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Hotline Miami, una festa di sangue e pixel | Racconti dall'ospizio

Hotline Miami, una festa di sangue e pixel | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Prima di Hotline Miami ignoravo completamente l’esistenza di Devolver Digital. La società texana in realtà operava come publisher già da tre anni e aveva iniziato il suo cammino verso il successo pubblicando le versioni in alta definizione della saga di Serious Sam.

La vera svolta però accade proprio con Hotline Miami, anno del signore 2012, due lustri or sono tondi tondi, dove il gioco sviluppato da Dennaton Games dimostrò che si poteva avere una storia profonda, una meccanica iperviolenta e ipercinetica con una colonna sonora pazzesca anche senza un impianto grafico treddì spaccamascella.

Hotline Miami è un’avventura di John Wick due anni prima che Keanu Reeves vestisse i panni dell’uomo nero, un continuo muoversi, provare, uccidere, essere colpiti e uccisi quasi senza soluzione di continuità.

La grande idea di Dennaton Games è proprio questa: non annoiare il giocatore con inutili sequenze di game over. In Hotline MIami si muore tanto, tantissimo, ma si ritorna a combattere un secondo dopo essere stati uccisi. Nessun momento di pausa, nessuna attesa di qualche sequenza che fa perdere solo tempo. Azione pura, sempre, senza sosta.

Ovviamente questa soluzione, che è già vincente di suo viste le interminabili ore che ognuno di noi ha passato a vedere sequenze di game over non skippabili, non sarebbe bastata a far diventare Hotline Miami il purissimo gioiello che è, ma tale meccanica è stata incastonata in un perfetto meccanismo così pulp che mi stupisco come Quentin Tarantino non abbia ancora deciso di farci un film sopra.

Il nostro protagonista, Jacket, è un tizio solitario, al limite della misantropia, che inizia a trovare sulla segreteria telefonica messaggi che lo invitano ad effettuare determinate azioni che sembrano innocue ma che in realtà sono delle istruzioni per uccidere i componenti della mafia russa di determinate location. 

Jacket per non farsi scoprire indossa delle maschere che ne celano l’identità, e man mano che l’avventura avanza inizia ad avere allucinazioni sempre più forti e, a causa di un evento che lo colpisce da vicino, la sua missione si trasforma in una vendetta spietata.

Come detto Hotline Miami è un gioco frenetico e si comporta di base come un twin stick shooter. La levetta di sinistra del joypad muove il personaggio mentre quella destra indirizza lo sparo. Il nostro protagonista può uccidere i nemici a mani nude o utilizzando qualsiasi tipologia di arma, partendo da quelle di mischia (mazze, coltelli o katane), arrivando a mitragliatori e fucili a cannemozze.

Pur avvalendosi di una grafica che definire minimal è poco (il gioco è visto da una telecamera a volo d’uccello con uno stile che non è neanche possibile definire pixel art perché si rivela, volutamente, alquanto rozzo ) tutto quello che accade in Hotline Miami è assolutamente leggibile e chiaro. Ci ritroviamo a fiondarci sui nemici con precisione chirurgica (solitamente dopo una decina di morti), disarmandoli e stordendoli con un colpo per poi finirli nelle maniere più fantasiose possibili.

Come accennato, Hotline Miami anticipa John Wick in moltissimi punti, partendo dalla musica (la scena della discoteca del primo film sembra quasi un omaggio al gioco) per arrivare ovviamente alla velocità di esecuzioni dei nemici. Dopo un po’ di game over ci ritroveremo quasi a danzare tra una stanza e l’altra passando tra una fucilata e un coltello lanciatoci addosso sfruttando qualsiasi attrezzo per portare a termine le missioni. Anche una semplice porta aperta di colpo può diventare un’arma per stordire un nemico per poi finirlo magari a colpi di mazza da baseball sul cranio.

Questo è Hotline Miami, una girandola di violenza, musica, azione precisa al millimetro, tutto incastonato in un meccanismo di muori-riparti quasi istantaneo. Insomma, non è un caso che grazie al titolo di Dennaton Games anche Devolver Digital si sia ritagliata uno spazio ”tra i grandi”, cosa meritatissima considerando anche la capacità - durante gli anni successivi - di puntare su cavalli vincenti fino a diventare sinonimo di qualità.

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