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I mondi sommersi di Wonder Boy

I mondi sommersi di Wonder Boy

Se c’è una cosa che non amo particolarmente nei videogiochi, e che soprattutto ho notato negli anni parlando con molte altre persone, è il fatto che i livelli subacquei sono sempre i meno apprezzati dai giocatori, il più delle volte soprattutto per via di un’imprecisione nei movimenti o di poca fluidità (un ossimoro parlando di ambientazioni acquatiche) nel gameplay. Sono poche le saghe che mi hanno soddisfatto appieno in quell’ambito e quella che ho visto evolvere meglio è Wonder Boy.

Non ho intenzione di stare qui ad ammorbarvi con tutti i livelli acquatici di tutti i giochi usciti nella serie, mi limiterò solamente a quattro capitoli, quelli del “ciclo” di Monster World iniziato su cabinato, per poi spostarsi su Master System e infine su Mega Drive.

Siamo seri, a chi sono mai piaciuti i livelli acquatici di Super Mario Bros.?

MONSTER WORLD I (1987, ARCADE, SEGA SYSTEM 2)

Vorrei procedere in ordine cronologico iniziando con Wonder Boy in Monster Land. Il gioco non ha delle vere e proprie sessioni subacquee, nonostante siano presenti località costiere come Pororo Island e Baraboro. Può però succedere che qualche volta, in certi punti di determinati livelli, siano presenti delle aree subacquee raggiungibili gettandosi semplicemente in acqua.

La peculiarità di questo gioco consiste nel fatto di non essere il tipico arcade “drittone” come tanti presenti in quegli anni, ma sotto sotto si tratta di uno dei primi action-GDR con una side quest necessaria per poter terminare il gioco nella maniera più ottimale possibile. Infatti, uno degli snodi decisivi alla risoluzione di questa missione secondaria si trova proprio sul fondo di Pororo Island, nel Regno sottomarino dei pesci gatto, dove rientrando per due volte consecutive nel negozio che troveremo qui sotto ci verrà donato l'emblema dell’eroe proprio dal Grande Pesce Gatto (previo possesso dell’amuleto stella), fondamentale per poi ottenere uno tra i due oggetti bonus che ci aiuteranno nell’ultimo stage, ovvero per districarsi nel labirinto senza fine (scegliendo la campana) o renderci la boss fight finale decisamente più agevole (preferendogli il rubino).

Ecco, qui a mio avviso c’è la ragione per cui, nonostante siano pochissimi, i momenti marini di questo gioco non risultano mai banali, perché al loro interno può nascondersi un segreto enorme. Non faccio certo mistero che tutti questi segreti li ho scoperti grazie ad Andrea Babich e Fabio Bortolotti tramite il loro canale Kenobisboch, perché da possessore della discutibile conversione Master System non mi ero mai spinto al finale, ma grazie alle loro live mi hanno permesso di apprezzare qualcosa che ormai avevo lasciato perdere da anni.

Un negozio sul fondo del mare? Bussiamo immediatamente!

MONSTER WORLD II (1989, MASTER SYSTEM)

Il secondo titolo con cui voglio proseguire è uno dei giochi meno celebrati, nonostante idee di gamedesign rivoluzionarie per i tempi, soprattutto per quanto riguarda uno dei generi più in voga al momento: gli ormai inflazionati metroidvania (di cui io continuo ad esserne dipendente come un tossico col metadone al SERT). Ovviamente sto parlando di Wonder Boy III: The Dragon’s Trap, uno dei pionieri della categoria, soprattutto visto l’anno di pubblicazione, capace di concretizzare un gameplay che né CastlevaniaMetroid erano riusciti a rendere pienamente fruibile. Ne è stato fatto un remake qualche anno fa, ma la sua nomea non è mai arrivata al livello di quella delle serie di Nintendo e Konami.

Questo capitolo vedeva il nostro protagonista non ricevere semplici poteri, ma venire trasformato in versioni antropomorfe di vari animali, modificando di conseguenza il gameplay del gioco in base alla loro caratteristica principale. Potevi trasformarti in Uomo-Lucertola e sparare fiammate, in un Uomo-Topo capace di arrampicarsi su apposite superfici, in Uomo-Piranha potendo così nuotare, in Uomo-Leone dal possente fendente a mezzaluna e infine in Uomo-Falco potendo così volare; ogni trasformazione dava accesso a parti specifiche del mondo altrimenti non raggiungibili.

Ma voglio concentrarmi su una trasformazione in particolare, quella dell’Uomo-Piranha.

A differenza del capitolo precedente, i mondi sommersi di questa iterazione sono molto più definiti ed esplorabili, dando vita a sessioni subacquee degne di questo nome.

Stravaccato al sole al mare, ai piedi di una collina con uno dei più bei cieli azzurri di sempre, cosa chiedere di più?

Una volta sbloccata questa trasformazione, la nostra missione sarà ovviamente di esplorare la parte di mappa finora preclusa, quella di una via sottomarina prima irraggiungibile… Ma, colpo di scena, ci troveremo davanti a delle pietre indistruttibili. Come accederevi allora?

Da grande proto-metroidvania il gioco già ci aveva insegnato che l'esplorazione di tutti i luoghi fino a quel momento accessibili era la chiave per proseguire la nostra avventura, e questo ci porterà in una zona che nelle prime fasi del ci aveva decisamente castigato, quella del deserto orientale dove alla fine, dopo varie peripezie, troveremo l’oggetto per proseguire la nostra quest: la sciabola del tuono, capace di disintegrare i blocchi di pietra prima indistruttibili.

Tornati al mare e liberata la via, la nostra esplorazione sottomarina ci porterà all’interno di una nave, inabissatasi sottosopra, per poi affrontare il Drago-Pirata, che una volta sconfitto ci tramuterà in un essere dalle sembianze leonine.

Una nave pirata inabissata, impossibile non entrare in quella porta.

Fu un vero colpo di scena per me vedere che, una volta superato il boss, il nostro personaggio usciva dalla stiva in una parte ben specifica di quel mondo già precedentemente visitato, rivelando che ciò che sembrava una collina in riva al mare era invece la chiglia del vascello che emergendo dal terreno formava un promontorio dall’aspetto apparentemente solo accessorio. Al giorno d’oggi questo dettaglio fa sorridere, ma ai tempi vedere certe interconnessioni per me fu una rivelazione incredibile, facendomi pensare a chissà quanti altri segreti si celavano sugli sfondi del gioco.

Da qui la prospettiva è completamente differente!

MONSTER WORLD III (1991, MEGA DRIVE)

Adesso tocca a quello che a mio avviso rimane l’apice della saga, e sto parlando di Wonder Boy in Monster World, il primo episodio per Mega Drive. Questo capitolo non vedeva più Ryuichi Nishizawa al timone del progetto, ma la qualità generale non ne risentì affatto, portando ai giocatori la miglior versione possibile, sia tecnica che grafica. Come nel precedente titolo l’esplorazione è la caratteristica fondamentale, dove se prima le trasformazioni e i vari poteri permettevano al protagonista di muoversi nell’ambiente, qui saranno invece oggetti ed equipaggiamenti a darci la possibilità di sbloccare nuove vie.

Ma arriviamo al succo del discorso, ovvero gli oceani, perché qui non si parla più di semplici specchi d’acqua, ma di aree veramente complesse divise in labirinti. Questo gioco ci vedrà nuotare in due abissi, quello di Alsedo e quello di Poseidone. Per poter entrare in mare dovremmo prima trovare il tridente, senza il quale non sarà possibile immergersi, arma che ci verrà data solo dopo aver completato la quest nel tempio della giungla nei pressi di Lilypad (una villaggio ispirato palesemente alla Lilliput de I viaggi di Gulliver).

Una volta acquisito il tridente saremo in grado di esplorare le profondità dei mari precedentemente menzionati, e mentre il primo sarà un labirinto nel quale troveremo tesori e una parte di un’armatura che servirà più avanti nell’avventura, nel secondo ci sarà molta più carne al fuoco. Quest'ultimo sarà raggiungibile solamente tramite un pozzo presente nei sotterranei del castello di Purapril, dove al suo termine avremo finalmente accesso all'Oceano di Poseidone.

Un bungalow su un isola in mezzo al mare? Siamo in vacanza o in missione?

Il nostro compito qui sarà entrare nel tempio sommerso per recuperare l’oggetto che ci permetterà il prosieguo del nostro viaggio, ovvero gli Oasis Boots (questi li scrivo in inglese perché fa più figo), necessari per poter attraversare il deserto di Maugham, ma non sarà così semplice: per prima cosa il tempio non sarà visibile senza l’amuleto chiamato “La lacrima della sirena”; secondariamente, toccherà cercarlo, questo benedetto talismano. Per facilitarne il ritrovamento gli sviluppatori hanno deciso di dare una mano al giocatore, piazzando su un isolotto una capanna in cui vive una sirena che in cambio dell’ocarina (già) in nostro possesso ci darà un indizio per localizzare l’amuleto.

Parlare con lei sarà totalmente opzionale, se vorrete potrete tenervi l’ocarina, soprattutto ora che leggerete cosa vi dirà la nostra amica. Non che l’aiuto sia poi così diretto, visto che indicherà solamente di cercare tra degli alberi, fra i quali, tipico dei giochi di quell’epoca, premendo “su” comparirà una porta dal nulla che ci porterà in una zona altrimenti inaccessibile, davanti al forziere contenente l’agognato amuleto. Ecco, adesso potremo entrare nel tempio.

Poseidone, arrivo!

Una volta entrati e percorsi tutti i suoi corridoi affrontando tritoni, pesci giganti, piante marine e non morti ci troveremo faccia a faccia con il Dio dei mari, Poseidone in persona, il quale ci darà accesso agli stivali per i quali abbiamo intrapreso questa ricerca.

Ricordo ai tempi come tutta questa parte fosse la mia preferita del gioco anche per via delle musiche, laddove quando ci si trovava in superficie si veniva accompagnati da ritmi caraibici allegri e solari, per poi invece, una volta immersi, sentir partire quest’aria solenne, epica e sinfonica da brividi. Alla fine il chip audio del Mega Drive non delude mai e la sua potenza viene sfruttata alla grande da Shinichi Sakamoto. Oltretutto muovere il personaggio sott’acqua, insieme ai rumori che produceva, era la perfezione per me, altro che quegli incubi che mi trasmetteva Ecco the Dolphin con le sue colonne sonore inquietanti e il suo gameplay angosciante.

Non posso poi non menzionare una delle cose più bizzarre di questo gioco, la presenza di porte invisibili che permettono di teletrasportarsi in zone impossibili da raggiungere normalmente. Praticamente passavo i pomeriggi a premere “su” in ogni punto della mappa, sperando che spawnasse dal nulla una porta che mi desse accesso a posti mai raggiunti; i mari ne erano pieni e penso di essere ancora in grado di individuarle tutte.

Eccoci al cospetto del Re dei mari, non mi stancherò mai di questa scena.

MONSTER WORLD IV (1994, MEGA DRIVE)

Chiudo questo listone con Monster World IV, ma non mi ci soffermerò troppo a lungo anche perché qui di mari e spiagge non ce ne sono, ma è solamente presente una zona acquatica accessibile dopo aver percorso un sentiero lungo un ruscello. Raggiunto il termine della strada entreremo in uno dei più tipici templi dell’acqua, in cui dovremo superare parti labirintiche e puzzle. Tutto molto lineare e senza grossi picchi, una passeggiata rispetto ad altri templi affrontati su altre console, come quel maledetto Tempio dell’Acqua di The Legend of Zelda: Ocarina of Time; lineare un po’ come tutta l’avventura che rispetto al capitolo precedente ho sempre ritenuto un passo indietro, soprattutto nel gameplay.

In tutta onestà devo dire che a questo gioco non sono legato per nulla, vuoi forse perché lo provai molto tardi visto che in Europa al lancio non arrivò mai, vuoi perché, come detto prima, piuttosto che essere un’evoluzione del precedente capitolo lo ritenni un downgrade. Un merito però glielo posso e devo dare, cioè quello di essere stato d’ispirazione a una delle mie saghe “metroidvaniesche” preferite, quella di Shantae; non a caso la protagonista di questo gioco, Asha, ha un design che verrà molto imitato per la creazione della metà-genio.

Come nel più classico dei dungeon acquatici, sembrerà di ritrovarsi all’Aquafan di Riccione.

E qui giuro che la finisco, contento di aver potuto raccontare il perché considero le parti acquatiche di questa saga tra le migliori mai realizzate, prendendo in considerazione l'anno di pubblicazione. Ho cercato di scrivere qualcosa che non fosse ridondante visto quanto questa saga sia già stata trattata su questi lidi da gente ben più talentuosa del sottoscritto. Se non li avete mai giocati, recuperateveli, altrimenti un ripassino non fa mai male.

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