Venti ore scarse di Split Fiction con mia figlia
Quando Split Fiction è stato mostrato agli scorsi Game Awards, ho immediatamente sottoposto il trailer a mia figlia, che s’è altrettanto immediatamente gasata come una bottiglia di Perrier (vivo in Francia da quasi quindici anni, ormai i miei riferimenti sono questi). Del resto, l’anno scorso ci siamo sparati in cooperativa It Takes Two e abbiamo adorato l’esperienza, quindi l’idea di un nuovo gioco strutturalmente simile fatto dalla stessa gente ci attirava non poco. Ma non solo: in Split Fiction le protagoniste sono due ragazze, cosa che le ha fatto rizzare ulteriormente le antenne, e l’idea del viaggiare fra ambientazioni fantasy e sci-fi la solleticava un sacco. Insomma, è subito cominciato il classico tormentone del “Ma quando esce? Ma quanto bisogna aspettare? Ma davvero fino a marzo? Ma io voglio Split Fiction! Ma quando arriva? Ma come il terzo Spider-Verse rinviato al 2027? Ma io li meno! Ma quando esce Split Fiction?” E poi è uscito.
A It Takes Two abbiamo giocato su PlayStation 4, ho pure comprato apposta un secondo pad che ho affidato a lei, mentre io arrancavo su quello originale col drifting sulla levetta destra che mi costringeva a sistemare di continuo la telecamera. E mia figlia l’ha adorato, anche se dopo un paio di tentativi ha deciso di ignorare completamente le attività opzionali perché odia la competizione e soprattutto odia quando “la competizione” significa che la batto. Personalmente non sono andato matto per la componente narrativa, anche se penso che il tutto riesca a trovare una chiusura elegante dopo tanti momenti d’impaccio, ma che spettacolo di gioco! Così tante idee e attività, un lavoro fantastico sull’invito a collaborare e soprattutto una sensazione di continua freschezza fino alla fine: in più di un momento, diciamo da metà in poi, mi sono ritrovato a pensare “Sì, OK, ma quando finisce?” e ogni volta, poco dopo, arrivava una nuova invenzione che mi risollevava il morale. Ed è stato bellissimo vedere mia figlia che piano piano si abituava a un gioco per ampi tratti più esigente e complesso di quelli Nintendo. Sulle prime frustratissima e scoraggiata dai boss, poi pian piano capace di trovare la voglia e la forza di insistere, così contenta quando finalmente riuscivamo a sconfiggerli. Ma sto divagando.
A Split Fiction abbiamo giocato su PC, perché quello offriva la casa, ma per continuità nell’esperienza l’ho sparato in streaming alla TV in salotto, grazie all’aiuto delle tecnologie moderne a cui vogliamo tanto bene. E s’è giocato benissimo, al di là del fatto che a un certo punto Steamlink ha cominciato a litigare col box TV nuovo del fornitore internet e mi sono trovato costretto a passare a Moonlight. E non so perché sto raccontando tutto questo ma insomma, non importa. Dicevamo. Split Fiction m’è sembrato risolvere tutti i problemi, effettivi o da noi percepiti, poco importa, che avevo trovato in It Takes Two. M’è parso innanzitutto un gioco più accogliente e attento ad accompagnare i giocatori meno esperti che magari ci si ritrovano dentro attratti dalla cooperativa con il compagno/marito/parente/genitore videogiocatore. Se a grandi linee c’è un forte senso di continuità col gioco precedente, nei movimenti, nel sistema di controllo, in come funziona un po’ tutto, ho avuto la sensazione di un gheimplei che ti viene più incontro, che è più graduale nell’introdurre le sue complessità e soprattutto che è più permissivo, meno esigente. La gestione dei salti sulle piattaforme, per esempio, aiuta molto, con quelle piccole correzioni di rotta e quel “lock” più insistito sull’atterraggio che non ti impedisce di sbagliare completamente il salto e schiantarti ma ti aiuta tantissimo se stai andando nella direzione giusta.
Può sembrare una cosa da poco, ma nell’esperienza di mia figlia ha fatto – credo – una differenza significativa, anche per un discorso di fiducia nella propria capacità di affrontare le difficoltà proposte dal gioco. E mi è sembrato che un po’ tutto, in termini di sistema di controllo, spostamenti, meccaniche di combattimento, spingesse in quella direzione. Che poi è una direzione che permette anche di prendersi qualche rischio più avanti, proponendo situazioni action molto più complesse e significative sul piano della sfida rispetto a quello che faceva It Takes Two. Qualche momento di frustrazione c’è stato, soprattutto nelle missioni opzionali, ma nel complesso mi sembra che l’esperienza, per la piccola, sia stata molto più morbida.
A proposito, le missioni opzionali: questa volta non hanno nulla di competitivo, a parte proprio in un paio di casi, e ce le siamo sparate tutte, arrivando anche, dopo aver visto i titoli di coda, a ripercorrere la timeline per recuperare quell’unica missioncina che ci eravamo persi. Quella nascosta là in cima dopo la parte con la piscina e lo scivolo. Le missioni opzionali, come detto, in un paio di casi alzano in maniera percepibile la difficoltà, e soprattutto la necessità di gestire abilmente e in tempi stretti il controllo del personaggio. Nulla di seriamente difficile per me, ma mia figlia in un paio di casi è andata davvero in crisi, arrabbiandosi e minacciando di voler lasciar perdere. Ma ha tenuto duro e le abbiamo completate tutte. Su sua richiesta, per altro. ♡
In generale, ci siamo divertiti tantissimo a comunicare, darci indicazioni e fare cose assieme, in un gioco che mostra la maturità ormai enorme raggiunta da Hazelight nel gestire le meccaniche e il level design mirati alla cooperativa. Certo, ci sono stati momenti in cui lei s'incazzava perché io andavo avanti e non la aspettavo, e in un paio di punti ci siamo un po' incastrati, magari per una sparatoria difficile o perché non riusciva a gestire un passaggio troppo complesso col suo personaggio e mi chiedeva di scambiarci il controller per poter proseguire.
Ah, a proposito: lei ha scelto di usare Mio fin dal primo istante e non ha mai voluto cambiare, se non appunto per questioni pratiche momentanee. Ha adorato l'immaginario, era sedottissima tanto dal lato fantasy quanto da quello sci-fi, s'è fatta delle gran risate quando c'era da ridere ed era presissima dal racconto, incazzata nera nei confronti dell'antagonista principale. ♡
L'esperienza è stata super divertente dall'inizio alla fine, questa volta non ho mai patito momenti di stanca, nonostante a conti fatti il gioco ci sia durato qualche ora di più rispetto a It Takes Two. C'è stato anche un periodo di risentimento filiare significativo, quando abbiamo dovuto interrompere per una settimana perché sono andato a San Francisco per la GDC, ma insomma, appena rientrati ci siamo lanciati sul gioco e lo abbiamo portato a conclusione.
Tra l'altro Split Fiction mi è anche sembrato più maturo ed elegante a livello narrativo, non tanto per le tematiche, alla fin fine sempre qui a parlare di traumi stiamo, ma per il modo in cui le affronta. Pure mia figlia, come detto sopra, si è appassionata ed era coinvoltissima, anche se ovviamente alcuni aspetti non li ha colti appieno. Ma in fondo è parte del bello di un gioco, e di un modo di fare giochi, che mi sembra davvero aver trovato una chiave giusta per risultare accogliente e apprezzabile da un po' tutte le fasce di età e di pubblico.
E poi c'è quella parte finale, davvero spettacolare per come rielabora e fa deflagare le idee alla base del gioco, creando un qualcosa che non so se sia davvero una roba mai vista prima in un videogioco come sostiene Josef Fares, ma certamente m'è parsa fresca e divertentissima.
E insomma, son passati tre mesi dall'uscita di Split Fiction, nel frattempo ne ha scritto chiunque, è stato ricoperto di lodi dalla critica e ha venduto le sue belle milionate di copie. Non c'è bisogno che mi metta anche io qui a recensirlo, però mi faceva piacere parlarne un pochino, anche nell'ottica di consigliarlo ad eventuali genitori in ascolto che, come me, amano passare il tempo giocando con la prole. È davvero una bella esperienza. E poi, insomma, è appena uscito su Switch 2, quindi il mio ritardo cronico ha reso questo articolo semi-puntuale.
Ho giocato a Split Fiction su PC grazie a un codice Steam ricevuto da Electronic Arts, e in effetti anche per questo m'è sembrato il caso di scriverne. Steam mi rende noto che ci siamo stati appiccicati per 19,2 ore, sbloccando 3 achievement su 20.