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Return of the Obra Dinn è semplicemente un capolavoro

Return of the Obra Dinn è semplicemente un capolavoro

Avete presente la scena, immancabile in una crime story, con l’investigatore che guarda una parete di compensato piena di foto, documenti, mappe, tutto collegato da dei fili colorati? È il tipico momento che precede la scoperta di una pista inaspettata, nuova, capace di mettere in discussione ogni convinzione maturata fino a quel punto. Ecco, Return of the Obra Dinn è l’equivalente di quel processo, ma nel mondo dei videogiochi, con forse il miglior sistema investigativo di sempre. Il merito è di uno dei game designer più geniali del nostro tempo, Lucas Pope, autore del celebre Papers, Please (2013) e di tanti piccoli giochi seminati nei vari Ludum Dare, recuperabili sul suo sito internet. Se di solito Lucas Pope preferisce darsi un intervallo di tempo abbastanza breve (circa un anno) per lavorare a un progetto, dedicandogli tutto se stesso, il caso di Return to Obra Dinn è particolare, perché lo sviluppo gli ha portato via ben quattro anni. Il motivo principale è che, per trovare la giusta forma per un enorme, immenso, rompicapo, Pope ha cercato di percorrere varie strade, prima di decidere che l’unico sistema possibile per scomporre un mistero in cinquantuno frammenti sarebbe stato quello di fornire al giocatore un libro.

Return of the Obra Dinn segue in maniera inequivocabile la visione di Pope e al suo interno convivono tutte le caratteristiche che hanno reso famoso il designer americano. Innanzitutto l’idea è piccola, precisa, meticolosa. Nei panni di un ispettore di una compagnia assicurativa, infatti, il giocatore deve indagare sugli accadimenti della Obra Dinn, un vascello mercantile britannico che nel 1802 ha fatto rotta verso l’Oriente, per poi sparire nel nulla e ricomparire cinque anni dopo nel porto di Falmouth, in Cornovaglia, senza traccia di vita alcuna. La richiesta della Compagnia delle Indie è chiara: ricostruire la sorte di ognuna delle cinquantuno persone a bordo, al fine di compilare un report per i vari, eventuali, risarcimenti. Già nel quadro generale dell’opera, emerge quindi la prima tematica estremamente cara a Lucas Pope, ovvero il concetto di elaborazione delle informazioni. Come è avvenuto già in Papers, Please, 6 Degrees of Sabotage e The Republia Times, al giocatore viene chiesto di elaborare informazioni incomplete, parziali, frammentate e produrre una ricostruzione della realtà plausibile.

Lucas Pope continua, dunque, a giocare con i vuoti, imbastendo un’impalcatura ludica estremamente versatile dal punto di vista degli strumenti ma lasciando comunque al giocatore il piacere di organizzare mentalmente tutti gli input ricevuti, scrivendo nella sua testa una propria versione della storia. Se al confine di Arstotzka ci veniva chiesto di ricostruire storie personali e motivazioni sulla base di una serie di osservazioni, sulla Obra Dinn bisogna partire dal particolare per arrivare all’universale, ricostruendo un affresco corale fatto di relazioni sviluppate su diversi gradi di (a)simmetria, che fanno necessariamente riflettere sulla natura del mondo e sugli equilibri che lo regolano. La restrizione di campo alla sola nave (e a pochi metri quadrati intorno a essa) restituisce un’idea chiarissima, ovvero che la Obra Dinn, come qualsiasi posto ristretto in cui le persone sono rinchiuse per mesi senza possibilità di uscire liberamente, è un ecosistema umano finito, con le sue regole, le sue tradizioni, le sue leggi, e, come tale, è una riproduzione in scala dell’umanità. Se, in questo senso, siamo sempre nell’ambito di un terreno consueto al lavoro di Pope, in realtà, gli altri aspetti di Return of the Obra Dinn ci fanno spostare in nuovi territori, incredibilmente affascinanti.

Se un’altra delle costanti dei giochi di Pope è l’urgenza, la fretta imposta da un agente esterno che forza la mano sui compromessi morali delle azioni del giocatore, lo sviluppo dell’etica sulla Obra Dinn è diverso. Non siamo dei giudici e, anzi, il nostro compito è quello di restituire una realtà plausibile e priva del nostro punto di vista. Per questo motivo, non c’è l’ansia del tempo, che viene dilatato a dismisura, soprattutto grazie agli elementi “sovrannaturali”, inseriti in un quadro altrimenti molto verosimile. In questo, lo sforzo del designer americano è stato al solito brillante e originale: a nostra disposizione per condurre le indagini abbiamo un libro, che magico non è ma che lo diventa per comodità, e un orologio che, invece, è speciale per davvero. I due strumenti sono allo stesso tempo sia elementi diegetici, sia una vera e propria interfaccia, in grado di fare da tramite col giocatore. Se la navigazione sulla Obra Dinn è gestita come in un normale gioco di esplorazione 3D in prima persona, l’interazione con gli indizi (per lo più oggetti e ciò che resta dei cadaveri) prevede l’utilizzo di questo orologio da taschino che permette di viaggiare del tempo.

Non si tratta di un viaggio sconsiderato, che dà la possibilità di cambiare il passato, ma di una sorta di finestra su alcuni accadimenti del viaggio della Obra Dinn. Nel momento in cui attiviamo l’orologio, infatti, siamo catapultati in un istante preciso (di solito quello che ha preceduto la morte del legittimo proprietario dell’oggetto… o dello scheletro), che si mostra come uno splendido diorama tridimensionale, all’interno del quale continuare la ricerca e scoprire, eventualmente, la posizione di altri indizi. L’unica eccezione a un quadro altresì statico è fornita da un audio ambientale fatto di stralci di conversazione, rumori, impronte acustiche che arricchiscono la descrizione del momento. Il fascino dei diorama è amplificato dallo stile grafico utilizzato, chiamato da Pope 1-bit, ispirato al dithering monocromatico dei vecchi computer (di base, la palette scelta è quella dei Macintosh, ma volendo si può cambiare), che, unito alla tridimensionalità del tutto, trasforma ogni scena in piccole opere d’arte esplorabili.

Lo stile grafico non è solo una scelta stilistica ispirata e un’intelligente modo di ridurre la complessità della rappresentazione di un ambiente realistico, ma ha permesso anche al one-man-dev di concentrarsi su una rappresentazione dei dettagli vivida e spettacolare. La traiettoria dei colpi di pistola, i segni distintivi di ogni personaggio ma anche i volti disegnati (fra l’altro con il tratto di un passeggero di bordo) in maniera tale da esaltare tratti somatici e peculiarità sono tutti tocchi di classe funzionali all’individuazione delle informazioni. Annotazioni, queste, che in larga parte finiscono automaticamente nel libro di cui sopra, che diventa il registro degli indizi e cerca di fare ordine sugli avvenimenti, disponendoli in un’ideale timeline. A corollario, nel libro ci sono due illustrazioni, un glossario, la mappa della rotta della Obra Dinn e una serie di tool per annotare e viaggiare rapidamente tra gli indizi. Non è possibile scrivere note personali e ipotizzare collegamenti, quindi, per tutto il resto, potreste aver bisogno di un taccuino (un po’ come accadeva con Her Story) o di un sistema per ricordarvi alcuni dettagli aggiuntivi, soprattutto se non pianificate di giocare l’intera avventura in pochi giorni per mantenere i ricordi freschi. 

Il libro costituisce anche il mezzo con cui ipotizzare le diverse sorti: per ognuno dei personaggi, infatti, bisogna stabilire identità, destino (sopravvivenza o morte, identificandone la causa nel dettaglio) ed eventuale colpevole. Il tutto scegliendo tra una rosa nutrita di alternative. Il libro e l’orologio, dunque, sono le pietre angolari su cui si regge l’intero sistema, e stabiliscono regole e chiave interpretativa della vicenda. Si muovono, però, solo sul piano formale e strutturale, lasciando al giocatore il compito di riempire il resto del vuoto. È per questo motivo che Return of the Obra Dinn è il miglior gioco investigativo di sempre: a differenza di altri sistemi, magari anche funzionanti (mi viene da pensare a Sherlock Holmes - La figlia del diavolo, o anche The Council), lascia totalmente libero il giocatore dalla cornice narrativa. L’assenza dell’impellenza e la possibilità di sbagliare senza problemi (l’unico aiuto/sistema di conferma previsto dal gioco è il comunicarci quando azzecchiamo tre sorti) evita di ridurre l’indagine a una caccia al tesoro in cui si compie una serie di step previsti a monte, dove anche l’errore fa, in un certo senso, parte di un generale processo di trial and error. Nulla vieta di andare a tentoni anche in Obra Dinn, ma si tratta di una strategia poco funzionale e quasi per nulla remunerativa, tranne che nelle deduzioni finali, quando si va per esclusione e si può anche azzardare. Per risolvere il caso, invece, ci si aggrappa ai dettagli meravigliosamente rappresentati, agli accenti dei marinai, alla loro provenienza e alle loro abitudini.

Nel corso della mia avventura, la mia strategia è stata quella di studiare la popolazione della nave e cercare, prima di tutto, di identificare i ruoli di ogni volto, per piazzarli in una scala gerarchia fatta di ruoli, nazioni ed eventuali parentele. Si tratta di un modo di affrontare la cosa che si allontana dalla ricostruzione narrativa (ho usato pochissimo le mappe, per esempio) e va in direzione antropologica, per cercare una geografia umana. Immagino fosse possibile partire anche dalla ricostruzione temporale, perché comunque ogni elemento grafico della messa in scena è un dettaglio utile. Non c’è nulla di posizionato in maniera casuale e come tale, ogni indizio diventa significativo solo se messo in relazione con qualcos’altro. In questo senso, ben presto è come se il mondo di gioco si trasformasse in un immenso Sudoku multimediale da compilare o ancora, più precisamente,  in un sistema linguistico assolutamente autosufficiente, dove ogni elemento visibile o udibile svolge un ruolo di fonema e al giocatore sia richiesta un’opera di comprensione/traduzione. Musiche, immagini, parole e oggetti diventano presto icone, simboli e indici con gradi diversi di arbitrarietà che, una volta messi insieme, si trasformano in un testo frammentato ma incredibilmente solido. Per questo motivo, c’è da fare un grande plauso all’adattamento linguistico in italiano, tra l’altro praticamente made in Outcast (salutiamo Alain, Fabio e tutti gli amici a casa).

La voracità con cui Return of the Obra Dinn conquista la totalità dei pensieri del giocatore è impressionante e ben presto il distacco richiesto all’ispettore assicurativo vacilla, perché è impossibile non empatizzare con la ciurma più sfortunata nella storia dei Sette Mari. Eppure, la necessità di scavare nella vita (e nella morte) delle persone crea una tensione che cresce sempre di più, fino a farci sorprendere degli accadimenti, mettendo in dubbio più volte il ruolo dei singoli personaggi. Difficile alla fine stabilire i buoni e i cattivi, molto più facile, invece, affezionarsi a uno piuttosto che un altro, provare a comprenderne le motivazioni e sperare, più o meno segretamente, che siano sfuggiti agli incredibili e tragici, avvenimenti. Alla fine dell’ispezione, in realtà, non si hanno chiari esattamente tutti gli eventi e, anzi, l’ultimo capitolo del libro viene offerto al giocatore solo dopo aver completato gli altri sette e aver restituito il tomo al legittimo proprietario. Il punto è che tutto sommato neanche serve ricostruire esattamente la storia della Obra Dinn, perché le cinquantuno sorti degli altrettanti sventurati ci restano sotto pelle e la soddisfazione di risolvere l’intero mistero è quasi pari alla malinconia che si prova nel registrare l’ennesima morte. Return of the Obra Dinn ha la capacità di farci sentire intelligenti e profondamente stupidi, di esaltarci e sorprendere, ma alla fine di tutto non fa altro che ricordarci che siamo soltanto umani mossi da sentimenti e legami profondi, anche davanti alle situazioni più folli e inaspettate, e che l’unica cosa che resta, in fondo, è il ricordo di quello che facciamo sulla terra.

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Ho giocato a Return of the Obra Dinn acquistandolo su Steam e rifiutando il codice gentilmente offertomi da giopep (e fornito dallo sviluppatore) perché sì. Ho completato l’avventura in una decina di ore abbondante, guardando entrambi i finali disponibili e risolvendo in maniera corretta tutte le sorti. Return of the Obra Dinn è disponibile solo tramite download su PC.

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