuo prendersi in giro e prendere in giro anche il giocatore. Non c’è la comicità sfacciata, surreale, slapstick di Thank Goodness You Are Here, piuttosto le impacciate sventure quotidiane che possono capitare ad un’adolescente. Apro un’altra parentesi spiegone. La comicità è l'aspetto più immediato, un "avvertimento del contrario" che suscita una risata spontanea e istintiva, focalizzata sul puro divertimento. L'umorismo è un sentimento più profondo e riflessivo, il "sentimento del contrario", che parte dalla comicità ma la supera con l'analisi e la compassione, portando alla comprensione delle fragilità umane e a un sorriso più amaro. Fine spiegone, grazie ancora IA. Certo, non mancano situazioni comiche, tipo quando Jenny passa davanti alla vetrina di una pasticceria piena di torte, con l'acquolina in bocca e l’intenzione di entrare, ma poco prima della porta, pesta una cacca di cane e se ne va. Ma in generale il clima che ho trovato è più umoristico e raffinato. Tipo pregare usando una chat sul telefonino direttamente con un certo <3 JC <3 che altro non è che Gesù in persona (tra l’altro c’è una scena dentro una chiesa che da sola vale tutto il gioco, non perdetevela per nessun motivo). O l'amore smisurato per quei simpatici cagnolini che rispondono al nome di spitz tedesco nano. Oppure quando Jenny, in un momento di pura metareferenzialità, parlando di Consume me, dice “È fondamentalmente un fumetto interattivo, sai, tipo Florence!”. Ed è proprio così, alla fin fine, solo che dai trailer non si capisce. Ti fanno credere che sia un GDR infarcito di minigiochi alla Warioware. Infatti, quasi tutto il tempo lo si passa a grindare e far crescere il personaggio. Le quattro abilità da livellare sono già di per sé umoristiche: dieta, accademiche, atletiche, lavoretti. Invece, i contatori da tenere sott’occhio e non far scendere a zero sono tre: umore, energia, intestino. E poi quello più importante di tutti: i morsi. I morsi sono unità fittizie utilizzate per ovvi motivi al posto delle reali calorie, tanto che nel disclaimer si mette subito in chiaro che il gioco non è un manuale di istruzioni per perdere peso. Jenny, come molte adolescenti, complice una mamma troppo invadente che non riesce a non fare confronti con le amiche, ha a che fare con disturbi alimentari, diete e grassofobia. C’è un contatore che indica quanti morsi può mangiare in un giorno. Il momento del pasto viene rappresentato attraverso un minigioco in stile Tetris, dove bisogna inserire tetramini di cibo in un ipotetico piatto cercando di riempire tutti gli spazi “affamati”, senza lasciare vuoti ma stando allo stesso tempo attenti a non superare il par dei morsi, pena il game over dopo un paio di “sgarri” concessi. Non bisogna preoccuparsi però di mangiare troppo, perché c’è sempre l’opzione della ginnastica, portare a spasso il cane e altro. Queste attività, da svolgere nel tempo libero, consumano sì i morsi ma anche i turni. Finiti i turni, finisce la giornata, si va a letto e si tirano le somme. Quasi tutto il gioco è incentrato su un calendario e un’agenda. Entro una determinata data, bisogna raggiungere una serie di obiettivi andando a spuntare una to-do list. Detto così sembra tutt'altro che un fumetto interattivo. Sembra una serie infinita di obiettivi da raggiungere, sempre più complessi e impegnativi tra studio, lavoretti da fare, esami, amicizie, inimicizie, dieta, amore, college, traslochi, il primo amore, l’amore a distanza, futuro lavoro, madre ficcanaso. Praticamente la vita. Più si va avanti, più le cose si complicano. Ma possono complicarsi all’infinito? 

Quando non ci sono più speranze, resta solo lui: <3 JC <3

La risposta te la dà Consume me e lo fa in una maniera straordinaria. Scommetto che molte recensioni lo accosteranno ad Unpacking o a Florence ma secondo me il gioco che più gli si avvicina è Wanderstop, l’ultima creazione di Davey Wreden. Sono impazzito? No, perché il tema di fondo dei due giochi a ben pensarci è il burnout, il fallimento e l’accettazione dello stesso. Mentre nella maggior parte dei videogiochi la sconfitta va evitata come la peste, anzi viene usata per spronare il giocatore a fare sempre meglio fino allo sfinimento, in entrambi i titoli bisogna convivere con le conseguenze del non ottenere ciò che si desidera. Per approfondire il tema ne ho scritto qua. Forse è per questo che non ho mai giocato ad un Souls, forse è per questo che ho saltato a piè pari Silksong. Non ne sento il bisogno. Non devo dimostrare né a me stesso, né a nessun altro di essere bravo, di saperci fare, di speedrunnare, di platinare, di centrare l’high score, di fare una no-hit run. Certo, parlo dall’alto dei miei cinquantadue anni e non cerco più giochi adrenalinici, ma che mi fanno riflettere, mi spiazzano, mi emozionano. In Wanderstop il pretesto è la preparazione del tè, in Consume me il cibo e la dieta. Ma sono solo meccaniche per veicolare un messaggio ben più profondo. Entrambi usano il mezzo videoludico anche per muovere una critica allo stesso. Anzi ad un certo punto lo rompono. Cosa azzardatissima, che alla maggior parte dei videogiocatori non piacerà. 

Tipo quest* utente Steam a proposito di Wanderstop.

Spero tanto che i “gamer” (che brutto termine, ma l’ho usato volutamente) si avvicinino a Consume me per quello che è, un memoir di una adolescente celato dietro la facciata di un videogame. Certo ci vuole una certa sensibilità e cosa ancora più importante, spero che non venga mai definito spazzatura. Credetemi, non lo è, anzi, in mezzo a tanti sacchetti dell’immondizia tutti uguali, brilla di luce propria, o meglio risplende.

Spec Ops: The Line: Sabbia negli occhi

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