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Golden Axe III è arrivato in Europa quando non se lo filava più nessuno | Racconti dall'ospizio

Golden Axe III è arrivato in Europa quando non se lo filava più nessuno | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Ho vissuto tutta la fase d’oro del Mega Drive.

Dal suo arrivo in Europa nel 1990 fino alla fine della sua vita commerciale, ho visto la console SEGA rivaleggiare alla pari con quella Nintendo grazie anche a valide strategie di marketing da parte del distributore italiano Giochi Preziosi, che aveva ingaggiato testimonial di un certo livello (libidine!) e acquistato spazi pubblicitari sia durante i programmi per bambini dell’epoca che su Topolino.

Ho giocato più o meno tutte le esclusive di quella generazione: Sonic, Streets of Rage, Shinobi e naturalmente anche Golden Axe. Già in quegli anni si andava avanti a forza di trilogie: di ogni titolo di successo ne venivano fatti almeno due seguiti, se non di più. Sega era in forma smagliante, e sembrava essere destinata a rivaleggiare con Nintendo per anni e anni.

Passano gli anni e siamo nel 2010. Mi capita davanti la Sega Mega Drive Ultimate Collection, che raccoglie più o meno tutto il meglio prodotto da SEGA in quel glorioso periodo. Tutto è cambiato da allora: SEGA ha ammainato bandiera bianca sul fronte hardware, limitandosi al solo sviluppo software. Le IP storiche sono quasi del tutto morte. Alcune, come Shinobi e lo stesso Golden Axe, hanno provato a rimettersi in gioco con risultati dimenticabili, riaccomodandosi in panchina per non rialzarsi mai più. Sonic invece, ha continuato a correre andando spesso a sbattere, che i nuovi titoli erano molto poco convincenti. E partecipa con l’ex nemico storico Super Mario ai giochi olimpici invernali. Dove andremo a finire, signora mia.

Compro la raccolta, più per la curiosità di rispolverare quei titoli che per altro. Nonostante le compilation di vecchi giochi fosse prassi ormai da anni (qualcuno si ricorderà i vari Namco Museum e Capcom Collection), l’effetto nostalgia non era così invadente come adesso, dove ogni operazione di questo tipo sta lì a ricordarti che i bei tempi sono passati e tu sei un giovane vecchio.

Leggendo una recensione della raccolta, scopro che Golden Axe III non era mai stato pubblicato in Europa durante il periodo dei 16 bit. Aspetta, cosa?

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Sapevo dell’esistenza di Golden Axe III, ma non avevo la minima idea della sua mancata commercializzazione fuori dal Sol Levante, tantomeno non ne conoscevo il motivo. Non si trattava certo di uno di quegli oscuri JRPG o puzzle game che potevano piacere solo ai giapponesi, anzi, era il terzo capitolo di un franchise con un certo seguito, di un genere allora molto popolare come quello dei picchiaduro a scorrimento. Cerco info su Internet e pare che SEGA, non soddisfatta della qualità complessiva del gioco, abbia deciso di non pubblicarlo in Europa e negli Stati Uniti.

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Dopo un doveroso replay dei primi due episodi, gioco finalmente a Golden Axe III. Come prima cosa scopro che i protagonisti storici sono morti tranne il nano Gilius, che appare come PNG. Il barbaro Ax Battler e Tyris Flare sono stati rimpiazzati da due personaggi praticamente identici, a cui sono stati aggiunti un energumeno e una pantera umanoide, per un totale di quattro personaggi totali. La formula di gioco è rimasta logicamente la stessa: vai e pialla di mazzate tutti quelli che si frappongono fra te e il boss finale. Ci sono le nuove aggiunte di rito, fra cui mosse speciali esclusive per ogni personaggio, e un paio di novità interessanti: prigionieri da liberare che regalavano vite extra e percorsi a bivi che aumentavano la rigiocabilità. Che effetto faceva giocare per la prima volta a un gioco del 1993 nel 2010? Beh, nessuna. Era un titolo figlio di quegli anni, tra l’altro di un genere ampiamente diffuso dove le differenze fra i vari giochi erano davvero minime.

Però sarebbe bello vedere un Golden Axe IV. Dopo Streets of Rage 4, Sonic Mania e il nuovo Alex Kidd, c’è speranza per tutti.

Questo articolo fa parte della Cover Story “Meglio tardi che mai”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

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