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Tony Soprano e il problema dell’antieroe moderno

Tony Soprano e il problema dell’antieroe moderno

Grazie alla Cover Story a tinte marroni di questo mese, ho colto l’occasione per poter finalmente scrivere qualche riga su I Soprano, una serie per me assolutamente fondamentale a livello personale.

Il problema a cui mi sono trovato davanti, decidendo di imbastire un pezzo sulla serie creata da David Chase, è stato quello di decidere quale aspetto dell’opera dover affrontare.

Non avevo assolutamente intenzione di scrivere l’ennesimo articolo che ripetesse, per l’ennesima volta, quanto sia grandiosa la serie a livello narrativo, quanto abbia contribuito a far evolvere le produzioni pensate per il piccolo schermo e quanto sia diventata iconica a livello globale. Tutti questi aspetti sono già stati analizzati in decine di altri articoli e approfondimenti.

Anche il legame con l’autunno è abbastanza flebile. Potrei rievocare le scene che mi vengono in mente legate alla stagione, ad esempio quando AJ puliva le grondaie di casa dalle foglie secche, o semplicemente sottolineare che nel New Jersey fa sempre un gran freddo, almeno da ciò che si evince dalla maggior parte degli episodi, dove tutti i personaggi sono bardati con giacche e cappotti di ogni tipo.

Non mi dilungherò nemmeno sul famoso e tanto discusso finale della serie. Nonostante le numerose e fantasiose teorie sviluppate dal popolo del web in tutti questi anni, Tony o è morto, o è finito in prigione. La sua storia è finita; com’è finita, resterà, probabilmente, un mistero per sempre.

Ma su di lui, proprio su di lui, voglio scrivere qualche riga: Tony Soprano.

Sul fatto che Tony sia un personaggio estremamente complesso e che sia scritto in maniera impeccabile, non c’è dubbio. Il fatto è che Tony viene spesso indicato come il più grande antieroe del piccolo schermo.

L’antieroe viene definito come “Il personaggio di un'opera letteraria o cinematografica presentato in contrapposizione con l'eroe tradizionale, privo cioè dei valori convenzionalmente a questo attribuiti”.

E in questa definizione Tony Soprano ci rientra perfettamente. Ma c’è, o meglio ci sarebbe, un problema. Tony, tanto per restare in tema di colori, non ha zone grigie.

Metto le mani avanti e sottolineo già che probabilmente è un problema mio, ma nella figura dell’antieroe televisivo, ho sempre visto personaggi galleggiare in quella che si può definire, appunto, una zona grigia. Mai totalmente buoni o cattivi, ma personaggi che stanno sempre sulla linea di confine, a volte una dimensione – quella malvagia o quella umana – prende il sopravvento sull’altra, ma non stanno mai da un solo “lato della strada”.

Tanto per fare degli esempi che ben conosco, Dexter Morgan di Dexter è un serial killer che uccide solo criminali e che con il tempo sviluppa un lato umano, Vic Mackey di The Shield è un poliziotto corrotto che si macchia di azioni terribili ma ama profondamente i suoi figli e non scende mai a patti con criminali autori di nefandezze quali stupro o pedofilia, e anzi utilizza qualunque metodo per dargli ciò che si meritano. Jax Teller di Sons of Anarchy nasce come criminale dal cuore d’oro che vorrebbe ripulire il proprio club dalla violenza e dalle attività criminali salvo poi tramutarsi in un individuo terribile una volta ottenuto il potere, e lo stesso percorso lo fa Walter White di Breaking Bad, che da mite e inoffensivo professore di chimica, diventa uno spietato re della droga che arriva persino ad avvelenare un bambino per il proprio tornaconto.

Il mio problema con Tony Soprano è proprio questo: nel corso delle sei stagioni, non compie mai una buona azione. Mai.

Tony ci viene presentato come un personaggio in cui convivono due dimensioni: quella del boss criminale e quella del padre e marito di famiglia, con un problema legato agli attacchi di panico che cerca di risolvere con la psicoterapia.

In qualità di boss, Tony deve quotidianamente far fronte ai problemi della gestione del suo clan, tra sottoposti di cui non si fida, tradimenti, problemi legali e affari loschi. Non può mai mostrare segni di debolezza, deve essere sempre pronto a prendere decisioni difficili e tener testa a chi vorrebbe fargli le scarpe. Come se ciò non bastasse, deve fare i conti con il suo carattere impulsivo e collerico, che spesso lo porta ad agire senza pensare alle conseguenze, dovendo, spesso e volentieri, metterci la consueta “pezza” per risolvere situazioni scomode e pericolose.

Tony deve confrontarsi quotidianamente anche con la sua dimensione famigliare, quella di marito e padre. La moglie Carmela mal sopporta le sue infedeltà e teme sempre che un eventuale morte prematura del marito la rovini economicamente, mentre i figli – soprattutto AJ, che in molti aspetti assomiglia al padre – sono alle prese con i drammi emotivi e personali tipici della loro età.

Le sedute di psicoterapia con la dottoressa Melfi ci svelano gli aspetti più complessi e umani di Tony: un uomo che, a dispetto della sua mole e della sua spietatezza, è emotivamente fragile, tende alla depressione, ha un rapporto conflittuale con la madre Livia, dispotica e autoritaria (non troppo dissimile da quello visto in Psycho), porta sulle spalle un peso che non avrebbe mai voluto, quello del capofamiglia, e più in generale, emerge in lui il desiderio di una vita convenzionale. In una delle puntate della prima stagione, Tony racconta alla figlia di come volesse diventare un professore di storia, salvo poi abbandonare il college per prendere in mano gli affari di famiglia. Le due anime di Tony, quella del boss criminale e quella dell’uomo di mezza età alle prese con i drammi famigliari, convivono sempre in equilibrio precario, soprattutto a causa del carattere non facile del boss.

Il punto è, come sopra riportato, che Tony, pur avendo una dimensione umana, non compie mai una buona azione, mai. In sei stagioni, si macchia di nefandezze atroci quali omicidi (tra cui quello scioccante e imprevedibile di Christopher, una delle poche persone alle quali voleva bene e a cui avrebbe voluto lasciare la guida del clan una volta ritiratosi), estorsioni (non esita a mandare sul lastrico l’amico d’infanzia Davey Scatino a causa dei suoi debiti di gioco) e arriva persino a minimizzare i problemi di depressione del figlio AJ prima che il ragazzo provi a suicidarsi, nonostante sia lui stesso un depresso cronico. Una delle sue amanti, Gloria Trillo, arriva a togliersi la vita a causa sua, dopo che lui ha messo fine alla relazione.

Siamo portati a empatizzare con Tony in quanto protagonista della serie, vediamo gli avvenimenti attraverso il suo punto di vista, spesso possiamo giustificare anche qualche azione discutibile come l’omicidio di Ralph Cifaretto, compiuto a seguito dell’incendio della stalla che ha causato la morte della cavalla di Tony.

Ma Tony Soprano è, fondamentalmente, un uomo malvagio, infedele, razzista e ipocrita.

Tony è un egocentrico che pensa esclusivamente a sé stesso e ai propri interessi. Lamenta di non aver avuto scelta e di essere stato costretto a ereditare la posizione del padre, ma in realtà nel corso della serie emerge come Tony sia sempre stato attratto dal mondo della malavita e di come ami essere un uomo di potere ed economicamente benestante grazie alle numerose entrate dovute alle sue attività illecite. Persino quando è costretto, per sfuggire ai radar dell’FBI, a svolgere il suo ruolo “ufficiale” di manager presso la Barone Sanitation, indossando giacca e cravatta e recandosi in ufficio tutti i giorni, si annoia tremendamente. Tony ama essere ricco e potente, ma odia aver a che fare quotidianamente con tutti i problemi di gestione del clan e dei suoi soci in affari, compreso il costante pericolo di essere incriminato o assassinato. In buona sostanza, vorrebbe solo godere dei vantaggi della sua posizione, senza le seccature derivanti da questa.

Anche quando sembra che possa commettere qualche buona azione, come ritrovare l’auto del professore di scienze di suo figlio AJ, lo fa solo perché spera che il professore dia una sufficienza al figlio. Quando, nella sesta stagione, scoppia lo scandalo legato a uno dei suoi capitani, Vito Spatafore, Tony vorrebbe salvarlo da morte certa non perché ha pietà per lui o per la sua famiglia, quanto perché è uno dei suoi sottoposti che porta maggiori guadagni. Lo stesso boss, al termine della serie, capisce che la terapia psicologica non gli è di nessun aiuto, non lo aiuta ad essere più felice né a risolvere i suoi conflitti interiori, né, tantomeno, a cercare di essere anche lontanamente un uomo migliore.

Così come non è migliore dei suoi soci in affari e degli altri criminali con cui intrattiene rapporti, di cui spesso ne decide il destino.

Tony è un personaggio decisamente affascinante dal punto di vista psicologico e per la sua figura carismatica, ma non ha, nemmeno lontanamente, una zona grigia nel suo sconfinato lato nero.

Perché I Soprano, oltre a essere una storia sulla cultura americana, è soprattutto la storia di un uomo: Tony Soprano.

Questo articolo fa parte della Cover Story marrone, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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