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Racconti dall'ospizio #5 - Quando mi sono arruolato nella Xcom

Racconti dall'ospizio #5 - Quando mi sono arruolato nella Xcom

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

A partire dalle esperienze 8bit col Commodore 64, ho sempre provato forte attrazione per i videogame "a turni". Per dire, ho consumato i dischi di Demon's Winter - prima su C64, poi su Amiga - ho squagliato i supporti di Laser Squad e della serie di Chaos. Mi davate una manciata di omini da gestire su una bella mappa a quadratoni e una grossa quantità di nemici da sconfiggere ed ero felice. Più o meno. Fatto sta che, pur arrivando ben allenato all'estate del 1994, niente poteva prepararmi alla tempesta che di li a poco mi avrebbe travolto.

La copertina europea del gioco: negli anni ’90 poteva ancora succedere che le copertine c’entrassero poco o nulla col gioco. Questo è un caso lampante.

La copertina europea del gioco: negli anni ’90 poteva ancora succedere che le copertine c’entrassero poco o nulla col gioco. Questo è un caso lampante.

A dire il vero, stavo ancora cercando di riprendermi dal turbine di Civilization, uscito nel 1991 e che aveva di fatto stravolto le mie abitudini videoludiche, imponendo il concetto di monopolio nel disk drive della mia povera Amiga 500. Si, ero Amighista all'epoca - anche perché i soldini per comprare un buon PC scarseggiavano, ma sopratutto perché era un computer coi controcoglioni - e dunque non fui colpito subito subito dal fenomeno chiamato UFO: Enemy Unknown. Più che altro, mi accorsi che qualcosa non andava quando i miei compagni di classe PCisti smisero di parlare dell'ennesimo clone di Street Fighter (allora "andava" in classe Violent Fighter, inguardabile) e di Star Control 2 per introdurre rapidamente nei loro discorsi  argomenti come "autopsie agli alieni" e "sectoid". Stavano chiaramente giocando con qualcosa uscito solo su PC, i maledetti. Armato del mio solido scudo fatto di Alien Breed: Tower Assault e The Chaos Engine, approcciai dunque il branco di PCisti per scoprire che parlavano di un certo UFO: Enemy Unknown, che era fico e che a me sarebbe sicuramente piaciuto.

La mappa del mondo da cui sorvegliamo il nostro pianeta e lanciamo le intercettazioni. Aoh, era tutta 3D, eh!

La mappa del mondo da cui sorvegliamo il nostro pianeta e lanciamo le intercettazioni. Aoh, era tutta 3D, eh!

Crisi. Si, perché all'epoca Internet non è che fosse la cosa più diffusa del mondo e non mi andava di telefonare alla Microprose per sapere se e quando (anzi: quando) sarebbe uscita la versione Amiga. Furono due mesi da incubo, mentre i suddetti compagni giocavano e rigiocavano quel videogame che mi rifiutavo pure di vedere ("No, grazie, oggi devo finire Cannon Fodder 2 che voi non avete e che ha lo scrolling fluido, sorry"). Poi arrivò: fu un pomeriggio caldo di giugno (credo), quando passai presso un ormai defunto negozio di videogame a Ponte Lungo e notai la scatola dell'infame gioco, dotata di una copertina orripilante (sta qui da qualche parte nell'articolo), ma sopratutto impreziosita da una targhetta dorata (gh!) che riportava la scritta "Amiga". Era uscito.

La prima esclamazione fu "oooh!". La seconda fu più o meno "limortaccivostri!" alla vista dell'orripilante prezzo (trentacinquemilalire, circa). Ma ormai doveva essere mio: coinvolto un amico Amighista in un acquisto congiunto ("Tanto poi ce lo copiamo a vicenda"), il giorno dopo avevo finalmente UFO: Enemy Unknown installato sul mio Amiga (si, avevo un profondo hard disk da 20 MB). Fu subito amore. Si, perché 'sti maledetti fratelli Gollop, che già in passato mi avevano stregato con Chaos, Laser Squad e Lords of Chaos, in effetti stavolta si erano superati. Avevano preso tutto quello di buono che c'era nei loro giochi precedenti - specie in Laser Squad - e l'avevano incastonato in una struttura del tutto inedita. C'era la fase di gestione delle risorse, la sequenzina in tempo reale per fare la guardia al pianeta Terra, l'evento in real-time per abbattere gli UFO.

Ed ecco la fase tattica del gioco: visuale isometrica, colori vivaci, un sacco di opzioni e tanta, tanta profondità. E si, si poteva radere al suolo tutto!

Ed ecco la fase tattica del gioco: visuale isometrica, colori vivaci, un sacco di opzioni e tanta, tanta profondità. E si, si poteva radere al suolo tutto!

E poi c'era lei: la migliore sezione tattica mai apparsa in un videogame. Soldati contro alieni. Grafica isometrica chiarissima, stile fumettoso, interfaccia pratica. Ma sopratutto, due gigantesche novità come gli ambienti distruttibili e il sistema di "overwatch", che permetteva finalmente di pianificare i turni e ottimizzare le mosse del gruppo. Non esisteva più che se un nemico si nascondeva dietro una palizzata di legno io non potevo beccarlo. Giù la palizzata e via. Idem per pareti e paratie, all'aumentare della potenza di fuoco del mio gruppo.

Come se non bastasse, il tutto era perfettamente incastonato in una struttura di gioco che "cresceva", che progrediva aggiungendo di tanto in tanto nuovi elementi e necessità inedite. Non so quanto ci avessero messo i fratelli Gollop a studiare e bilanciare il tutto e non so neppure se il loro fu il classico "colpo di culo", ma diavolo se funzionava! Mi ritrovavo lo stesso concetto di "crescita" di Civilization in un gioco a sfondo militare che riusciva, tra l'altro, ad aggiungere un elemento fondamentale e inedito: la tensione. Non sapevi dove fossero i nemici, rischiavi di perdere un soldato con un singolo colpo e nel gioco la morte di un operativo era permanente. C'era il terrore ad ogni passo.

Beccato! Una delle autopsie del primo UFO: Enemy Unknown. Dopo un po’ gli scienziati ci chiederanno di pigliarli vivi, ‘sti fetenti. E allora saranno casini…

Beccato! Una delle autopsie del primo UFO: Enemy Unknown. Dopo un po’ gli scienziati ci chiederanno di pigliarli vivi, ‘sti fetenti. E allora saranno casini…

UFO lo finii svariate volte. Diciamo una ventina, tra versioni Amiga, PC e PlayStation (la conversione era assai buona, col pad andava alla grande). Poi mi giocai il seguito, che immancabilmente mi deluse. Poi comprai pure il terzo capitolo, quello un po' apocrifo. E mi fece un po' schifo. Da li in poi il crollo fu verticale, con tutti gli emuli che, chi più, chi meno, facevano pena. Per fortuna l'originale era sempre li, pronto ad essere giocato, come una scacchiera le cui pedine non invecchiano mai. Un pezzo di game design scioccamente ignorato dall'industria e mai troppo lodato. I due Silent Storm di Nival, in qualche modo, hanno alleviato la mancanza di una versione aggiornata di UFO: Enemy Unknown ma, di fatto, noi membri storici della Xcom siamo disoccupati da troppo tempo. Speriamo dunque che la nuova versione in arrivo a ottobre (trovate a questo indirizzo l'anteprima di giopep dalla Gamescom) rispetti il suo storico predecessore e mantenga quanto di bello l'ha reso il capolavoro che è. Una volta tanto devono solo copiare: speriamo gli riesca bene.

Un'oretta con XCOM: Enemy Unknown, fra multiplayer e single player

Blu Brothers #12