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Alisia Dragoon, la Madre dei draghi prima che arrivasse quell'altra | Racconti dall'ospizio

Alisia Dragoon, la Madre dei draghi prima che arrivasse quell'altra | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Mi sarebbe piaciuto moltissimo intitolare questo pezzo “Alisia di Rivombrosa”, ma non mi è riuscito di trovare il gancio giusto, come già ai tempi di Alita. Peccato. Tra l’altro, se vogliamo dirla tutta, di Alisia Dragoon, fino allo scorso aprile, ricordavo poco o niente. Sì, OK, sapevo che esisteva, e il nome mi evocava una qualche rivista di videogiochi letta vai a sapere quando e vai a sapere dove, ma insomma.

A riportarlo violentemente in auge nella mia testa, prima ancora che ne venisse annunciata la presenza nel Mega Drive Mini (e prima ancora che venisse annunciata la consolina stessaa), è stato il pomeriggio speso in giro per Akihabara nel tentativo di recuperarne una copia, su comanda di un amico fissato con le console SEGA. La ragione di tanto interesse, come ho finito per scoprire in seguito, dipendeva da alcune caratteristiche proprie dell’edizione giapponese che, nel caso vi interessi saperlo, mentre scrivo queste righe viene via su eBay per poco meno di mezzo palo, come si diceva negli anni Novanta.

This.

Ed è proprio da quel decennio - dal millenovecentonovantadue, per la precisione – che proviene Alisia Dragoon, platform/action/adventure/fantasy/eccetera sviluppato dallo studio giapponese Game Arts, fino a quel momento specializzato in action vari e Majong, ma che di lì a poco avrebbe partorito la serie Lunar.

La protagonista eponima, Alisia, nel gioco è chiamata a ripulire otto livelli da un assortimento di mostri e boss, avvantaggiandosi di un quartetto di pet dalle sembianze più o meno dragonesche, e di una scarica di energia il cui funzionamento contribuisce a dare il passo all’azione. Sì, perché al netto dei tempi di ricarica, i fulmini hanno questa insolita caratteristica di puntare in automatico al culo dei cattivi, sollevando il giocatore dal disturbo di mirare e permettendogli di concentrasi eventualmente sulle evoluzioni, su quel poco di esplorazione proposta dal level design e sulla gestione dei minion.

Tipo in quella serie là che piace tanto ai giovani.

Minion che, educatamente, passeggiano a fianco di Alisia senza bisogno di guinzaglio, e che all’evenienza possono esibire tutta una serie di azioni offensive e difensive e persino crepare, nel peggiore dei casi. Sarà nostra premura riportarli in vita attraverso appositi bonus, che vanno a sommarsi a quelli necessari per potenziare i fulmini, rifornire le barre energetiche e quant’altro. Questo leggero meccanismo di level up permette al gameplay di infilare il piede nella porta degli RPG senza, tuttavia, sbilanciarlo eccessivamente in quella direzione.

A sbilanciare il gioco nella direzione del collezionismo, invece, è probabilmente il nome Gainax tra i titoli di coda, dal momento che alcuni membri del mitologico studio hanno messo mano alla direzione artistica, al character design e persino al game design di Alisia Dragoon. Non si tratta della prima né tantomeno dell’unica incursione videoludica da parte dei creatori di Neon Genesis Evangelion, ma mi suggeriscono dalla regia che sia una delle migliori.

Concept art di alcuni nemici.

Oltre a quello dell’illustratore Hajime Satou, tra i nomi di coloro che hanno contribuito al gioco di Game Arts troviamo anche Yoshimi Kanda, già coinvolto nella lavorazione di anime come Le ali di Honneamise, Punta al Top! GunBuster e persino Nadia - Il mistero della pietra azzurra. A quanto pare, proprio a Kanda andrebbe il merito della componente soft-RPG introdotta nel gioco, nonché dell’ambientazione fantasy a sfavore di quella fantascientifica considerata inizialmente. In più, per quanto la storia di base sia stata fornita direttamente dallo studio di sviluppo, i membri di Gainax hanno provveduto ad arricchirla attraverso particolari e dettagli vari.

Da sinistra, Yoshimi Kanda e Hajime Satou.

Stiamo parlando di una storia breve e semplice, eh, ché Alisia Dragoon resta pur sempre un action, e veicolata principalmente da materiali extratestuali quali copertina e libriccino di istruzioni, come era in uso all’epoca. Ed è qui che, finalmente, arriviamo alle peculiarità dell’edizione nipponica, e alle differenze che la distinguono da quelle distribuite in Europa e negli Stati Uniti.

Dal manuale giapponese, veniamo a sapere che Alisia è la figlia di un potente stregone, responsabile di aver spedito nello spazio il crudele Baldour e, in ragione di questo, torturato a morte dai seguaci del tizio. Il compito della ragazza, oltre a quello di vendicare il padre, è di vedersela con il redivivo cattivone riavutosi dal suo esilio.

Ora, per quanto la backstory escogitata da Game Arts in concerto con Gainax sia liscia, universale e senza fronzoli, qualcuno deve aver pensato che non avrebbe funzionato in Occidente. Così, nelle edizioni americana e europea del gioco, Alisia è stata trasformata in una gladiatrice, e la rinascita di Baldour retrocessa a una “misteriosa stella d’argento piombata sulla terra”.

Ah, già che c’era, il tizio scettico di cui sopra ha deciso di cassare la deliziosa illustrazione presente sulla copertina originale a favore di questa qua sotto, incurante che, più di venticinque anni dopo, avrebbe fatto precipitare il valore dell’edizione su eBay. Pensa te!

Che finezza.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al Sega Mega Drive (Mini e non), che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

Sul serio, costa un decimo di quell’altra.

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