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Viz: The Game, Bucio de culo! | Racconti dall'ospizio

Viz: The Game, Bucio de culo! | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

È incredibile come certe cose incrociate in gioventù, anche le più assurde o apparentemente ininfluenti, ti si appiccichino addosso, passando a farti tana nei momenti più inaspettati o quando sei sovrappensiero.

Per quanto mi riguarda, faccio fatica a ricordare quello che ho mangiato ieri l’altro ma, salvo ischemie, credo non scorderò facilmente Viz: The Game, bislacco mix tra un racing e certe robe multievento à la California Games, sviluppato da Probe Software nel 1991 e pubblicato da Virgin in versione C64, Spectrum, Amiga, Amstrad CPC, Atari ST e IBM vari. E mica perché al gioco in questione sia legato da chissà quale ragione, anzi. Gli ho dato un giro di emulatore mezz’ora fa prima di buttare giù ‘sto pezzo, ma all’epoca non ci avevo mai giocato.

Però ho perfettamente presente di averne letto su Zzap!, per la precisione nel numero 56, datato Maggio 1991, in una recensione battuta da Giancarlo Calzetta al suo esordio sulla rivista, come racconta lui stesso in questa intervista.

La copertina del gioco (versione Atari ST), delicatissima.

Infilando alla lettera quell’adagio che “parlare di videogiochi bisogna farlo senza parlare di videogiochi” (immagino fosse anche l’unica linea editoriale delle riviste Xenia), JH era riuscito a restituire lo spirito di quel software bizzarrissimo in cui per vincere, anziché seppellire la bambina, bisognava gonfiare dei palloncini a suon di peti, stirare dell’impasto adoperando i testicoli, bere della gran birra e cose così.

Viz: The Game, ancora non l’ho detto, era l’assurdo ed eponimo tie-in dell’altrettanto assurda rivista a fumetti inglese fondata nel 1979 da Chris Donald e che, a quanto recita Wikipedia, pubblicava storie condite da sesso, peti e umorismo da caserma. Messa così, mi verrebbe da pensare a una specie di Mad Magazine, ma siamo sempre nell’ambito della roba che conosco per sentito dire, quindi vai a sapere.

Resta che il gioco è totalmente avvolto da un umorismo goliardico e volgarotto, che costituisce anche il suo unico, eventuale, punto di appeal. Tolte infatti le scenette di cui sopra, siamo davanti a una corsa a ostacoli suddivisa in cinque livelli uno più noioso dell’altro, ravvivati giusto dai tre assurdi protagonisti e dai goffi tentativi dei designer di costruire delle gag attorno alle loro caratteristiche. Così, se per il litigioso Biffa Bacon è facile venire alle mani, Johnny Fartpants può svolazzare a bordo delle proprie flatulenze, mentre Buster Gonad ha la capacità di rimbalzare sui suoi enormi testicoli o, nel caso, di poggiarli su una carriola per ingarellarsi in velocità.

Prendere la gara per le palle.

Viz: The Game è più o meno tutto qua: tecnicamente e artisticamente mediocre in ciascuna delle versioni che ho passato in rassegna, si salvano giusto le musiche composte dal veterano Jeroen Tel (i due Cybernoid, Hawkeye, Myth: History in the Making e mille altre robe a CV). Eppure vendette bene. La versione per ZX Spectrum scalò la classifica inglese di quell’anno, fino a posizionarsi addirittura al secondo posto, dietro al ben più pompato Teenage Mutant Ninja Turtles.

Immagino che il target del gioco, ammesso che si fosse andati tanto in là nel marketing, fossero i ragazzini delle medie, troppo giovani da girare nei bar ma già abbastanza grandicelli per passare il sabato sera davanti al C64 con gli amici, tra una partita a MicroProse Soccer, una birretta di sfrodo e una sbirciatina ai pixel più intimi di Samantha Fox Strip Poker.

A tornarci oggi - sia sul gioco che sulla recensione di Zzap! - si sorride soprattutto per l’ingenuità dell’operazione e sull’altezza a cui stava appesa l’asticella del pudore per questo tipo di cose, con i redattori dell’epoca scandalizzati dai lunghi tempi di caricamento piuttosto che per l’umorismo dozzinale. Così, nei box, mentre la faccina di Marco Auletta accenna alle “animazioni molto carine”, Simone Crosignani si allarga a sostenere che “nonostante il tema trattato non sia dei più semplici, (il gioco) non scade mai nel cattivo gusto”.

Ma proprio mai, eh.

Voto finale, comunque, 74%. Commento: “La vita è strana, questo gioco anche, quindi, se avete voglia di qualche risatina goliardica, prendetelo pure”. Pensa te.

Questo articolo fa parte della Cover Story “Febbraio bizarro”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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