Outcazzari

Fatemi entrare

Fatemi entrare

Mi sto rendendo conto che un mio problema grosso coi videogiochi da dieci, venti, trenta, quaranta ore sta nelle prime tre o quattro ore. Quella parte in cui si sentono in dovere di introdurti morbidamente a tutto quello che hanno da offrirti, per non seppellirti a valanga con un eccesso di informazioni ingestibile, e quindi ti ROMPI I COGLIONI SENZA FRENI E SENZA TREGUA FINENDO SULL'ORLO DEL COMA mentre vieni trascinato da una cutscene INSOPPORTABILMENTE NOIOSA all'altra e ti suggeriscono solo per brevi tratti quanto ci sarà di bello poi. Era una fra le critiche più insistenti che all’epoca vennero rivolte ad Assassin’s Creed III, col senno di poi considerato ancora oggi fra i punti più bassi della serie, ma non sono convinto che la situazione sia necessariamente migliorata negli episodi successivi. È migliorata? Non lo so, io ho giocato solo al primo e lì non ricordo di aver patito particolarmente l’avvio, anche se mi ha fatto abbastanza ridere che il tizio all’uscita della fortezza abbia continuato a chiedermi se volevo allenarmi ogni volta che ne uscivo, fino praticamente a due minuti prima dell’ultima missione. In generale, però, è una cosa che sto notando in diversi giochi AAA degli ultimi anni, soprattutto quelli che, immagino per motivi di target o di forma mentis degli sviluppatori, vogliono essere molto classici e inquadrati a livello strutturale, lasciando le variazioni e le bizzarrie allo sviluppo più avanzato della faccenda. Mi è successo di recente con Psychonauts 2, che ho amato molto, ma durante le cui prime tre ore, quando appunto mi faceva rimbalzare come una pallina ubriaca fra una cutscene e l'altra, mi sono letteralmente (non è un'esagerazione) addormentato mentre giocavo e ho seriamente temuto che non facesse per me. Ho avuto dei chiari flashback che mi hanno riportato ai bei (?) tempi in cui giocavo a Mass Effect (e prima ancora a Knights of the Old Republic) la sera tardi e, durante quelle lunghe sessioni in cui ti ritrovi a passeggiare avanti e indietro per il mondo di gioco alla ricerca di personaggi con cui intrattenere conversazioni, mi coglieva l’abbiocco prepotente. E improvvisamente mi svegliavo con il mio personaggio che correva piantato contro il muro. Di nuovo, non è un’esagerazione, mi succedeva davvero. E mi è successo con Psychonauts 2, nella parte in cui bisogna trottare da un lato all’altro della base rimbalzando fra una cutscene e l’altra relative all’innesco della parte di racconto legata a Ford. Due palle come una casa. Non ce la posso fare. Ma siamo sicuri che questo gioco faccia per me? Dai, insisto in nome di quelle due o tre sezioni che già in avvio mi sono piaciute tanto. E per fortuna poi la situazione si scioglie, il gioco ingrana ed è un viaggio delizioso fino alla fine (schivando tra l’altro alcune scelte che il primo episodio compiva nella parte finale e che mi avevano davvero infastidito).

Poi, a gennaio, ho deciso di mettermi su Red Dead Redemption 2 e siamo da capo. La parte in montagna, fra le nevi, da un lato è deliziosa, ha un’atmosfera fuori di testa, ti fa sentire davvero infreddolito ed è sicuramente molto ben strutturata nello spiegarti con calma e precisione la struttura di gioco, le regole, le meccaniche, il funzionamento di tutta una serie di componenti che torneranno utili nelle venti, quaranta, centosessanta ore successive. In più, è chiaramente pensata per farti provare in versione breve, asciutta, “for dummies”, un po’ tutto il pacchetto western base da villaggio vacanze, fra rapina al treno, assalto all’accampamento, sparatorie, risse, tentati stupri, caccia al daino, carovana in viaggio, esplorazione dei monti, incontro con l’orso, arrivo nelle grandi lande. Funziona, fa quel che deve. Ed è UNA PALLA INFINITA. Sei lì che vuoi goderti la promessa del mondo aperto western da esplorare in lungo e in largo e devi passare (almeno) due o tre ore seguendo un percorso tracciato dritto nel bel mezzo di ‘ste scorreggine che hanno proprio il sapore della versione annacquata e leggibile per chiunque di ciò che verrà poi. Poi il gioco si apre e, certo, non è che smetta di essere super lineare e costretto se vuoi seguire la quest principale, ma diventa proprio una cosa diversa. E io mi chiedo perché mi sia stato chiesto ancora una volta di sucarmi tutto quel tempo di smarronamento, durante il quale tutto ciò che ho ottenuto di davvero utile per me è stato un elenco di comandi.

Poi ripenso all’avvio di Deathloop e alla velocità con cui ti scaraventa nel bel mezzo dell’azione, certo anche lui prendendosi in realtà una parte iniziale in cui ti costringe nel corridoio del tutorial, ma sbrigandosela troppo più in fretta, con troppo più agio, ritmo e voglia di divertirti. Certo, il rovescio della medaglia è che sulle prime ti dà l'impressione di scaricarti addosso TROPPA roba e non stare dandoti il tempo di capirci una fava, ma in realtà ti guida anche lui, solo con un approccio diverso. Ma d’altro canto, Deathloop è chiaramente un gioco con ambizioni di durata (e di vendite) molto più basse rispetto a Read Dead Redemption 2, quindi è anche normale che sia più snello, in proporzione, nell’introdurti al gioco (e meno ansioso di risultare immediatamente leggibile anche da mio suocero). E infatti, forse, la risposta è come sempre dentro di me. La verità è che io posso divertirmi con Red Dead Redemption 2, posso amarlo alla follia, può fare per me, ma dall’alto dei miei quarant’anni abbondanti e del mio aver giocato a ennemila giochi, consumato ennemila storie, non sono il target di una megaproduzione da centinaia di milioni di dollari, che mira ad acchiappare un po’ tutti ma soprattutto gente che ha svariati anni meno di me. Quindi, insomma, di che mi lamento? Sono un intruso, a posto così. E infatti non dico che non dovrebbero fare 'sta roba, perché probabilmente fa parte di quelle cose che hanno senso nella misura in cui vuoi essere accogliente anche con chi ha meno dimestichezza, però magari dico che vorrò molto bene a chi dovesse trovare un modo sensato per rendere più "modulari" e adattabili alle esigenze dei singoli gli avvii di queste grosse produzioni. Nel frattempo, continuerò a ingoiare l’amaro boccone, suppongo.

Domani cominciamo con la prima Cover Story del 2022. Il tema è intrigante e mi sembra che abbia prodotto diversi spunti sfiziosi per la solita selva di articoli. Una volta tanto, fra l’altro, dovremmo riuscire ad agganciarci bene anche sul fronte dei podcast, con almeno un Retroutcast a tema e magari anche un paio di Outcast Popcorn. Non mancate.

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Storie di detective | Cover Story

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