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La quarta stagione di Agents of S.H.I.E.L.D. è un triple threat d'amore

La quarta stagione di Agents of S.H.I.E.L.D. è un triple threat d'amore

Con la quarta stagione, un Agents of S.H.I.E.L.D. rimasto tutto solo in zona Marvel/ABC (ma con in arrivo un Inhumans che, a giudicare dalla pezzenza mostrata nel trailer, sembra un revival degli speciali in cui Hulk incontrava Devil e Thor) e spostato in fascia oraria protetta, poteva sembrare prossimo all'oblio, messo in punizione nell'angolino in attesa della mannaia. E invece oggi siamo qui a festeggiarne la stagione fino ad oggi migliore, una serie di scelte piuttosto azzeccate e la conferma per un quinto anno dalle premesse ancora una volta intriganti, che sembra spostare l'azione nello spazio per andare tematicamente dietro a quel che accadrà nei prossimi film Marvel. E probabilmente, così come è accaduto in questa quarta stagione col misticismo di Ghost Rider parallelo a quello di Doctor Strange, potrebbe essere un tema affrontato solo nelle fasi iniziali, per poi passare ad altro, magari recuperando il formato a tre blocchi che tanto bene ha funzionato qui.

Perché poi, al di là del pubblicizzato cambio d'orario, che a conti fatti ha generato giusto qualche inquadratura in più sulle scollature delle protagoniste e una maggior insistenza sui toni cupi che comunque nella serie emergevano a tratti da anni, il vero "colpo" di questa quinta stagione è stato proprio il dividerla in tre parti. Improvvisamente, le lungaggini e i passaggi a vuoto tipici da serie in zona venti e più puntate sono andati quasi tutti persi e ci siamo ritrovati con tre racconti asciutti, puliti, che andavano dritti al dunque. La parte iniziale dedicata a Ghost Rider è riuscita nell'impresa di far funzionare sul piccolo schermo un personaggio così improbabile, quella centrale sugli LMD ha messo in scena un bel racconto a base di paranoia e illusioni, il gran finale Agents of Hydra è esploso in maniera fragorosa, mescolando azione, colpi di scena, melodrammoni improvvisi e trovate eccellenti in termini di sviluppo dei personaggi.

I passaggi a vuoto, dicevo, non sono mancati, come al solito legati agli infelicissimi watchdogs, che da anni ormai affliggevano la serie ad ogni apparizione e anche qui hanno fatto quasi solo danni, seppur perlomeno levandosi definitivamente dalle palle. E a voler ben vedere anche l'antagonista del primo arco narrativo non era proprio stra-convincente, ma per fortuna il personaggio chiave della stagione, Aida, si è invece rivelato azzeccatissimo centro degli eventi. Il marketing ce lo aveva comprensibilmente venduto come l'anno di Ghost Rider, ma è in realtà stato il personaggio così ben interpretato da Mallory Jansen, capace di transitare fra i tre "blocchi" in maniera perfetta e prendere pian piano nelle sue mani tutto quanto. Attorno a lei si è sviluppata una stagione coinvolgente, ricca e che ha dato il giusto spazio a tutto il cast principale (con i soliti Iain De Caestecker ed Elizabeth Henstridge sugli scudi), sviluppato e sfruttato come mai prima, capitalizzando davvero bene sul lavoro accumulato negli anni precedenti. Situazioni interessanti, sviluppi intriganti, cambi di prospettiva e un futuro incerto: tutto quel che serve quando si manipolano dei personaggi in ambito seriale. Insomma, bene.

Mi sono sparato la stagione mano a mano che veniva trasmessa nei magici iuessei, quindi ho finito qualche settimana fa, ma in Italia si è conclusa ieri sul canale Fox di Sky. 

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