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The 3rd Birthday: Riavvolgeremo l'Apocalisse! | Racconti dall'Ospizio

The 3rd Birthday: Riavvolgeremo l'Apocalisse! | Racconti dall'Ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Qualche articolo fa, ho ammorbato voi lettori con un lungo pippone sul fatto che non sono mai stato un giocatore da Day One, citando un pugno appena di titoli che attesi e presi il giorno della loro uscita. Tra questi titoli spiccava il terzo, conclusivo seppure separato, capitolo della saga Parasite Eve: The 3rd Birthday.

Come spesso accadde in questi casi, a farmi tremare i polsi e attirare tutta la mia attenzione fu un trailer.

Questo trailer.

Pochissimi secondi di FMV mescolati con pochissimi secondi di gameplay bastarono a cancellare il disinteresse verso la saga di Aya Brea, che mi aveva colto dopo il tecnicamente non eccelso secondo episodio, colpevolmente inferiore (nella mia opinione) in tecnica e coinvolgimento rispetto al primo ed esaltante Parasite Eve, ancora oggi una fra le più misconosciute gemme della prima PlayStation e dimostrazione che, quanto a manico, quelli di SquareSoft vanno oltre i limiti consentiti per legge.

Era così carico di promesse, questo filmatino da meno di un minuto, che cercai ogni brandello di informazione disponibile, recuperando persino gli annunci che lo davano inizialmente in arrivo per piattaforme cellulari (stiamo parlando di quindici anni fa, circa, quando l’unico cellulare concepito per gaming “serio” era lo sfortunato N-Gage di Nokia). e trovai le spettacolari illustrazioni di Isamu Kamikokuryo, che accrebbero ulteriormente la mia fotta.

La memoria, come al solito, mi fa un po’ difetto, ma non mi stupirei di aver comprato la PSP solo per questo titolo e, quando misi l’UMD dentro l’ultima incarnazione “slim” del piccolo mostro della Sony…

Bam! Testa esplosa.

Sarebbe già solo bastato l’ennesimo remix di Primal Eyes a farmi andare via di testa, ma per quello che fu probabilmente il canto del cigno della più carrozzata console portatile della sua generazione, Square Enix e Hexadrive, andarono “All in!”.

The 3rd Birthday aveva un gameplay che spremeva la console e il giocatore: uno shooter in terza persona con sfruttamento delle coperture alla Gears of War e un sistema di crescita e bonus che ti obbligava a riflettere sulle scelte che facevi: usare prevalentemente un’arma ti avrebbe fatto crescere solo in quella e non è detto che sulla distanza sarebbe stata la scelta giusta. Privilegiare la crescita di determinati attributi, tramite la combinazione dei “mitocondri” (ah, maledetti parassiti!), ti avrebbe portato a livelli di semidivinità in determinate statistiche, ma avrebbe potuto renderti mostruosamente fragile o goffo in altre.

Cigliegina sulla torta, lo spettacolare, inquietante e cinico, sistema Overdive: un gimmick semplice e geniale che sta a questo episodio come la “Parasite Energy” stava al meraviglioso primo capitolo (oh, ma ve l’ho detto quanto mi è piaciuto Parasite Eve?… no, non vorrei non avervelo detto).

Non esattamente, è più questione di far quadrare il Timey-winey con il wibbly-wobbly.

Aya, per motivi inspiegabili (o, meglio, spiegati solo arrivando al finale), poteva inviare la sua anima nel tempo e nello spazio (alla fine, come insegna il Doctor Who, è solo una questione di far quadrare il Tempo e Relativa Dimensione Nello Spazio) e “possedere” persone sulla scena dell’azione o, anche, lanciare la sua anima come un proiettile avvelenato contro un nemico indebolito e farlo esplodere. Imparare quale personaggio (quasi sempre militari inviati al macello) “possedere” in base a stato energetico, posizione e arma principale in dotazione poteva fare la differenza fra una strage e una vittoria perfetta. Come sicuramente faceva la differenza sfruttare il “Cross-link”, la capacità di vincolare i combattenti a concentrare una pioggia di proiettili su un bersaglio piuttosto che un altro, eliminando fastidiosi insetti o distraendo tanker per il tempo sufficiente a prendere fiato. Il tutto, sufficientemente calibrato da impedire di finire persino il tutorial a chiunque pensasse al gioco come un semplice “punta&spara” con mira automatica.

La storia, a sua volta, era stringata all’essenziale (l’umanità è sull’orlo dell’estinzione a causa dell’invasione di deformi alieni apparsi dal nulla e solo tornando indietro nel tempo e cambiando l’esito di battaglie cruciali si può sperare di riottenere il futuro) ma sviluppata con gran gusto e attenzione ai dettagli, rispondendo con precisione a tutte le ovvie domande.

  • Chi sono i Twisted, da dove vengono e che origine hanno le loro roccaforti “Babel”?

  • Perché appaiono in un momento preciso del tempo (l’ennesima, sfigatissima, vigilia - “Eve” - di Natale a New York) e come possono essere così invincibili?

  • Per quale motivo Aya è l’unica a poter usare l’Overdive ed è l’unica a poter influenzare la storia?

  • Chi è l’ennesima “Eve bambina” che Aya si trova a seguire tra sogni e allucinazioni?

  • Perché ogni boss sconfitto, ogni vittoria, priva Aya di un caro amico?

Tutto spiegato battaglia dopo battaglia, cambiamento del presente dopo cambiamento del presente. Anzi, meglio che spiegato: “vissuto”.

Vissuto tramite i combattimenti, in cui non viene risparmiato nessun dettaglio delle orrende morti che toccano a soldati e comparse toccati dal potere corrosivo dei Twisted, novelli Alien, e tramite una moltitudine di filmati curati e mirati a far vivere al giocatore l’angoscia di Aya: ferita, esausta, spaventata, furiosa e rassegnata. Certa di essere sfruttata e guardata con sospetto, persino minacciata ed imprigionata come “ricompensa” per aver cambiato il presente e cancellato la morte di chi non si è mai fidato di lei.

Un’ora di filmati!

Fino ad un finale che è un po’ un calcio dritto nei denti ma che, con la fatica fatta per raggiungerlo, almeno ti dà un po’ di pace. A te e ad Aya Brea, Donna di Menare come poche altre nella storia dei videogame e ingiustamente dimenticata a causa di giochi bellissimi spinti troppo poco perché usciti troppo tardi.

Questo articolo fa parte della Cover Story (post)apocalittica, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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