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I conflitti campali, navali e generazionali di Assassin’s Creed III

I conflitti campali, navali e generazionali di Assassin’s Creed III

Per un nuovo Assassino che nasce, cresce e si inorgoglisce del suo Creed indiano, un vecchio Assassino porta a compimento la sua lunga parabola nell’Animus, e nell’anima. Proprio come nei precedenti episodi della serie, il protagonista di ieri e quello di oggi – e di domani? – incrociano le loro storie, sguainando le loro lame. A differenza del passato, però, sia il nuovo Connor (l’orgoglioso indiano che difende la sua terra e le sue tradizioni dal nascente e prepotente Stato Americano) sia il “vecchio” Desmond (il coraggioso newyorkese che prova addirittura a salvare l’umanità intera dall’estinzione imminente), devono ora vedersela con qualcosa di più personale, infido e cerebrale di storiche battaglie armate in salsa stealth: un profondo - forse insanabile - conflitto generazionale, nella forma di padri padroni passati e presenti con i quali, inevitabilmente, fare i conti. Le storie parallele dei due protagonisti di Assassin’s Creed III sono, infatti, entrambe incentrate sul difficile rapporto interpersonale tra padre e figlio, mirabilmente declinate in base alle problematiche sociali, storiche e morali tipiche delle due epoche in questione. Senza entrare nei dettagli, è proprio la crescita (inter)personale di Connor e Desmond con i rispettivi carismatici papà a rappresentare il fil rouge dell’epico finale della saga Assassina, non deludendo nemmeno questa volta sul piano narrativo e della ricostruzione storica.

Il fatto che questa lenta e progressiva crescita si rifletta anche sul gameplay del gioco Ubisoft, rallentando l’acquisizione delle skill assassine nel caso di Connor, potrebbe indispettire qualcuno, soprattutto dopo i tanti episodi della serie già vissuti, e giocati. Nel contesto del sistema di controllo semplificato rispetto al passato e delle nuove dinamiche di combattimento stealth, campali e navali a cui ci si deve necessariamente abituare, comunque, questa scelta di game design, tutto sommato, ci sta. Connor è un indiano, agile come un condor e leggero come una piuma: gli alti alberi della selvaggia Frontiera americana e dei maestosi galeoni inglesi sono il suo regno; gli affilati tomahawk, le aguzze frecce e gli appuntiti dardi sono le sue armi d’elezione pellerossa; le popolose città di Boston e New York, oltre alle distese erbose e oceaniche che delimitano la East Coast dei nascenti Stati Uniti, sono il suo terreno di caccia; i selvaggi animali indigeni, dai quali ricavare calde pelli, sono i suoi nuovi “amici”; gli ancor più selvaggi umani invasori, dai quali ricevere solo guai, sono i suoi vecchi, odiati nemici.

Ecco quindi che se Desmond sa come muoversi e combattere come un vero Assassino, grazie a Ezio e ad Altair prima di lui, e non abbisognando addirittura di nessuna interfaccia grafica, Connor deve imparare tutto da zero, insieme al giocatore. Se per quanto riguarda i movimenti e le dinamiche stealth, in un ambiente non più solo cittadino ma anche e soprattutto naturale, la semplificazione del control system funziona alla grande (meno tasti da premere contemporaneamente, più agilità fisica e digitale), per quanto riguarda i combattimenti in campo aperto il rinnovato sistema di controllo non apporta particolari benefici, anzi. I perduranti “mischioni” di gruppo continuano ahimé a risolversi in una serie di duelli individuali, in cui il contrattacco è l’arma definitiva. È ancora tempo di mero tempismo e puro spettacolo, insomma, mentre l’abilità bellica più a tutto tondo che ci si aspetterebbe da un animale da corpo-a-corpo quale un guerriero pellerossa non viene esplorata come era lecito, finalmente, attendersi. Così come non viene scandagliato fino in fondo il potenziale eclettismo militare dell’inedito protagonista, da ricercare più nella solita ridda di missioni di contorno che in quelle principali, votate più alla narrazione (e ai conseguenti, frequenti ed estenuanti caricamenti) che all’azione vera e propria, continua e meno scriptata.

Parlando di missioni alternative, una menzione d’onore la meritano sicuramente quelle a bordo dei vascelli d’epoca, veramente ben confezionate sia sul piano di un pur semplice gameplay che da quello di un sontuoso aspetto visivo. Lascio voi scoprire il piacere di navigare tra mari in tempesta e cannoneggiamenti navali: vi suggerisco solo di non ammainare bandiera bianca in questo senso, mi raccomando. Meno convincenti, invece, le sporadiche fasi in cui bisogna guidare il tiro dei patrioti alleati contro le truppe lealiste e le Giubbe Rosse, davvero un po’ troppo meccaniche. E prevedibili, esattamente come il ritorno delle missioni commerciali con cui far crescere e abbellire la propria Tenuta, di quelle d’esplorazione a caccia di oggetti collezionabili e delle immancabili quest di reclutamento Assassino con cui darsi una mano nei combattimenti e nella conquista delle rotte mercantili. Anche sul piano del gioco online, poi, l’inedita, frenetica modalità cooperativa Branco mette letteralmente nuova carne al fuoco, rimpolpando le classiche partite competitive (con un Predominio in più).

Una carne che, sia offline che online, comincia inevitabilmente a puzzare di vecchio sul piano tecnico, ammorbato com’è da glitch, bug e qualche texture ambientale non proprio carina da vedere, ma anche ampiamente compensato, come al solito, da un’egregia direzione artistica, capace di costruire un mondo aperto pullulante di vita, e morte. Certo, la Boston e la New York dell’epoca non hanno il fascino né la caratterizzazione unica che possono vantare città eterne come Roma, Venezia, Firenze o Costantinopoli, ma d’altro canto, viaggiando in totale libertà per mare e foreste, si supera letteralmente quella Frontiera tra finzione e realtà, come in pochissime altre saghe videoludiche.

Concludendo, Assassin’s Creed III rappresenta una degna conclusione della serie dal fascino stealth più assassino di tutti i tempi: un capitolo più selvaggio e sorprendente che mai sul piano narrativo e scenografico, pur restando pervicacemente aggrappato a coreografie guerriere ancora inconcludenti in termini puramente tecnico-tattici. A patto che conclusione sia davvero, naturalmente.

Ricevuta una copia promozionale PS3 da Ubisoft, ho portato a termine la storia principale e buona parte delle missioni secondarie, accaparrandomi almeno la metà dei Trofei disponibili.

Voto: 8,5

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