Outcazzari

Ghostwire: Tokyo, paese che vai, fantasmi che trovi

Ghostwire: Tokyo, paese che vai, fantasmi che trovi

Ghostwire: Tokyo è stato tra i giochi di quest’anno, almeno quelli usciti finora, che mi è rimasto più impresso, pur non considerandolo tra i migliori. Lo so, è strano, ma c’è un motivo preciso legato a una circostanza che, in realtà, sarebbe bello se venisse sfruttata maggiormente da altri sviluppatori.

Andiamo con ordine, comunque. Perché non lo considero tra i migliori? Nemici ripetitivi, trama un po’ meh, armi sfruttate troppo poco (quanto sarebbe stato meglio avere determinati fantasmi resistenti o deboli a determinati elementi?) e in generale un aspetto tecnico strano: grafica decente, più che decente, ma sistema di movimento e interazione ambientale un po’ troppo vecchi.

Cosa si salva? La mitologia.

La mitologia.

Nell’immergermi nel mondo di gioco e nelle sue vicende mi sono scontrato con una valanga di informazioni e particolarità culturali che da occidentale piuttosto convinto mi erano del tutto nuove e sconosciute. Non stavo incontrando mostri che conoscevo già grazie a una (discreta) conoscenza della mitologia occidentale, ma era praticamente tutto nuovo, il che ha contribuito a creare un’atmosfera di scoperta e meraviglia non indifferenti.

Andare a vedere un tipo di entità sovrannaturale, leggere e magari per la curiosità finire su un sito esterno al gioco per vedere se quelle creature erano state ricreate fedelmente al “lore” giapponese (si, lo sono) è stato qualcosa che ha accompagnato il gioco tanto quanto il gameplay.

E penso che sia in realtà proprio questo a donare una caratteristica unica a Ghostwire: Tokyo che lo rende migliore di quanto non sia davvero, è una occasione di scoprire una cultura distante, non nelle sue apparenze moderne ma nei suoi miti e nelle sue usanze più oscure e remote. È uno sguardo di fatto quasi scolastico a un folclore che è probabilmente del tutto alieno alla maggior parate dei giocatori occidentali nonché, onestamente, meraviglioso.

Meraviglioso perché ora so che “esistono” spiriti che possono insediarsi in una casa, spiriti bambini che fanno dispetti ma che se li rispetti portano prosperità. Adesso, quando guardo un ombrello abbandonato in strada forse lo osservo con occhi diversi, e no, non sto parlando dei mostri simili a Slenderman che sicuramente si sono visti nei trailer, ma di spiriti che si insediano negli oggetti domestici dando loro vita.

Ci sono molti esempi di piccole note di cultura giapponese in tutto questo, ma lasciando da parte il folclore anche il puro e semplice cibo era un’occasione di scoperta e di studio. Piatti tipici locali di cui onestamente non avevo mai sentito parlare, ho potuto scoprirne alcuni, capire come erano fatti e magari segnarmi mentalmente “ehi, ma sai che ‘sti dorayaki sembrano buoni?” e, vai a sapere, quando li ho assaggiati nel mondo reale erano una figata totale per il palato, e non li avrei mai assaggiati se non fosse stato Ghostwire: Tokyo a farmeli scoprire.

Questo, senza mezzi termini, è il pregio più grande che ho trovato nel gioco, la sua particolarità unica, ed è un peccato che non venga sfruttata in altri titoli più spesso. Tutto viene delegato al gameplay, all’azione, alla grafica, alle meccaniche avanzate, ma spesso è la costruzione del mondo a soffrire maggiormente ed è un peccato, perché i videogiochi sono, potenzialmente, una fonte di istruzione potentissima. Se si riesce a insegnare qualcosa di nuovo a qualcuno facendolo divertire e appassionare non è solo probabile che questa persona continui a interessarsi, ma le “lezioni” gli rimarranno ancora più impresse.

È per questi motivi, in realtà, che penso di poter dare a Ghostwire: Tokyo il riconoscimento di essere tra i migliori “giochi mediocri” che abbia sperimentato. Un onore dubbio? Forse, ma quando passeranno mesi, anni, so già che mi ricorderò di quel maledetto ombrello saltellante e di quell’inquietante spirito a forma di serpente con la testa di donna. Quando camminerò in un bosco e mi taglierò una caviglia senza sapere come sia successo la mia mente tornerà agli spiriti di procioni volanti con lame al posto di braccia che si muovono velocissime nelle foreste giapponesi.

Ghostwire: Tokyo non è un gioco stupendo, non è neanche ottimo, ma è sicuramente un gioco memorabile.

Quando Thor e Hulk si sono incontrati in TV, ben prima di The Avengers

Quando Thor e Hulk si sono incontrati in TV, ben prima di The Avengers

Cazzotti nello stomaco: Hellblade Senua's Sacrifice

Cazzotti nello stomaco: Hellblade Senua's Sacrifice