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Uncharted 2: un simpatico guascone e la sua definitiva consacrazione | Racconti dall’ospizio

Uncharted 2: un simpatico guascone e la sua definitiva consacrazione | Racconti dall’ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

La percezione del tempo che passa è sicuramente una cosa soggettiva. Personalmente, spesso e volentieri non mi rendo conto che da un determinato momento nella mia vita sono passati anni, se non lustri. E fare mente locale, spesso, mi destabilizza abbastanza.

Quando mi è stato chiesto se volevo scrivere due parole su Uncharted 2: Il covo dei ladri, mi sono chiesto se mi fossi perso qualcosa: era in uscita una PlayStation 2 Mini? C’era l’ennesima remastered in arrivo? No: semplicemente, il 13 ottobre di dieci anni fa, usciva il secondo capitolo di una fra le saghe più famose e premiate di Sony. Con protagonista quel simpatico guascone di Nathan Drake.  

Dieci anni. 

Ricordiamo che ad ottobre 2009 avevamo sul mercato l’iPhone 3GS, Whatsapp era praticamente appena nato e ancora nessuno immaginava il mostro che sarebbe diventato, mentre Netflix stava lentamente spostando il suo core business dal noleggio di DVD per posta allo streaming (ovviamente solo negli USA).

In questo mondo ormai lontano nel tempo, arrivava Uncharted 2, gioco che ha avuto un successo clamoroso e che andava a sanare molti difetti che non avevano permesso al primo episodio di diventare il classico che aveva in testa Naughty Dog.

Personalmente, ritengo Uncharted 2 l’unico vero capitolo della serie che si possa definire un capolavoro. Certamente è quello che mi ha coinvolto più di tutti, soprattutto per la qualità e il livello di azione proposto, mixato in maniera perfetta nelle parti più esplorative. Sia chiaro,ho giocato a tutti gli Uncharted, e a parte il primo, che ho sempre trovato sopravvalutato, sono tutti ottimi, tecnicamente paurosi e con dei personaggi caratterizzati così bene che spesso avrei voluto qualche cutscene in più.  

Questo secondo capitolo, però, ha una marcia in più, anche grazie ad una calibrazione tra le varie anime veramente perfetta: i personaggi sono ottimi, graficamente siamo su roba mai vista prima su PlayStation 3 (una console con una dotazione di RAM irrisoria, ricordiamocelo), le ambientazioni sono varie e mai banali e, rispetto agli altri episodi della saga, anche durante le sparatorie ci si diverte e la sfida è sempre bilanciata

Sì, dico questo perché probabilmente il più grosso difetto che rimprovero ai vari Uncharted è che si spara davvero tropo e in alcuni casi anche male. Troppe volte nemici che neanche dovrebbero sapere che noi esistiamo ci lanciano granate dritte dritte sui piedi e in alcuni casi le sparatorie si protraggono ben oltre il limite di tolleranza.

Nathan Drake, con questo episodio, diventa a tutti gli effetti, più che una mascotte, un vero e proprio testmonial di di Sony, quasi un divo. È un personaggio fittizio ma estremamente riconoscibile, come Lara Croft, anzi, probabilmente più realistico dell’archeologa made in Crystal Dynamics. Fondamentalmente, Nathan è sì un coraggioso eroe ma è anche un farabutto, una sorta di tombarolo che nei vari giochi riesce però a redimersi, quasi sempre per merito di una dolce fanciulla. Una caratterizzazione che nel secondo capitolo si solidifica nell’immaginario comune, grazie anche ad un livello di script dei dialoghi e delle cutscene probabilmente mai visto prima in ambito videoludico.  

Chiunque abbia giocato ad Uncharted 2 non può non avere presente la (lunga) sequenza in cui un elicottero da guerra sovietico (Rambo III docet) tenta di farci fuori, disintegrando letteralmente interi edifici, con il nostro Nathan che, come accade nei migliori film d’azione, se la cava costantemente per il rotto della cuffia, rischiando di rimanerci secco ad ogni esplosione o caduta. Ecco, se devo indicare il momento, di tutta la saga, che mi rimane più impresso, è sicuramente quello.

Purtroppo, un gameplay che basa gran parte della sua spettacolarità su eventi così scriptati, alla lunga, desensibilizza il giocatore, che ovviamente si aspetta sequenze sempre più spettacolari, e che però capisce anche che il nostro avatar, in realtà, è molto meno in pericolo di quanto sembri. Rimanere uccisi in questi momenti risulta non dico impossibile, ma comunque molto meno semplice rispetto a quanto suggeriscano le apparenze. E probabilmente è per questo che i capitoli successivi, per quanto molto buoni (il quarto su PlayStation 4 è visivamente incredibile), non mi hanno colpito come Il Covo dei Ladri.

Uncharted 2 è stato un successo planetario sia a livello di vendite che di critica videoludica e sicuramente ha piazzato le basi per quello che poi sarebbe diventato The Last Of Us, in cui Naughty Dog è riuscita a limare quei pochi difetti che il gioco con Nathan Drake si portava dietro (e che incredibilmente, in parte, si porterà appresso anche nei capitoli successivi).

Personalmente, lo ritengo uno dei tre giochi per PlayStation 3 che mi hanno colpito di più in generale, e non mi dispiacerebbe vedere un bel crossover, magari una sorta di spin-off, come accaduto con L’eredità perduta, con la nuova Lara Croft, che dopo essere stata di ispirazione per l’inizio della saga di Uncharted, si è adeguata ai nuovi standard e ora è il titolo di Square Enix ad essere pesantemente influenzato dalla saga di Naughty Dog. 

Devo ammettere che Nathan Drake mi manca. Sono tanti i giochi che hanno scimmiottato Uncharted in questi anni, ma nessuno dei protagonisti di questi titoli è mai riuscito a eguagliare il carisma e la simpatica sfacciataggine del nostro tombarolo dal lato umano.

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