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La mensola di Shin X #1 - Rogue Warrior

La mensola di Shin X #1 - Rogue Warrior

Da sempre sostenitore di titoli bistrattati dalla critica, Shin X è passato da “difensore dei poveri” a “masochista”, da “acquirente compulsivo” a “forzato bastian contrario”. La verità è che a suo parere ogni titolo può dire qualcosa: c’è chi sbraita, chi sussurra, chi lo fa con i sottotitoli e chi lo recita in versi. L’importante è avere lo spirito di voler ascoltare. E l’antro in cui riposano questi brutti anatroccoli è la sua mensola. L’unico luogo nel quale possono diventare cigni.

Secondo i famosi siti polpettone (aggregatori di voti, scusate), Rogue Warrior sarebbe uno dei peggiori titoli di sempre. Analizzarlo ora vuol dire accollarsi l’onere di decontestualizzarlo dal periodo d’uscita. Tre anni fa, infatti, erano leggermente perdonabili alcune caratteristiche che oggi  sarebbero ulteriore motivo di critica. Perché intestardirsi nel voler salvare un gioco simile? Partiamo dalle radici del progetto. I fatti narrati in questo videogame, seppur ammantati da elementi di fantasia, hanno una base di veridicità. Il protagonista del titolo è Richard Marcinko, ufficiale dei Navy Seal realmente esistito. Conosciuto per l'estrema risolutezza e brutalità, è sempre accompagnato dal suo fido coltello da guerra, oggetto/feticcio che diventa quasi un’icona nel contesto scenico e narrativo di Rogue Warrior. L’irriducibile Richard, dal Vietnam in poi, si è distinto parecchie volte per la sua condotta, anche se spesso costellata da modi discutibili, al limite dell’insubordinazione.

Uno, due, tre: vola, vola, vola!

Uno, due, tre: vola, vola, vola!

Noi tutti sappiamo quanto le storie vere esercitino un fascino particolare nei fruitori di chi le segue. Come per certi film horror o quelli sui serial killer, la verità ci lascia sempre un brivido perverso lungo la schiena. Ebbene, il nostro rude guerriero, dall’alto delle sue gesta realmente accadute, si cimenta in una serie di missioni tra lo stealth e l’action FPS, dandoci - appunto - quell’emozione in più. Iniziamo subito a smentire le voci che ai tempi massacrarono l’I.A: dei nemici, come pure la grafica. Parliamo di un gioco senza particolare infamia, che tecnicamente, su un buon PC, ha persino un discreto perché. Capace di donare diversi approcci ludici, compreso lo spegnimento delle fonti luminose, Rogue Warrior rimane un FPS, ma l’azione silenziosa è sempre incentivata. E al livello di difficoltà massima, seppur artificiosamente grazie a zaini di granate e udito bionico, i soldati nemici fanno il loro dovere.

Scusa, avevi qualcosa in un occhio.

Scusa, avevi qualcosa in un occhio.

A nostra disposizione, un sistema di coperture che sposta immediatamente la visuale in terza persona. Questo elemento cozza leggermente con la telecamera ballerina, ma riesce a donare una marcia in più alle infinite sparatorie. Non dimentichiamo, poi, che il cuore di Rogue Warrior sta nella sua smaccata crudezza. Il protagonista, oltre a prodursi in un linguaggio scurrile quanto mai sopra le righe, è anche capace di effettuare più di 25 esecuzioni istantanee sui nemici. La maggior parte tramite il suo fido coltello. Per efferatezza e tasso di violenza, non hanno nulla da invidiare alle esecuzioni di Manhunt: a voi stabilire quanto questo sia un pregio o un difetto. Però vi nascondereste dietro un dito, se non ammetteste, ad esempio, i ghigni sadici di fronte agli scempi compiuti da Kratos e i suoi innumerevoli “cloni”.

In Rogue Warrior, basta avvicinarsi al nemico e premere il tasto preposto: la visuale passa in terza persona e il rude Marcinko entra all’opera. Le esecuzioni possono avere luogo da qualunque lato e sono contestualizzate all’ambiente (provate ad effettuarne una vicino a un muro o una ringhiera). Se il silenzio viene meno, i nemici non lesinano in bombe, appelli per i rinforzi, e mitragliate impietose. In un 2012 nel quale produzioni a tripla A vedono soldati incastrarsi nei muri o correre imbambolati, a un gioco con tre anni pieni sulle spalle, si può perdonare qualche incertezza degli avversari. I controlli sono i classici del genere; niente di terribile, come hanno cincischiato varie recensioni in tutto il mondo. L’approccio ai comandi di un Killzone può essere molto più traumatico.

Una suggestiva esecuzione al tramonto.

Una suggestiva esecuzione al tramonto.

E così, coltello alla mano, con la possibilità di sgattaiolare nell’ombra o scatenare lunghe sparatorie, il nostro Richard Marcinko è protagonista di uno fra i più immensi sproloqui videoludici di sempre. Talmente esagerato da risultare chiaramente Tarantiniano e involontariamente comico. - “Vi scuoio come branzini”, - “Fatevi avanti, rotti in culo”, “Vi ammazzo tutti, figli di puttana”, sono solo alcune delle gentili frasi urlate dal nostro eroe, sempre pronto all’insubordinazione, a fare di testa sua, a lanciarsi nella mischia coltello alla mano. Il gioco, a Difficile, va avanti offrendo un buon tasso di sfida. Un secondo giro a Normale è obbligatorio nel caso voleste collezionare sfiziosi Obiettivi, senza contare una scanzonata partita a Facile, la cui speed run può regalarvi momenti di sanguinaria onnipotenza.

In breve, perché non intrattenersi spendendo poco più di dieci euro con un gioco cruento, verace, violento e immediato? Certo, il rapporto qualità/prezzo non deve essere una motivazione valida per l’acquisto di un titolo. Se un gioco non merita, che rimanga dov’è, sempre e comunque. Ma in questo caso, il gioco vale la candela. Un prezzo irrisorio per strisciare nell’ombra, sgattaiolare alle spalle del nemico e fracassargli la testa contro un muro; per occultarsi e fare collezione di cadaveri; per farsi tre giri di giostra assolutamente scacciapensieri, assunto che abbiate inquadrato il tipo di gioco. In breve, Rogue Warrior, dall’alto della mensola di Shin X, risplende fiero nella sua confezione verde Xbox. Forse, dovreste anche voi dare un’occhiata al prode Marcinko. Per dieci fottuti euro, potreste avere una gradita sorpresa.

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