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L'implacabile (o quasi) | Racconti dall'ospizio

L'implacabile (o quasi) | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

C'è stato un tempo in cui il nostro adorato Arnie (detto anche la “Quercia Austriaca”, “Arnold Strong”, “Schwarzy”, “The Governator” ecc..) dominava con i suoi action movie il botteghino insieme al “nostro” Sly Stallone. Il suo regno è stato piuttosto lungo, quasi un quarantennio! Ma è negli anni Ottanta che il sette volte vincitore del titolo di Mister Olympia esplode come attore (muscolarmente lo aveva già fatto da tempo) e, tra Conan, Commando e Predator, il buon Arnie sembra avere il tocco magico per trasformare qualsiasi film a cui partecipa in un blockbuster mondiale. O quasi: l'improbabile The Running Man (tradotto in un altrettanto improbabile L'implacabile) sembra metterne in discussione – momentaneamente – il tocco da Re Mida.

Liberamente ispirato al romanzo L'uomo in fuga di Stephen King (che lo pubblicò con lo pseudonimo di Richard Bachman), il film propone, oltre al nostro eroe Arnie, un supporting cast tutto da scoprire: una leggenda della WWF come Jesse “The Body” Ventura, un'altra della NFL come Jim Brown, che aveva abbracciato la carriera da attore da tempo (lo ritrovate in qualche episodio di Supercar o nei CHiPs) e, soprattutto, Richard Dawson, il presentatore TV di uno fra gli show più amati dagli americani (Family Feud), con un passato da attore di serie TV (Gli eroi di hogan, per esempio). E che dire di Mick Fleetwood (batterista dei Fleetwood Mac) o della cantante/attrice venezuelana/cubana Maria Conchita Alonso? Un cast molto “a stelle e strisce”, per un film ambientato in una Los Angeles del 2017 che riproponeva senza vergognarsi una serie cliché che andavano di moda negli anni Ottanta, con un bel mash-up di alcuni successi al botteghino di quel periodo (1997: Fuga da New York è il primo della lista) per dipingere un futuro molto attuale, dominato dai media e dalle fake news per manipolare la popolazione. Il futuro immaginato dal lungometraggio di Paul Michael Glaser si è rivelato molto attuale: oltre al ruolo preponderante dei media e alla potenza dirompente delle fake news, gli sceneggiatori hanno immaginato una crisi economica globale.

E per lobotomizzare e tranquillizzare la popolazione, che c'è di meglio di un bel programma TV? Uno con carcerati in fuga e killer pronti a eliminarli entro un tempo limite, con tanto di premio finale: la libertà. Insomma, il film perfetto per un videogioco.

E così è stato. Pubblicato nel 1989 dalla britannica Grandslam Entertainments (specializzata in tie-in), ci siamo beccati The Running Game – The Videogame per Amiga, Amstrad CPC, Atari ST, Commodore 64 e ZX Spectrum, con tanto di disclaimer: “Un gioco mortale a cui nessuno è mai sopravvissuto. Ma… Schwarzenegger deve ancora giocare”. Meglio di così…

Peccato che il gioco non fosse altro che un semplice beat 'em up composto da cinque livelli (un classico di quel periodo), impreziosito da una grafica digitalizzata con molte scene provenienti dal film, sprite grossi e animazioni decenti, con tanto di parallasse ed effetti sonori nella media. Il nostro Arnie (aka Ben Ben Richards), nello show futuristico poteva correre, saltare, accovacciarsi, sparare, prendere a pugni e calci i nemici e interagire con alcuni oggetti per risolvere alcuni semplici puzzle. Purtroppo, la difficoltà del gioco era tarata malissimo (altro classico dell'epoca): se i primi due livelli erano di una facilità disarmante, per gli altri tre bisognava farsi il segno della croce e armarsi di una buona dose di pazienza, sperando così di non demolire l'ennesimo joystick.

Se il lungometraggio sarà ricordato più per la sceneggiatura attuale che per la performance dell'ex Governator, la controparte videoludica meritava più per la spettacolare introduzione digitalizzata che per il gioco stesso. Ma in quegli anni, una conversione da tie-in non la si negava a nessuno, figurarsi ad Arnie.

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Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata all’escapismo, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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