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Luftrausers è una danza nella pioggia (di piombo)

Luftrausers è una danza nella pioggia (di piombo)

Nel 2014 Vlambeer reinventava lo shoot ‘em up 2D, e lo faceva in un modo così eclatante ed esageratamente godurioso da rimanere assolutamente insuperato e raramente emulato (mi viene in mente solo il buon Jet Lancer) negli anni a seguire. Oltre la barriera del suono e del gameplay. Perché quello che prima, nell’era d’oro dello shmup, era “semplicemente” un cursore dalla consistenza variabile travestito da aereo/navicella/elicottero/Opa-Opa, capace di sparare, devastare e fare molte altre simpatiche azioni belliche a seconda dei pulsanti a disposizione, in Luftrausers diventava un piccolo miracolo di fisica bidimensionale (in realtà un motore 3D schiacciato in due dimensioni) con cui sperimentare uno dei migliori dogfighting virtuali di sempre, da sangue al cervello e G violentissimi. Una missione suicida intrappolata in un loop di morte da spezzare solo con una perfect run che inizialmente (ma anche dopo decine e decine di tentativi) che ha i contorni sfocati del miraggio, mentre una progressione a obiettivi molto intelligente (così da sbloccare nuovi pezzi per il proprio aereo) accompagna quella “endurance”, parallela, dove il singolo livello disponibile svela i suoi segreti in base alla resistenza del giocatore. Un set piece clamoroso e dinamico, un teatro di guerra raccontato in controluce.

Le scie, le esplosioni in mare, altri nemici che sbucano continuamente dai lati dello schermo, tutto contribuisce a una sensazione di movimento e velocità costante.

Questa struttura lo rende un pazzesco concept game, un perfetto giocattolo bellico, sandbox nel suo imporre esclusivamente limiti verticali all’area di volo (nuvole sopra e mare sotto), mentre questa mini Battaglia delle Midway si popola di caccia, sottomarini, fregate, letali Zeppelin UFO di stampo nazista che hanno il solo obiettivo di porre fine ai sogni di gloria del giocatore/Top Gun, costringendolo a un nuovo retry. Un inferno di proiettili dal quale si può uscire vivi (o morire provandoci) solo ed esclusivamente dominando lo spazio, e quindi entrando in perfetta sintonia col proprio caccia, diventando un’unica creatura fatta di reattività, istinto e controllo, inteso come sontuoso (praticamente perfetto) sistema di movimento che trasforma il gameplay in una danza aerea sfrenata, mortale, adrenalinica. La differenza la fa tutta la gravità, concetto tendenzialmente estraneo ai classici shoot ‘em up da cui nasce la necessità di dedicare un’azione specifica alla propulsione, permettendo così una quantità extra di manovre che in questo contesto non si erano mai viste, lasciando poco spazio alla fortuna e molto alla creatività, all’improvvisazione, con la consapevolezza che ogni risultato, ogni azione spettacolare, ogni avversario fragorosamente esploso è solo frutto della nostra abilità.

Anche la direzione artistica del contorno è parecchio pungente, molto dieselpunk, con ovvi rimandi alla Seconda Guerra Mondiale.

Manovre evasive full throttle, raid a pelo d’acqua, picchiate vertiginose e stalli da togliere il fiato per planare delicatamente in mezzo ai proiettili nemici, controllando la traiettoria e la velocità con micro-movimenti sapienti e aprendo il fuoco a 360° mentre il moltiplicatore del punteggio cresce e tocca vette pari solo all’esaltazione isterica che un’azione dominante riesce a scatenare. Chi ci ha già giocato sa bene che robe di questo livello si possono contare sulle dita di una mano, perché Luftrausers è la stilizzazione perfetta di un’azione dai contorni quasi mitologici come il combattimento aereo, elegantissimo strumento di morte. Imparare a giocarci bene, accompagnati da una soundtrack marziale sempre più spinta, martellante e angosciante, che ha chiaramente fretta di sfumare in un requiem, è un’esperienza totalizzante pur nella sua essenzialità estremista, nascondendo al contempo una profondità e un esoterismo da arcade puro. C’è poi tutto un substrato di personalizzazioni che danno ancora più croccantezza all’azione adattandola contemporaneamente a vari tipi di giocatori, che possono prediligere tanto un bombardiere pesante e resistente equipaggiato con una testata nucleare quanto un caccia supersonico dotato di armi laser.

Abbattere le fregate è una libidine, dopo continue picchiate per scaricare più piombo possibile sui suoi ponti, evitando i colpi dell’artiglieria anti-aerea.

Io ho ancora stampate in testa e nella memoria muscolare certe partite assurde, degne dei migliori momenti dei migliori Ace Combat (che amo tantissimo, e del quale abbiamo parlato qui), roba da dover mettere giù Vita per asciugarmi le mani dal sudore, manco fossi lì nel cockpit con la cloche in mano. È soprattutto una questione di movimento che, al netto dell’ovvia stilizzazione di cui sopra riesce a trasmettere sensazioni credibili, dalla velocità che contraddistingue i vari mezzi al ritmo implacabile col quale il codice decide di far entrare in campo le armi più devastanti della flotta e dell’aviazione nemica, passando per il modo che hanno gli stessi di riempire lo schermo e cercare il giocatore in un modo che sembra senziente, animalesco, mai meccanico alla vista, con la loro distruzione che non si risolve in una semplice esplosione, vedendo aerei perdere quota e schiantarsi in mare, oppure navi esplodere e affondare lentamente. Spettacolare. Incidentalmente Luftrausers è stato anche uno di quei titoli fondamentali per consolidare la fama di Devolver e del suo “punk publishing”, andando a braccetto con Hotline Miami e calcando la mano sui giochi “immediati ed efferati” che poi negli anni sono diventati un vero tratto distintivo della loro libreria. Ma alla fine, Devolver o no, quella di Vlambeer rimane un’opera unica e violentissima, capace di reinventare e portare nel presente i meccanismi ludici dei cabinati. Puro game design.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata alle gioie del volo, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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