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Kabukimonogatari: la volta che una vampira mi strappo il cuore

Kabukimonogatari: la volta che una vampira mi strappo il cuore

Mi vanto di essere una persona discreta, quasi sfuggente. Raramente esibisco le mie passioni o mi lancio in lodi sperticate, e certamente mai è capitato - penso che voi lettori possiate confermarlo - che io mi sia pronunciato più di una volta su un argomento già affrontato, anche solo nominandolo di striscio.
Sono, insomma, uno schivo Paganini delle recensioni.

Quindi ora vi parlo di Kabukimonogatari, quinto arco narrativo dei Monogatari di NisioisiN come trasposti in animazione dai sempre benemeriti di Shaft Animation Studio.

Dal momento che non ve ne ho mai parlato, cosa sia questa casa di produzione, cosa abbia fatto, e cosa sia in particolare la serie Monogatari, potete andarvelo a leggere qui, qui e qui.

Kabukimonogatari, come dicevo è il quinto arco narrativo dei deliranti racconti di NisioisiN con protagonista il porco l’incestuoso il pedofilo il normale studente giapponese Koyomi Araragi, diventato mezzo vampiro a causa della pluricentenaria principessa vampira Kiss-Shot-Acerola-Orion-Heart-Under-Blade (facile da ricordare) da lui a sua volta privata di gran parte dei suoi poteri ed incarnata nella biondissima lolita Shinobu Oshino.

Kabukimonogatari è l’arco narrativo in cui l’umanità, per colpa di quel beota deficiente criminale sventato benintenzionato di Koyomi Araragi, viene praticamente sterminata a causa di un inopportuno viaggio nel tempo.
Uno dei temi principali della narrazione, direi quasi dell’etica, del narratore palindromo Nishio Isshin, è infatti quante strade dell’inferno lastrichino le buone intenzioni e, ciononostante, quanto fare la cosa giusta, essere gentili, tendere una mano, FARSI I CAZZI DEGLI ALTRI, sia comunque sempre inevitabilmente GIUSTO.
Non importa se poi le cose andranno in merda, non importa se ci si farà male (molto male), non importa se alla fine tutti saranno più infelici di prima. Ma saranno vivi. E avranno allacciato una nuova relazione. E saranno meno soli.

Ecco, forse la morale profonda di Kabukimonogatari la scopro solo ora (davvero!) mentre ne scrivo, anche se dentro di me l’ho sempre intuita: non importano le conseguenze, chi si astiene da un atto di gentilezza non merita neanche di essere chiamato umano.

E se il mondo non accetta un atto di gentilezza, allora è il mondo ad essere sbagliato. Koyomi Araragi, nonostante sia una persona di merda infame potessemorire alcune volte discutibile, lo dice chiaramente durante questa avventura riferendosi all’altra grande protagonista di questo arco narrativo oltre a Shinobu: “Non posso accettare un mondo che si distrugge solo perché lei è ancora viva”.

Ma alla fine non è di questo che volevo parlare, anche se è stato più che meritorio parlarne.

Voglio parlare di lei: Shinobu Oshino, ovvero la principessa vampiro dal sangue d’acciaio, dal sangue gelido, dal sangue ribollente, Kiss-Shot-Acerola-Orion-Heart-Under-Blade. La più potente delle “aberrazioni”, ovvero quello che nel mondo di Monogatari sono “i mostri”, “gli spiriti”, le creature soprannaturali.
Qualcosa che esiste perché si sa che esiste, e non esiste se nessuno sa che esiste. Qualcosa che ha poteri enormi perchè ha poteri enormi e non ha nessun potere perchè non gli si dà nessun potere.
Nella filosofia dell’autore, o forse nella realtà, esseri che esistono nell’inconscio collettivo ma che comunque sono immanenti, esistenti ben prima dell’inconscio collettivo.

Red lips always lie

Di tutti costoro, la bionda, divinamente bella e nobile (perchè non può essere null’altro che così), vampira di sei secoli è l’esistenza più feroce e invincibile. Ed è ora una attraente lolita che si esprime con linguaggio aulico e modi che vanno da quelli di una dominatrice a quelli di una bambina viziata.

Loro due… le favorite.

Ed è il personaggio, tra le concubine dell’harem che inevitabilmente si forma attorno al uomodemmerdapotessimorirelabucchinadichittemuort protagonista verso cui io provo una vaga invidia, che effettivamente mi attraeva di meno se paragonato alla Dea Yandere Hitagi Senjougahara, genocida e futura sposa del [OK, ci siamo capiti] o alla Onniscente Prosperosa Capoclasse Felina Hanekawa Tsubasa, anche lei quasi genocida e futura concubina di.
[Se a questo punto ancora non avevate capito che i Monogatari parlano di gente che non si colloca proprio perfettamente nel comune senso morale, probabilmente non stavate attenti.]

Ma, dicevo, poco mi attraeva perché esibisce un corpo di bambina ancora non formata (e, con tutti i difetti che mi si possono attribuire, la pedofilia non rientra tra questi) ed inoltre fino a questo arco narrativo aveva agito più quale Deus Ex-Machina che da personaggio.

NisioisiN non è però un narratore che incoraggi il lassismo, e se introduce un personaggio, potete stare certi che è per farlo sgobbare: ed in questo arco narrativo Shinobu Oshino deve tirare fuori e mostrare per la prima volta la sua vera personalità quando c’è fare i conti con le conseguenze delle sue azioni.
E quando lo fa, ti strappa il cuore.

Non voglio spoilerare perché vorrei davvero che i cultori di una certa animazione giapponese, popolare ma fatta con tutti i crismi e i cristi, andassero a recuperare Monogatari Second, ovvero la stagione che racchiude, tra altri meritevolissimi, questo arco narrativo e ne godessero senza preconcetti.
Quello che posso dire è che il peso che un personaggio fino a quel punto bidimensionale assume in questo arco è impressionante e inaspettato.

Sicuramente il merito va anche alla doppiatrice: Maaya Sakamoto, un’altra veterana che festeggia quest’anni i trenta anni di carriera, e che riesce a caricare una voce infantile di peso e commozione.

Così facendo rende credibile un confronto finale che è davvero il metaforone tirato a pennellone della battaglia contro se stessi, i propri errori e i propri capricci più stupidi; e contemporaneamente infila una delle frasi di inizio battaglia più banalmente epiche che io abbia mai sentito ed azzecca il modo giusto per esprimere la più crudelmente tenera delle richieste che io abbia mai sentito.

E così, senza avermi toccato, ecco che scopro che la vampira di seicento anni (cinquecento dice lei, 589 dice l’anagrafe) mi ha strappato il cuore senza neanche toccarmi.

Maledette siano queste aberrazioni!

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai vampiri, che trovate riassunta a questo indirizzo.

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