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Ehi, Resogun, chiama nonno Defender che compie gli anni! | Racconti dall'ospizio

Ehi, Resogun, chiama nonno Defender che compie gli anni! | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Questo fatto che ormai tutti i giochi che hanno accompagnato la mia infanzia stanno sorpassando gli ‘anta, inizia sinceramente a mettermi un po’ di ansia. All’inizio era simpatico, ché tra Pac-Man Asteroids o Lunar Lander ricordare certi momenti del proprio passato è carino e anche commovente. Adesso però, ogni volta che cade qualche anniversario importante mi sento a disagio e… No, OK, mi sento un vecchio.

Va detto che, perlomeno, il compleanno di Defender ha avuto un impatto relativo sul mio stato mentale, perché nonostante tutto il buzz dei primi anni Ottanta, al titolo Williams ci ho sempre giocato poco. Tra l’altro all’epoca frequentavo ancora le elementari, e non è che bazzicassi chissà quali sale giochi da solo eh; avevo giusto un paio di riferimenti: la super sala giochi in città e quella piccolina ma fornitissima la mare, ed entrambe preferivano esporre Galaga e Galaxian, manco fossero succursali di Namco.

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Al di là della mia esperienza personale, Defender resta un gioco rivoluzionario rispetto alla sua epoca, non solo in via del metodo di gioco, ma anche per il numero impressionante di tasti di cui era provvisto il cabinato. Al tempo la stragrande maggioranza delle esperienze a sfondo spaziale aveva un modello molto standardizzato: astronave in basso con movimento sinistra-destra, nemici che arrivano dall’alto o di lato e, se c’era lo scorrimento, era verticale. Certo, c’erano alcune eccezioni; il coetaneo Scramble per esempio (che è comunque uscito dopo), ma Defender aveva qualcosa che lo distingueva dalla massa.

Innanzitutto la nostra astronavina poteva muoversi nelle quattro direzioni: non solo in alto, in basso e nella classica direzione da sinistra a destra, ma anche da destra verso sinistra. La struttura dello spazio di gioco ricordava quasi un anello, dove arrivati in fondo a destra si ricompariva nell’estremo orlo sinistro, e viceversa. Un esempio perfetto di questa filosofia ce l’abbiamo con Resogun per Playstation 4, titolo che deve molto al concept di Defender

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Ma quella non era l’unica peculiarità del nostro. Come si diceva, il cabinato presentava un numero di tasti veramente alto per un gioco dell’epoca, cosa che creava non poca difficoltà al giocatore. Al contrario di quello che si possa pensare, per muovere la navicella nelle quattro direzioni oltre al joystick serviva pigiare altri due pulsanti. La leva era demandata al solo movimento verticale della navetta; un tasto serviva per cambiare direzione mentre un altro all’accelerazione. Non la cosa più immediata di questa terra, ve lo assicuro; questo per tacere degli altri pulsanti adibiti rispettivamente allo sparo, alla smart bomb e al teletrasporto. 

Quest’ultimo era una vera e propria scommessa con la sorte: se ci si trovava in una situazione complicata e non si avevano più risorse a disposizione (o se le si voleva conservare), era possibile sparire per poi ricomparire in un punto a caso del livello. Il lato positivo era la chance di smarcarsi da situazioni complicate; quello negativo il rischio, eventualmente, di ricomparire a un millimetro da un nemico senza possibilità di evitarlo.

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Per altro, in via del sistema di movimento di cui sopra, lo schermo forniva una comoda mini-mappa che mostrava l’intero livello, i nemici, e persino la nostra posizione; insomma, una  cosa pazzesca per il 1981.

Defender è uno di quei titoli sacri che saltano sempre fuori quando si parla della prima epoca d’oro dei videogiochi, e gode di in uno status speciale anche quando si parla di anni Ottanta. Dietro il suo successo c’era quello stesso Eugene Jarvis che, di lì a un anno, avrebbe contribuito alla creazione di Robotron: 2084, altro gioco appoggiato a un sistemo di controllo tutt’altro che standard.

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Rigiocando oggi a Defender grazie al MAME, quello che incontro è un titolo difficilissimo e decisamente ostile verso il giocatore; roba che al confronto Dark Souls sembra una passeggiata di salute, guarda.

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