Miss Kobayashi's Dragon Maid è arcadico
Kobayashi-san chi no meidoragon è uno di quei manga/anime che tutti hanno incontrato ma non molti hanno letto o guardato.
In Giappone, con un’opera di paziente accumulazione, viaggia sui 3 milioni di copie vendute in totale: non male, ma è quel tipo di cifra che One Piece fa agevolmente con un singolo volume recap.
Eppure chiunque bazzica anime e manga, come dicevo, prima o poi lo ha incontrato, spesso nella figura di lei:
Ooooh, ma non sei una graziosa distruttrice di mondi? Ma certo che sei una graziosa distruttrice di mondi! (cfr. Gigguk)
Effettivamente Kanna-chan, infante dei Draghi Divini, è probabilmente il miglior biglietto da visita per l’anime ancora più che per il manga: ingenua, imperscrutabile, molto più maliziosa e volitiva di quanto sembri in apparenza, eppure anche lei completamente tenuta alla briglia dalla impassibile protagonista di questa narrazione.
Infatti la prima cosa che lo spettatore incontra a livello inconscio ancora prima che conscio è la impossibile personificazione dell’atarassia che funge da punto di vista nella narrazione e che a tutti gli effetti è forse quello che alla fine mi ha fatto abbandonare il manga.
Kobayashi-san, androgina e anonima sviluppatrice software per la InferNet Corp con la propensione all’ “alcoolismo comandato” prescritto dai buoni rapporti tra colleghi ed il feticismo per le cameriere vittoriane (le “meido/maids” più classiche) che si trova spersa durante una delle sue sbronze più dure nei boschi fuori città e scambia due parole con un dragone extradimensionale femmina cambiando la sua prospettiva sulla vita, è già solo per quanto ho appena detto, un personaggio impossibile: oltreumano.
I consigli che salvano dalla rassegnazione la dragonessa Tohru (che non viene da Thor ma da Tohrukien/Tolkien), stufa di una vita di solitudine, stragi ed imboscate, li può aver dati sotto effetto dell’alcool, ma sono sentiti e sono espressione di un carattere che riesce ad accettare tutto allo stesso modo: draghi del caos e della morte, straordinari non pagati, draghi divini infantili e impreparati, cortesia e solidarietà tra colleghi, ex divinità degradate, genitori affettuosi eppure distanti, stupende giornate di primavera ed uggiose giornate di inizio Giugno (il periodo probabilmente peggiore in Giappone, assieme all’intollerabile Agosto). Con una frase a mezza voce, questa tappetta occhialuta e piatta come una tavola, epitome di tutto quello che una protagonista manga non è mai stata (le persone malvage diranno “una protagonista dei manga che Cerutti legge”. Non date loro ascolto), dà ad ogni essere o evento la stessa importanza.
Dà ad ogni essere o evento la GIUSTA importanza.
E questo, appunto, rendeva ai miei occhi l’opera di Cool-kyo Shinja - già noto da queste parti per aver realizzato il manga di Le Divinità Idaten conoscono solo la pace raffinando il webmanga e imponendo di fatto il suo stile sull’anime - un prodotto con cui era difficile empatizzare.
Enter the anime.
Come al solito, in questi casi niente può “flippare l’interruttore” della percezione quanto un doppiaggio divertito e calzante come un guanto: quelle che erano delle “personalità ideali”, grazie al lavoro di un manipolo di Seiyu militanti prevalentemente nella fascia mediana (con apparentemente due imprevedibili eccezioni) diventano “personaggi” e lo spettatore non è più distratto dalla “distanza” e si concentra sull’essenza di questo anime.
E Miss Kobayashi’s Dragon Maid è in tutto e per tutto un anime “arcadico”. L’accettazione di Kobayashi non è più forzatura ma è armonia in un mondo parallelo estraneo al nostro quanto lo è la dimensione di sangue e lotte futilmente epiche da cui arrivano Tohru, Kanna e gli altri dragoni… anzi, forse arrivano dalla nostra dimensione, visto che sono tutti riferimento a nostri miti e leggende.
Certo, ci sono inconvenienti, ci sono capi incompetenti nella stessa misura in cui sono arroganti, ci sono leggi stupide e pregiudizi sui “diversi” (che siano visti come inferiori o superiori), ma sono tenuti a bada dall’impassibilità di Kobayashi, dalle tirate otaku sul significato filosofico profondo della “Via della Maid” (Mai-do?) e magari a volte da un piccolo dispetto, da una malizia nascosta con la magia.
Tutto viene “accettato”: una dragonessa che si innamora di una umana e accetta una relazione di amore forse non corrisposto e reciproca cura, una bambina perduta che trova una nuova famiglia in cui gli viene chiesto di essere una bambina, due maschi bambinoni monotematicamente ossessionati dai loro hobby che vivono insieme e fanno tutto insieme, una ragazzina acerba che si infatua per una compagna di scuola impossibilmente carina, un ragazzino con una eccessiva voglia di dimostrarsi adulto che viene “punito” attirando le attenzioni goffamente sensuali di una ex-divinità MILF, una sorella maggiore che vuole recitare la parte della “cameriera di famiglia” perché questa è la sua passione. E poi guardiane dell’ordine dedite, ma tanto incompetenti quanto dopotutto oneste, sterminatrici che non conoscono altro che la violenza perché nessuno gli ha fatto conoscere altro che la guerra, ossessionati di potere ed affamati di vendetta… tutti alla fine vengono “accettati” e nell’essere accettati - che, come molti anni prima insegnava già FullMetal Alchemist, non significa essere “perdonati” - trovano la loro “risoluzione”.
E poi come niente fosse ti mette parentesi di questo tipo.
In questo mondo a colori pastello, di bambine maliziose, milf perennemente castigate, rapporti omoerotici suggeriti e forse persino consumati - ma, come si dice: “fatevi anche un po’ i fatti vostri, guardoni!” - e persino offerte di cannibalismo consenziente (ok, è una running gag sul fatto che i dragoni hanno la coda rigenerante come le lucertole…ma non riesco a non pensare al significato arcaico della cosa), messo in scena con un tratto modestissimo eppure estremamente efficace (e che riesce a nascondere, facendolo sembrare “normale”, un investimento tecnico di gran livello senza praticamente “episodi budget”), si ricostruisce una ideale Arcadia: un tempo ed un luogo in cui l’innocenza estrema era estremamente maliziosa e sensuale pur senza mostrare null’altro che persone (beh, anche draghi e altri esseri inumani) che stanno bene e vivono in armonia i loro quotidiani conflitti risolvendoli con una carezza, un rimprovero, una schicchera, un bacetto.
Quanto ne avevo bisogno.




