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Kabukichō mon amour, ovvero dove mangiare sushi reale in quartieri virtuali

Kabukichō mon amour, ovvero dove mangiare sushi reale in quartieri virtuali

Che soldi benedetti, quelli che ho speso per andare in Giappone. Se non altro mi hanno permesso di iniziare una buona metà dei pezzi che scrivo con: “La prima volta che sono stato in Giappone. Che grande salvata. E comunque, la prima volta che sono stato in Giappone conoscevo già il quartiere a luci rosse di Tokyo, Kabukichō. Avete tutto il diritto di pensare “Che zozzone questo Di Felice, di tutti i quartieri della metropoli giapponese, indovina un po’ quale ti impara a memoria prima di andarci”. Eh no, cari i miei maliziosetti, io lo conoscevo per bene non perché avevo organizzato un delizioso tour dei locali più scabrosi (anche perché c’era la mia Ilaria con me, e sai le botte in faccia), ma perché i tizi di Ryu Ga Gotoku, meglio noto in occidente come Yakuza, c’hanno la mania di Kabukichō e me l’hanno fatto attraversare non per uno, non per due, non per tre ma per ben otto capitoli, spin-off compresi. Il nome del quartiere hanno avuto la grazia di camuffarlo (manco così bene, hanno optato per “Kamurocho”) ma la topografia è quella: c’è un enorme Don Quijote all’ingresso della strada, una serie di ristorantini italiani tutti in fila, qualche negozio da sporcaccioni dove i gaijin non sono visti di buon occhio, conbini sparsi qua e là e la torre del cinema Toho sullo sfondo. Nella vera Kabukichō se alzate lo sguardo vedrete un’enorme testa di Godzilla che ogni tanto sputa fumo e fiamme. Sì, davvero. In Yakuza il lucertolone non c’è e al suo posto troviamo la Millennium Tower, dove si consumano tutti i giochi di potere orditi dalle losche personalità criminali giapponesi.

Ma il livello di mania nella riproduzione del quartiere non si ferma qui: nel gioco, davanti alla Millennium Tower, c’è un ristorante di sushi, Sushi Zanmai. Nella realtà non si trova proprio lì (sta dietro la stazione di Shinjuku, comunque a due passi) però al di là dell’ubicazione il resto è identico. Dalla disposizione dei tavoli all’interno fino al menù che è possibile ordinare: stessi set di sashimi, stesso prezzo. Mancano solo i cuochi che ti urlano Irasshaimase! (benvenuto) quando entri. Continuate lungo il marciapiede della Millennium Tower e arriverete a una grande piazza dove troneggia un’enorme sala giochi. C’è anche quella nella vera Kabukicho. E se entrate nel Donki di Yakuza sentirete la stessa nenia spaccatimpani che vi entra nelle orecchie trascinando i piedi tra gli infiniti scaffali del vero mall. In due parole: quando Ilaria mi vedeva fare da cicerone nel vero quartiere di Kabukicho, quello dei zozzoni per eccellenza, un po’ s’è preoccupata.

La zona a luci rosse non è l’unica a essersi ritagliata un posto nell’immaginario collettivo dei videogiocatori. Negli anni, Tokyo è diventata una mappa ben delineata nella nostra mente grazie a decine e decine di titoli che ti permettono di scorrazzare all’interno di quartieri virtuali più o meno fedeli alla controparte reale. Scomodiamo pure il mio amato Persona 5, dove ci si sposta da Shinjuku a Shibuya, ci si dà appuntamento alla statua del cane Hachiko, ci si fa un’infarinatura dei contorti tunnel metropolitani della capitale giapponese, si visita Odaiba e il suo luna park, Harajuku e Takeshita Dori, la strada della moda. Pensate al nuovo Ghostwire: Tokyo che con quella grafica fotorealistica e la Tokyo Tower sullo sfondo è diventato un must have per la fame di turismo virtuale del sottoscritto. E ovviamente non vi cito le migliaia di anime e manga (Ilaria ha riconosciuto immediatamente lo Starbucks di Shibuya che si vede in Your Name) che hanno raccontato questa città, che l’hanno definita, l’hanno impressa nella mente e nel cuore della gente. Tutte queste trasformazioni l’hanno resa un ideale romantico.

Potremmo fare lo stesso discorso per le città americane, ovviamente, basti vedere il lavoro immenso che fa ogni volta Rockstar nel re-immaginare le metropoli USA, ma i giapponesi hanno una capacità speciale, ovvero prendere dal reale per rielaborare in chiave fantastica. In questo modo la metro di Tokyo diventa un dungeon generato dal subconscio collettivo delle migliaia di persone che l’attraversano ogni giorno in Persona 5, l’incrocio di Shibuya fa da sfondo all’universo di The World Ends With You, il grattacielo Shibuya 109 svetta nel finale segreto di Kingdom Hearts 3 e il quartiere chic di Ginza diventa campo di battaglia in Sakura Wars. Tutti questi mondi sospesi tra realtà e finzione trasformano la città in protagonista del racconto. Un luogo mitico come la Itaca di Odisseo.

Ora vi dico il mio sogno: non sarebbe fichissimo se riuscissimo a raccontare così anche l’Italia? Il Giappone ormai è nel nostro cuore ma io sono convinto che anche il nostro Paese può dire tantissimo da questo punto di vista. Abbiamo un’immensa tradizione di storie, leggende popolari, scenari adatti a ogni cornice dall’horror all’azione. Vi ricordate la Monteriggioni di Assassin’s Creed 2? Quella volta è stato un successo, tant’è che se oggi andate a visitare la vera Monteriggioni (bellissima, tra l’altro) trovate perfino un negozio di souvenir a tema Assassin’s CreedBlack Flag, ok, e non ho capito il perché, ma questo è un altro discorso.

Mi piacerebbe che anche i nostri luoghi fossero infestati o trasformati in dungeon pericolosissimi. Voglio vedere il Luneur di Roma al posto del lunapark fatiscente di Silent Hill 3. Voglio vedere la casa al mare a Otranto posseduta dagli spiriti dei fantasmi pugliesi. Il prossimo Dark Souls ambientato nel duomo di Milano. Vorrei avessimo la forza di infilare nelle opere di fantasia gli spazi della nostra quotidianità con la stessa capacità immaginifica dei giapponesi, costruendoci una mitologia attorno. E infine, voglio andare a mangiare una bella amatriciana virtuale alla Trattoria della Sora Lella ricreata in 4k con l’oste che mi dice: “ao’, mettete a sede, che voi da magna’?”. Visto che per ora non posso più farlo nel mondo reale, né sushi a Tokyo né amatriciana a due passi da casa, almeno fateme sogna’.

Questo articolo fa parte della Cover Story “Turisti per caso”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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Turisti per caso | Cover Story

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