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Le buste sorpresa non mentivano. Uno sguardo indiscreto all'universo cinematografico Marvel

Le buste sorpresa non mentivano. Uno sguardo indiscreto all'universo cinematografico Marvel

Quando ero piccolo, mia madre era solita comprarmi dal giornalaio le buste sorpresa. Ogni mercoledì e venerdì. I più vecchi, magari, ricordano queste autentiche sciagure delle edicole per i nostri genitori. Ricordo che le aprivo dilaniandole, sperando sempre in regali clamorosi, salvo poi ridimensionare del tutto ogni lecita aspettativa, non appena aprivo queste buste che puzzavano di petrolio e sogni infranti.
Spesso chiamate “Buste Sorpresona”, “BustoneMagigioco” o “Giocattolonia”, erano delle buste con disegni esteriori agghiaccianti, si andava da sventurate scie di stelle filanti a disgraziate rappresentazioni con clown spesso dalle fattezze estremamente inquietanti. A paragone, Pennywise è un mostro di simpatia e ha un physique du role invidiabile. 

L’orrore strisciante: il Clown di Bimbo Gioca.

Queste buste nascondevano comunque un contenuto succoso, per un bambino: giocattoli, fumetti, adesivi, poster, pennarelli (super tossici) magneti e spille, stampate così male che la testa di Gordian usciva dalla superficie delle medesima.  

Nelle buste sorpresa, c’erano perlopiù giocattoli e paccottiglia varia. I giocattoli erano spesso orridi agglomerati di plastica tossica e colorata… come dimenticare quel maledetto giochino a carica meccanica, in cui dovevi pescare i pesci tramite canne da pesca con magnete integrato? Quando si aveva fortuna, si poteva trovare qualche scarto di produzione della Mattel, come i mitici SecTaurus.

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Una volta sola mi capitò di trovare un SecTaurus (della Coleco!), ovviamente “loose”, cioè senza scatola. Bastò per farmi setacciare negozi per settimane. A quando lo speciale su Netflix?

Ma più spesso il contenuto era davvero deludente, per non dire schifoso. 

Anni dopo, quando scoprii che chi confezionava a queste fantomatiche buste sorpresa a livello nazionale, confezionava anche i mitici porno in VHS, confesso che ci rimasi di sale. Spesso le stesse aziende che (adesso si direbbe facevano packaging) condividevano anche lo stesso magazzino… ma del resto sono parecchio sottili, le analogie tra le VHS porno e i film Marvel, se ci pensate. Secondo Alejandro Jodorowsky per esempio, che non necessita di ulteriori presentazioni, si tratta di autentica pornografia cinematografica, che infesta il nostro amato cinema.

Ma si sa che il padre di El Topo ha il dente avvelenato, con questi film. Lo sappiamo. 

Ad ogni modo, fu proprio grazie alle buste sorpresa che conobbi lo sconfinato universo Marvel.
Ero piccolo ma ho ricordi piuttosto precisi in merito. Dentro queste buste, c’era sempre qualche fumetto Marvel. Se avevo fortuna, poteva capitarmi una bella raccolta di Editrice Corno, magari con Hulk, L’Uomo-Ragno, Iron man o il Dr. Strange. Se avevo sfortuna o, almeno, ciò che reputavo esserlo, mi toccava leggere delle pallosissime avventure di Rom il cavaliere spaziale o Nova (mi infastidiva il non veder mai le sue gambe)

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L’odiato Rom: The Spaceknight. Ma in realtà non era affatto male. Meritava, a suo modo. Il bello della serie stava nella missione del protagonista e nel suo cristallino modo di porsi attraverso ideali profondamente umani, circondato da un'aurea tragicamente innocente e poetica (molto simile a quella di Silver Surfer). Forse quello non mi piaceva, essendo piccolo e stupido (meno di adesso).

Per molto tempo, prima che venissero aperte le prime fumetterie sul mio territorio, gran parte dell’universo Marvel rimase piuttosto sconosciuta, per me. Era un puzzle indecifrabile, tra personaggi, poteri e costumi. Un autentico enigma. Quando riuscivo a leggere qualcosa o, meglio, a convincere mio padre a leggermelo, restavo sempre un po’ interdetto. Preferivo Goldrake e i Super Robot, e di gran lunga.
Forse, all’epoca, mi rendevo conto che non avevo una visione complessiva, ma solo parziale, smangiucchiata. 

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Meglio questo. Almeno In parte. Per me, non c’era quasi paragone. L’interesse era alimentato da album di figurine, giocattoli e ogni oggetto legato agli amati robottoni.

Per anni, rimasi convinto, ad esempio, che tutti questi personaggi non condividessero neppure lo stesso universo. Salvo poi scoprire che in realtà c’erano alcune valide eccezioni. Il mio avvicinamento all’universo supereroico, quindi, fu quantomeno singhiozzante, colmato solo molti anni dopo, ma sempre con scarso interesse da parte mia. Non so perché. Forse ero già abbonato a manga e anime. Non sono mai stato esattamente un fan del mondo Marvel, fino a quando, almeno, non lessi Ghost Rider. In quel punto, o forse dovrei dire a quel punto, l’universo Marvel “oscuro” implose dentro me. Scoprii Morbius, Blade, Gli spiriti della Vendetta, e tutto il resto. E mi piacque molto. Perché afferrai Ghost Rider proprio quando era rinato. Quando Marvel decise di farlo risorgere, io c’ero. E rimasi estasiato dagli inchiostri di Texeira, dalla cupezza della storia proposta, dalle scelte coraggiose.

Ricordo che lo leggevo su All American Comics, che ospitava le sue avventure macabre e splatter (almeno un pochino) Ghost Rider mi piaceva, ne parlerò prima o poi, perché è un personaggio molto sottovalutato, ebbe una fine ingloriosa, perché il mondo è fondamentalmente ingiusto.  

Prima che subisca il giusto cazziatone, torniamo all’argomento dell’articolo, altrimenti prevedo divagazioni pressoché irrefrenabili.

Naturalmente, come molti lettori e ascoltatori assidui di Outcast, sono uno dei tanti reduci di quella sequela oscena di film di merda, post Burton, dedicati al mondo dei supereroi: Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer, Catwoman, Hulk, Elektra, Daredevil, The Punisher: Zona di Guerra ma pure The Punisher dell’89, Man-Thing, X-Men - Conflitto finale, Ghost Rider (1 e 2) The Spawn 

Questi film non sono mai stati troppo fortunati. Per usare un blando eufemismo.

I due Batman di Tim Burton sono cult assoluti, insindacabili, ma il resto della cinematografia supereroica, dell’epoca e non, lo ricordo con estremo dolore e, peggio di questo, come un’assoluta perdita di tempo. Erano film quasi tutti penosi. Anche i film di Ghost Rider, particolarmente dolorosi per il sottoscritto. Non era il momento giusto? Forse. Il momento era quello giusto, ma nessun regista amava davvero quello che stava facendo, nessuno era un fan, nessuno teneva davvero a qualcosa o aveva il desiderio di realizzare un film che piacesse specialmente agli appassionati. Si percepiva una insensatezza di fondo assoluta, condita da interpretazioni penose. Chi li stava girando e interpretando non amava il prodotto. A parte Nicolas Cage che, pur amando Ghost Rider, è riuscito a devastare completamente il personaggio, distruggendo ogni idea alla base, con un “overacting” così esagerato e insopportabile da rovinare i due adattamenti. È interessante notare che le scene che funzionano in Ghost Rider sono proprio quelle d’azione, dannatamente adrenalinche e, tutto sommato, ben girate. Ho scritto “tutto sommato” perché ho visto e rivisto quelle due pellicole, nella speranza di riuscire a trovare qualcosa di decente.

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È un film immondo. Nonostante tutto, almeno c’è Dr. Doom. C’è anche Chris Evans. Ma vorremmo dimenticarlo. 2004 e 2007 furono anni di cocenti delusioni, per i fan degli F4, ma non temete, succederà ancora. Sono il peggior business comix-movie con cui armeggiare. Sarà colpa di Mr. Fantastic? Probabile.

Poi avvenne qualcosa, nell’insospettabile anno 2008.

Un film su Iron man venne programmato al cinema. Ricordo che stavo sorseggiando un Bacardi, nel mio bar favorito, l’unico che frequentavo e incrociai lo sguardo perplesso di chi era con me:

“Andiamo…? C’è la prima visone, la prendiamo?”

“… Sì, cioè Iron man?… (quello delle buste sorpresa… mi dicevo)”

“Eh?!? Cosa intendi?!?”

“Ah, boh… OK, andiamo… ”

Come avete intuito, avevo già perso ogni fiducia che potesse essere un film quantomeno decente.
Mi dovetti ricredere, e parecchio. Nonostante vedessi sempre quel fastidioso spettro post 11 settembre trapelare da ogni film americano: “Ehi, amico, se te la prendi con lui… te la prendi con tutti noi”, disse il pompiere a Doc Octopus prima di venire scofanato brutalmente da quest’ultimo e dalle sue braccia meccaniche (che poi meccaniche non sono). Un momento indefinito (per me piuttosto insopportabile) in cui i pompieri della Grande Mela erano star indiscusse di ogni film, anzi a loro erano dedicati sempre spezzoni, citazioni, aforismi. Insopportabile perché ciò che avevano mostrato durante la tragedia avvenuta al World Trade Center veniva dipinto come un atto di coraggio, quando in realtà era dovere. Il coraggio l’hanno dimostrato quando scelsero di diventare pompieri. Del resto, il cambio Vietnam - Afganistan di Iron Man fu provvidenziale, ma operato solo per fini motivazionali e quasi patriottici tout court. Basta vedere il periodo, del resto. Il film, comunque, mi piacque molto. 

Fu un momento in cui il mondo si fermò. Prima che iniziassero le speculazioni, le guerre, i complottismi vari ed eventuali, Marvel si schierò senza un filo di retorica o demagogia, prima di tutto attraverso i suoi fumetti, che improvvisamente sciolsero i ruoli di cattivi e buoni, quasi a voler dire, in extrema ratio, che fino ad adesso i nostri cattivi erano piuttosto cartonati. Sapevamo, del resto, che il mondo sarebbe cambiato, da quel maledetto 11 settembre.

Ad ogni modo, Iron Man mi sembrò un film che stava tessendo qualcosa di più sofisticato, rispetto al solito film al testosterone americano, tutto Ka-boom e Ka-Blaam. C’era lo S.H.I.E.L.D., il palladium (“Morte per Palladium morte dolorosa”, dannazione… escono dalle fottute pareti, le citazioni). C’era, prima di tutto, una trama interessante, dialoghi brillanti, una regia di qualcuno che mi interessava, lo stesso Favreau di Zathura - Un'avventura spaziale, film che, come Serenity, andrebbe rivalutato. E c’era pure Guillermo Navarro alla fotografia, quello di Hellboy.

Insomma, il film era parecchio gradevole anche dal punto di vista strettamente tecnico. Così, in macchina, mentre spiluccavo tra le informazioni su IMDB (all’epoca mi ci perdevo), mi stavo rincuorando, stavo pensando che, forse, non sarebbe stato una chiavica, o almeno non del tutto. Come tanti all’epoca, lo vidi al cinema e rimasi piuttosto soddisfatto. Mi confrontai presto con chi aveva avuto la mia stessa idea, dando una possibilità a questo film, in sala, credendoci. O pensando che peggio della carta di credito di Batman e dei Bat-pattini non poteva essere. 

Tra l’altro, con un supereroe che non mi aveva mai fatto impazzire: Iron Man.   

Non potevo immaginare che avevo assistito, all’inizio, volenti o nolenti, del celebrato, intoccabile, MCU.
L’universo cinematografico Marvel, che mi azzardo a definire uno dei fenomeni culturali e sociali del 21° secolo. Come la Bat-mania, per intenderci, con l’unica differenza che non c’è una star di musica pop che si è presa in carico questo momento cinematografico, che fior fiore di gufi e menagrami siglano come “prossimo alla conclusione”, mentre invece dura da anni e anni e sembra non avere cedimenti strutturali. Anzi, sembra procedere spedito. È una piaga del cinema, secondo molti, paragonabile a quella che si scatenò contro il gregge di Mosè; secondo altri, leggermente più oculati, è l’inizio di un processo lento e strutturato, definibile come una vera e propria serializzazione cinematografica, che certamente può non piacere. Ma questi film si rivolgono al famoso fanciullino dentro di noi. Non a quello con la barba e con la rata del mutuo da pagare, è sempre bene tenerlo a mente. Un universo, composto da pianeti (i film), satelliti (serie TV) e immense supernova (i comics) che tutti assieme edificano l’universo di questo fenomeno di massa destinato a non arrestarsi ma, anzi, a diventare quasi l’intrattenimento casalingo per eccellenza.

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Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow e Jon Favreau. Quest’ultimo, regista e attore, è una presenza fissa e costante del MCU, in veste di amico e sottoposto (autista) di Tony Stark. Vista la mole di blooper ed easter-egg, è chiaro che l’atmosfera durante le riprese di questi film è realmente magica, si vede e si percepisce un divertimento tangibile da parte degli attori, e non solo.

I film della Marvel non mi fanno impazzire ma mi piacciono.

Analizzando gli aspetti a monte di questo successo, oserei dire, interplanetario, che mi ha lentamente conquistato, non subito, ma dopo una serie di resistenze, mi sono spesso posto delle domande: “Perché mi piacciono, ‘sti film?”

È difficile rispondere con esattezza ma mi è stato possibile rintracciare, sommariamente, il successo dei film della Marvel, in poche ma sostanziali caratteristiche: il timing, l’homecoming, il casting e la visione. Lo so che ho nominato almeno due cose molto Marvel, ovvero Visone e Homecoming, ma non saprei come altro chiamarli.  

Il timing fu pressoché perfetto.

Iron Man venne sparato fuori quando il pubblico in generale era già stato abituato ai film di supereroi, come Blade, Spider-Man e gli ottimi X-Men e Batman Begins. Il terreno era già stato preparato, per così dire, il pubblico avrebbe accettato un film come Iron Man senza battere ciglio, come aveva accettato a suo tempo I fantastici quattro o Daredevil, per certi versi.

Iron man venne infilato, con una certa titubanza, in un momento che non si dimostrò semplicemente indovinato ma risultò pressoché perfetto. Con l’aggiunta degli effetti speciali che ormai potevano offrire qualunque cosa, il momento era quello giusto. Sulle macerie di film terribili e bluff da sala, si aveva provato l’azzardo definitivo: calare la mano giusta. Il pubblico avrebbe seguito questa idea. Sulle prime poteva mostrare qualche lecito dubbio ma dopo i titoli di coda era stato conquistato.

Homecoming. 

Quello che io definisco lo "stile di casa" o “Ritorno a casa” del MCU. Ha aspetti plurimi e interessanti, questa considerazione. Per prima cosa, questa formula è talmente complessa, pur nella sua disarmante semplicità, da diventare qualcosa di persino impossibile da replicare. Sono film che fanno sentire a casa lo spettatore e sono talmente a loro agio con quello che vogliono raccontare, e come lo vogliono raccontare, che azzardano decise composizioni cinematografiche (ci arrivo dopo).

Si presume che un film di supereroi sia all’insegna solo delle botte e dell’azione più sfrenata, consegnando un piccolo profilo del protagonista, spesso esiguo, una linea del cattivo, qualche piccolo riempitivo. Marvel rimette in gioco tutto. Rischiando l’intera baracca. Ai registi e agli sceneggiatori viene lasciata un’ampia zona grigia su cui operare, possono raccontare quello che vogliono, i lati umani di questi super uomini e super donne, i dubbi su quello che stanno facendo, gli scontri duri per le scelte prese, le battute sessiste, certo, anche quelle. C’è spazio per tutto, nel MCU.

Come dimenticare poi alcuni momenti decisamente da telenovela, che sembravano usciti quasi dalle sceneggiature di How Met Your Mother o Friends?  

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Semplicemente, “la scena” di Avengers: Age of Ultron.

Lo spettatore impara a conoscere la famiglia allargata di Tony Stark, fin dal primo film, il gancio dopo i titoli di coda con Samuel L. Jackson, nei panni di Nick Fury, che suggeriva un universo ben più ampio, riusciva a spiegare che avevamo appena iniziato a sondare questo mondo incredibile. Era una boccata d'aria fresca, questo film. Volenti o nolenti, la sensazione era quella.

L’azione più spensierata veniva intercalata con lo stile comico ed irriverente di Iron Man, che da li in seguito diverrà cifra stilistica del personaggio. Il film mescolava sapientemente momenti di serietà con battute ed altri momenti leggeri, facendolo distinguere dagli altri film di supereroi dell'epoca. Iron man aveva uno stile suo e lo spettatore lo individuava quasi subito. Per la prima volta in un cinecomic faceva pensare allo spettatore “Ha fatto bene a fare così” - “Io avrei detto la stessa cosa” - “Bella pensata, Tony!” 

Le sottili barriere tra spettacolo e spettatore si erano assottigliate, fino a rendere le due cose quasi indistinguibili. Iron man era speciale. Per la prima volta, lo spettatore era stato messo davanti a uno spettacolo di super eroi più che semplicemente dignitoso: era davvero bello, aveva ritmo, narrazione, divertimento, grandi effetti speciali, personaggi ben costruiti, ergeva e reggeva le promesse. Era capitata la stessa cosa con X-Men di Singer e con Batman Begins, ma erano episodi isolati, dovuti quasi esclusivamente alle personalità cinematografiche che vi lavorarono e che accudirono queste pellicole sapientemente. Nolan, poi, specialmente. La trilogia di Nolan o anche Hellboy furono immersi in una monnezza di film sconsolante, ma erano film d’autore, prima che cinecomic, e questo li rendeva speciali.

E poi c’era un’altra cosa che mi colpì.

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Ti rendi conto che i film Marvel funzionano anche dai piccoli aspetti satellitari che li circondano. L’industria cinematografica giapponese, da sempre molto attenta al battage pubblicitario dei film, specialmente per quello che riguarda le locandine, che cambia per attirare meglio il pubblico locale. Eppure, raramente “ritocca” quelle dei film Marvel. Generalmente, sono considerate ottime composizioni fotografiche/artistiche.

I film di supereroi sopra citati cercavano spesso un approccio estetico oscuro e spigoloso, con un utilizzo piuttosto incerto di pelle nera e latex. Persino l'Uomo-Ragno era immerso nel cuoio nero, nel tanto odiato Spider-Man 3 di Sam Raimi. Quasi fosse prestabilito che Wolverine in nero fosse più serio che in giallo. Prendete qualunque film dell’epoca. Si aveva un timore reverenziale di mettere su pellicola gli eroi dei comic, nei confronti del pubblico c’era una sorta di reticenza a farlo. Mostrare un costume eccessivamente somigliante alla controparte cartacea era associato a rendere inequivocabilmente ridicolo il film. Mai errore più grossolano di questo. Se c’è una cosa che il fan della Marvel, ma più in generale, il fan dei supereroi vuole vedere, sono i costumi originali sullo schermo, non rivisitazioni dark per sembrare più appetibili al pubblico (si sa, il nero snellisce e sembra più confortevole). Iron Man, al contrario, aveva un eroe dai colori vivaci (argento, rosso ed oro) e inoltre, a dispetto dell'angoscia che lo attanagliava (praticamente una morte ad orologeria innestata direttamente nel petto), non sembrava sinceramente contento di essere un supereroe. Questo lo avvicinava moltissimo agli spettatori. Nonostante il conto di Stark avesse molti più zero del loro, Stark era, alla fin fine, un uomo fragile dentro una corazza. Nient’altro. Qualcuno definì la figura inventata da Stan Lee nient’altro che una rappresentazione di un cavaliere di epoca medioevale, opportunamente attualizzato. Penso sia vero. C’è qualcosa di estremamente epico, nella figura di Iron Man, che sfugge alla maggior parte delle persone, ma non ai fan dell’Iron Knight .

Lo stile.

Lo stile della casa Marvel è stato deriso, a volte giustamente, spesso definito come formidabile e al contempo blando - anche se sembrano aver imparato la lezione, film dopo film, bilanciando e dando spesso ai loro registi libertà creativa - ma hanno sempre mantenuto una coerenza generale e ciò ha portato indubbi vantaggi a tutta la loro produzione. Anche se un film Marvel non è mai eccezionale, anche se molti aspetti, narrativamente, stridono o magari proprio non funzionano, c'è sempre una cosa che puoi garantire per quasi tutte le pellicole e per ogni spettatore: sarà divertente. Sarà guardabile. Forse non particolarmente memorabile ma, senza alcun dubbio, un modo estremamente piacevole per trascorrere un pomeriggio o una sera al cinema. E questo è il genere di cose che attira gli spettatori, in particolare le famiglie e i frequentatori di film occasionali, con un meccanismo simile a quello di un orologio perfettamente calibrato e sincronizzato. Ciò ha aiutato a trasformare, in poche parole, l’MCU in una sorta di licenza per stampare denaro a ritmo pressoché infinito e afferrare davvero la coscienza pubblica degli spettatori, in modo significativo. Questi film sono l’intrattenimento per le famiglie. 

Un fenomeno interessante, almeno antropologicamente, sono i video reaction. Per alcuni sociologi, i video reaction sono un preoccupante fenomeno in aumento, che dimostra una sconsolante dimensione di solitudine che si cerca di esteriorizzare (di base, qualunque essere umano è capace di mostrare stupore, rabbia, noia o entusiasmo), quindi si è unito l’utile (la facilità di produrli) con la semplicità del messaggio emozionale che trasportano. Questi video sono esponenzialmente cresciuti negli ultimi anni, arrivando a mostrare anche intere famiglie, nonni compresi. Segno che questi film, quantomeno, sono largamente condivisi e amati, da interi nuclei familiari.

In terzo luogo, concorse il casting. 

Se c'è una cosa che nemmeno i critici più accaniti dell'MCU possono negare, o su cui non possono che essere d’accordo, è che gli attori scelti per quei ruoli, tutti, nessuno escluso, sono le persone giuste. Nessuno è più adatto di loro per interpretare quel ruolo. Il reparto casting della Marvel ha un tocco realmente magico. E non sono banali, anzi: spesso fanno scelte inaspettate, spesso giocano d'azzardo o vedono qualcosa che sfugge a tutti gli altri. Ogni attore dell’universo Marvel non è semplicemente ispirato in quel ruolo, è appartenente a quel ruolo, fin dal principio. Tutti, per esempio, si dimenticano che Robert Downey Jr. era una scelta rischiosa per Iron Man - per mesi, Variety e Hollywood Reporter rumoreggiavano su scelte più convenzionali, come per esempio l’onnipresente Tom Cruise, definito più adatto per un ruolo simile (brrr… ). 

Una star di film d’azione standard e pulita, bel faccino, vita morigerata, una setta miliardaria alla spalle. 

RDJ, al contrario, era innegabilmente un talento attoriale fenomenale, ma aveva problemi di abuso di sostanze (ben documentati) e all’epoca tale scelta fu considerata abbastanza azzardata, per il protagonista del film. I tempi di Iron Man. Invece, si è rivelata una fra le fusioni più strette tra personaggio ed attore da quando nacquero questi cinecomic. RDJ si confrontò con il personaggio di Stan Lee, offrendo un'esibizione superba, dipingendo a suon di faccette e smorfie un uomo arrogante, imperfetto ma straordinariamente simpatico, che stava cercando sinceramente di cambiare il mondo per il meglio, con tutti i suoi innegabili difetti. Eccentrico. Smemorato, egocentrico, fragile, pieno di sé, ma dopotutto umano. 

È un altro centro. Come Christian Bale, che semplicemente è Batman. Così RDJ è Iron Man. L’intero film si appoggia sulla sua prestazione attoriale, ma anche il resto del cast spicca, riuscendo a integrarsi bene.
I film Marvel, inoltre, sono film coraggiosi, che nella diversità hanno trovato una chiave di lettura nuova, qualcosa che si è allacciato al pubblico, rischiando coraggiosamente. Come non citare Scott Lang, divorziato, o Black Panther. All'inizio di questo percorso supereroico, per così dire, c’era meno diversità, quelli sullo schermo non erano veri e propri attori ma più ragazzi di rappresentanza di Hollywood, spesso alti, biondi e bianchi. L’MCU ha rettificato anche questa impostazione, offrendo casting vari come l’intera umanità può offrire. Afroamericani, asiatici, europei, russi e altro.

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Semplicemente terribile. Tom Cruise rilasciò un’intervista, durante la pre-produzione del film, in cui affermò che non avrebbe avuto i baffi di Tony Stark. Forse bastò questa ingerenza eccessiva per realizzare che Tom non era la persona giusta. Grazie al cielo, la scelta fu oculata.

Il quarto punto dell’MCU è la visione.

Non Visione.  

Una visione d’insieme grandiosa. L'MCU è guidato dalla visione di Kevin Feige, che lo ha creato e l'ha accuratamente ideato fin dall'inizio, fondendo l'amore di un fan con il pragmatismo di un produttore cinematografico esperto, che conosce ogni più piccolo meccanismo dell’industria. Feige è un produttore poco conosciuto, il suo nome non fa suonare alcun campanello, ma è l’uomo dietro quasi tutti i film dei supereroi dai tempi di Blade, e forse si rese conto proprio con Blade II che questi film potevano funzionare su larga scala, proponendo vere e proprie saghe filmiche, non troppo lontane (concettualmente) dai genitori illustri, come i film di Ridely Scott, Steven Spielberg, George Lucas. Poteva funzionare, questa visione. 

Fu forse il film di Guillermo del Toro che aprì le porte di un metodo produttivo a Feige? Chi può dirlo, Feige sapeva come funzionavano - e sapeva come farli funzionare, del resto. L'MCU è, in fin dei conti, il suo bambino, una sua creazione, e ciò divenne ancora più evidente dopo che l'odioso Ike Perlmutter venne spostato dalla divisione MCU ad altre. Feige ebbe la pazienza, a differenza di quanto visto con l’universo cinematografico DC, di mettere pazientemente a posto tutti i pezzi del puzzle e di controllare attentamente ogni diramazione narrativa intrapresa. Ancora più importante, controllò che i pezzi del suddetto puzzle ci fossero tutti, prima di accingersi a raccontare qualcosa. Convinse, per esempio, gli associati della major che il film su Dr. Strange andava prodotto, anche se il personaggio non è esattamente un campione di popolarità, tra i lettori del mondo Marvel. Li convinse che era un tassello necessario. Aveva ragione, ancora una volta. La sua voce, con il tempo, divenne un’autentica autorità. Solo un pazzo, del resto, farebbe un film con un gruppo di supereroi senza presentarli singolarmente prima. Eh.
Feige operò scelte, scelte importanti, che con una certa lungimiranza si sono mostrate molto più che semplicemente corrette o azzeccate, erano perfette. Il MCU non è solo e unicamente una galassia presente sugli schermi cinematografici, è anche stato lanciato sugli schermi televisivi - prima con Agents of S.H.I.E.L.D. moderatamente un successo, poi con il fenomenale Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage, The Punisher, Defenders e anche Iron Fist, un passo falso ma con un inizio promettente (a me piaceva). 
Fumetti e cartoni animati sono stati anche ottimizzati per riflettere maggiormente i film, tramite un’enorme macchina produttiva. Fu un insieme di aspetti attentamente valutati. Dapprima Feige iniziò con i cosiddetti film solisti, come Iron Man, The Incredible Hulk, Capitan America e Thor, per poi portarli tutti insieme nel grande progetto corale, gli Avengers, i Vendicatori. Facendo nuovamente centro. Il fatto che ci sia stato fin dal principio un piano chiaro e preciso lo rende più di una semplice collezione di film.

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Kevin Feige, il mega presidente dei Marvel Studios, e una Leggenda.

Disney.

Sia che la amiate o la detestiate, alla casa di quel topastro maledetto va riconosciuto, e da tempo immemore, di riuscire a padroneggiare perfettamente le arti del franchising, rendendo i suoi personaggi, anche quelli di lunga data, freschi e sempre accessibili, specialmente alle nuove generazioni. Non è un caso, insomma, se si avvicinano le traballanti riproposizioni in salsa live action di grandi classici (Aladdin e Il re leone)

E cosa c’è di più di lunga data che eroi nati negli anni Sessanta? A margine di questo, Disney ha sempre dato quel tipo di riconoscimento, ovvero il suo marchio, riservandolo spesso ai vincitori. C’ha sempre visto lungo. E da quando hanno comprato nientemeno che la Marvel, creando una sorta di monopolio sulla/alla fantasia, hanno applicato quelle abilità tipiche per aggiungere i tocchi finali, per rendere il MCU il fenomeno apparentemente inarrestabile che è oggi.

In definitiva, non so perché questi film mi piacciono, caro lettore, e se mi hai seguito fino a qui, non so che altro dirti su questo abbozzo al MCU.

Concorrono così tante idee e così tante peculiarità che non saprei esattamente da che parte iniziare, per raccontare altri aspetti che ho volutamente tralasciato. Mi sono reso conto di una cosa, però. Senza che lo potessi arginare in qualche modo, o che me ne accorgessi in qualche modo, ho iniziato, a mia insaputa, a citare battute, momenti e interi dialoghi, adducendoli spesso all’intercalare classico, quando si parla di questi film, perché sono un cazzone avariato, alla fin fine, come voi.

Mi sono reso conto molto presto che a “Escono dalle Fottute pareti”, “Hasta la Vista” o “Il vecchio Jack dice, basta, adesso… ” sono stati aggiunti i mirabili “La terra è chiusa, oggi”, “Heil Hydra!” oppure il mitico “Possono distruggermi casa, possono togliermi i giocattoli, ma c'è una cosa non mi possono togliere, io sono Iron Man!” 

Come Il trono di spade, questa è autentica cultura pop, comunque la vogliate vedere.

E forse questo basta, in fin dei conti, no?

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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