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Tie Fighter come un romanzo di formazione | Racconti dall'ospizio

Tie Fighter come un romanzo di formazione | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

I videogiochi migliori di tutti i tempi sono quelli che ti trovano nel momento giusto della tua vita, quelli che ti incontrano per caso all'incrocio tra il tempo libero, gli interessi e la fantasia. Non devono per forza essere dei capolavori immacolati di game design: se sono giusti, sono giusti, e avranno per sempre il dolce sapore del tempismo perfetto. Per me, Tie Fighter arrivò come una scialuppa di salvataggio in mezzo al mare del disagio della preadolescenza.

Avevo dodici anni, andavo bene a scuola ma detestavo le medie. Ero inadeguato, avevo poco da dirmi con i miei compagni di classe e stavo attraversando un frullatore orribile di ormoni e peer pressure. Avevo fame di universi narrativi e sentivo il bisogno di qualcosa che mi mettesse alla prova, che avesse più spessore e complessità dei mondi bidimensionali con i quali mi ero trastullato durante l'infanzia. Ero grande o, meglio, volevo dimostrare di essere tale, quindi volevo dei giochi da grandi. Tie Fighter fu la risposta a tutto.

Dimostra che sei un adulto, giovane Kenobit. Dimostra che sei pronto a giocare come un adulto.

Il vero rito di passaggio della generazione MS-DOS era mettere mano ad autoexec.bat e config.sys, i due file mistici che determinavano il funzionamento di tutto il computer. Addentrarsi in quei territori fatti di editor testuali blu faceva paura, perché lì non potevo contare sulla saggezza e sull'esperienza dei miei genitori. Che ne sapevano, loro, di driver e memoria alta? Avevo un gioco che volevo provare a tutti i costi e un computer che non lo faceva partire. Misi le mani sotto il cofano, ottenendo conoscenza a suon di errori, apprendendo abilità che negli anni a venire mi avrebbero aiutato nella vita lavorativa (e condannato a sistemare i computer del 95% del parentado).

Ricordo come se fosse adesso l'istante in cui completai il mio menu di multiavvio definitivo: un'opzione per l'uso normale del PC, con Windows e il lettore CD-ROM, e una ridotta all'osso, con più memoria alta possibile, i driver della Sound Blaster Pro e poco altro. Ci avevo passato tutto il pomeriggio e mia madre stava per evocarmi al tavolo della cena. Mi restava solo il tempo per un test, quello decisivo:

C:\>cd tie

C:\TIE\tie

Silenzio. Emozione. Panico.

Poi, all'improvviso, un campo stellare, il logo di LucasArts e le scrittone inclinate come nei film. Ce l'avevo fatta. Seguì una fra le introduzioni più spettacolari di tutti i tempi, con l'Imperial Star Destroyer, il parlato di Palpatine, Coruscant, la base ribelle, il rumore dei laser. "Fabio, vieni a tavola!"

Nei mesi successivi, giocai così tanto a Tie Fighter che mi rimase in mano la leva del Quickshot, il mio primo joystick, quello che mi aveva regalato mio padre qualche anno prima, per festeggiare non ricordo quale successo sul lavoro. In realtà, la cosa che mi piaceva di più era la miriade di comandi da gestire con la tastiera: decine di input da ricordare per gestire il radar e i bersagli, la potenza dei motori, l'energia agli scudi, le comunicazioni con i gregari. La tastiera del mio 486 era la plancia di un'astronave e io ero felice.

Ci vollero mesi per ottenere tutte le medaglie da appuntare sulla mia divisa da pilota imperiale, affrontando missioni suicide (ricordo di aver abbattuto un Mon Calamari cruiser a colpi di laser con un Tie Fighter) e decifrando le indicazioni in inglese per capire le quest secondarie. Ero completamente assorbito dalla trama, che mi veniva raccontata da una manciata di cutscene in bassa risoluzione e dai briefing degli ufficiali. A ripensarci ora, è incredibile la quantità di storia e colpi di scena che LucasArts riuscì a infilare in quello che di fatto era un simulatore di volo spaziale fatto di poligoni senza texture.

La cosa buffa è che, prima di Tie Fighter, non ero un fan di Guerre Stellari. Non conoscevo bene l'universo narrativo, non avevo ancora visto tutti i film e nessuno nella mia famiglia consumava contenuti fantasy e sci-fi. Il mio amore per la galassia lontana lontana è scoppiato lì tra i menu di un gioco per MS-DOS, nei mesi in cui avevo il disperato bisogno di sentirmi un adulto. O un pilota imperiale.

Nota: il mio primo amore fu tecnicamente X-Wing, altro gioco clamoroso per cui vale buona parte di quello che ho scritto qua sopra. Tie Fighter era il seguito e secondo me era superiore sotto tutti i punti di vista. Detto questo, viva i ribelli e abbasso gli imperi.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Star Wars, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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