Darkest Dungeon II e il lungo pippone al quale non so manco che titolo dare
Qualche giorno fa, dopo duecento e passa ore di gioco, ho finalmente completato un GRAND SLAM in Darkest Dungeon II. Se non ci avete giocato, consiste nel completare il gioco a tutti e cinque i crescenti livelli di difficoltà con lo stesso party di quattro, senza che nessuno mai muoia e sia sostituito durante il tragitto. È una bella sbatta e quando finalmente ce l’ho fatta (a proposito, se magari ci state provando anche voi: a salvarmi la vita è stato scoprire che non bisogna fare le cinque confessioni in ordine crescente 1-5, ma le si può fare in ordine sparso, per cui per esempio partire dalle ultime e più difficili così la volta che riesci a farle ti rimangono solo le prime più facili e rischi meno di sbroccare perché un boss ti ammazza la Vestal un turno prima di morire rovinandoti otto ore di lavoro) ho esultato.
Poi ho aperto la mail e ho trovato la nuova newsletter di Red Hook (a proposito, il loro nome è l’unico motivo per cui questo pezzo rientra nella Cover Story), e ho letto questa frase: “Later this month, we’ll be enlisting YOU, the Darkest Dungeon community, to collaborate with the Red Hook team and help us create the next Darkest Dungeon II update”. E mi sono disperato.
Mi spiego.
Darkest Fighter Turbo: Hyper Fighter
Darkest Dungeon è stato a lungo uno dei miei giochi preferiti di questi ultimi anni, uno dei miei roguequalcosa (pur non essendolo di fatto, diciamo un “gioco a run”) di riferimento dal momento dell’arrivo in Early Access. L’ambientazione da sola bastava per fare il gioco, per me, e nonostante non amassi granché il lato di micromanaging del roster preso di peso da X-Com, ci ho comunque dedicato una quantità brutta di ore. Questo perché il sistema di combattimento da solo bastava a convincermi a metterlo su anche solo per una mezz’ora a pulire un piccolo dungeon. È un sistema molto preciso e prevedibile, ma anche infido e bastardo, nel quale RNGesù è sovrano e il cui scopo è per il 90% trovare modi per aggirarlo o piegarlo al tuo volere. Roba da masochisti ma divertentissima da riuscire a rompere o quantomeno ad aggirare.
Perché all’inizio Darkest Dungeon, un gioco che faceva di tutto per rompere te a ogni passaggio, era comunque rompibile a sua volta. Come in qualsiasi gioco con uno squaderno di classi diverse, ce n’erano alcune più basilari e affidabili, altre più esoteriche e che richiedevano una profonda conoscenza dei sistemi di gioco per funzionare, e altre ancora semplicemente pazzissime, tendenzialmente i classici glass cannon, capaci di sparire nel nulla nel giro di due turni ma anche di pulire interi dungeon a colpi di mazzate potentissime e grazie alla benedizione di RNGesù.
Da qui cominciano le foto di DD2. L’area chiamata THE SHROUD, con le sue eco Innsmouthiane, è tanto efficace quanto una TREMENDA ROTTURA DI CAZZO (in senso buono). Fisherfolk!!!
Darkest Dungeon ha funzionato così bene all’inizio, ed è uscito dall’Early Access in ottimo stato, anche perché Red Hook ha passato l’intero periodo di sviluppo a frequentare il proprio canale Discord, e a incoraggiare chiunque a giocare e rigiocare e proporre idee e dare consigli e aiutare nel bilanciamento. So che quella dell’EA è una pratica discussa e in certi casi discutibile, credo però anche che per giochi come DD o Slay the Spire (qui la recensione di Vitoiuvara), l’interazione costante con la community, di fatto un beta testing in diretta, sia un valore enorme, che da un lato coinvolge una bella fetta di giocatori (e in rari casi li fa magari tirare dentro al team di sviluppo), dall’altro fornisce agli sviluppatori una quantità di dati e soprattutto di idee oblique che nessun team di Q&A, per quanto immenso, potrà mai generare. E non credo che il Q&A interno di Red Hook sia un esercito. Di fatto, coinvolgere la player base fin dalle prime fasi di design e poi di bilanciamento è un modo per fare in anticipo quello che comunque toccherebbe fare dopo, perché qualsiasi gioco diciamo così di strategia e numeretti ha bisogno di migliaia e milioni di iterazioni per mostrare tutte le sue possibilità e capire dove andare ad agire per migliorarlo.
Comunque. Il risultato è che DD uscì dall’EA che era discretamente bilanciato ma ancora rompibile in diversi modi, e con alcune classi chiaramente migliori di altre per chi era interessato ad arrivare in fondo. Red Hook, però, non ha mai smesso di usare Discord e di assimilare feedback, il che ha dato origine a un fenomeno curioso ma in realtà prevedibilissimo: la fanbase più attiva sul canale ha cominciato a diradarsi, e mese dopo mese e patch dopo patch sono rimasti solo i fedelissimi. Che sono poi quelli che a un gioco che hanno già sviscerato per bene chiedono due cose: 1) che diventi ancora più difficile e 2) che sia il più perfettamente bilanciato possibile.
C’è questo sistema per sbloccare l’intero skillset delle differenti classi che ti piazza in questi scenari un po’ puzzle e intanto ti insegna come funzionano dette skill che è delizioso.
Ovviamente non ho dati a supporto di questa tesi, ma anni e anni a frequentare queste comunità e a seguire questo tipo di sviluppo in diretta (l’ho fatto anche con Hades e Slay the Spire negli ultimi anni, e Mostreno e Rogue Legacy 2) mi hanno insegnato che quando tanta gente gioca a un gioco, le richieste sono talmente tante e variegate che il risultato è sempre in qualche modo sbilanciato qui e là, manipolabile e rompibile. Quando la gente diminuisce e rimangono solo i giocatori hardcore, anche il gioco tende a venire bilanciato sempre di più fino a diventare un pastone grigiastro nel quale tutte le classi sono utili perché nessuna è più forte o più scarsa delle altre. Ed è esattamente quello che è successo a Darkest Dungeon, che ora del secondo DLC è diventato per me sostanzialmente ingiocabile perché troppo misurato, ragionato, calcolato al millimetro, senza spazio per improvvisazioni o sperimentazioni pazze (o comunque con molto meno spazio).
Darkest Dungeon II, lo dico con convinzione, è un gioco migliore del suo predecessore. Forse ha sacrificato un pelino di atmosfera in favore di un’esperienza più lineare e leggibile, e sicuramente è meno crudele e punitivo nella misura in cui un party wipe non ti riporta al punto di partenza facendoti perdere decine di ore di gioco e il senso di progressione è costante anche nella sconfitta – e questa cosa a un po’ di gente non è piaciuta. Per me la scelta di trasformarlo in un roguequalcosa ancora più classico, con run molto ben definite (e pure lunghette, le peggiori mi hanno richiesto anche quattro ore di lavoro) e la parte manageriale molto snellita, è vincente, e lo rende perfetto sia per le serate di chiusa sia per “una rapida partitina”.
“Gateway to Incomprehensible Emptiness” miglior titolo di canzone che i Morbid Angel avrebbero dovuto usare e non hanno mai usato.
C’è poi il fatto che, pur riciclando molte idee dal precedente, il combattimento di Darkest Dungeon II è, credo indiscutibilmente, migliore e meno frustrante. Le mille percentuali di cui tenere conto nel primo capitolo scompaiono, sostituite da un sistema di gettoni che sì, incarnano i capricci di RNGesù, ma sono oggetti fisici, manipolabili ed eliminabili, non vaghi numeri tipo “74% di probabilità di colpire”. In Darkest Dungeon II puoi solo colpire. Poi magari hai il gettone che ti dà il 50% di possibilità di mancare, o il mostro orrendo che vuoi colpire ha il gettone che gli dà il 75% di possibilità di schivare. Ma di base sai perfettamente in partenza cosa farà qualsiasi skill, e la bravura sta nel manipolare i gettoni, che è un modo molto più gentile e digeribile di portare RNGesù dalla tua parte.
È bilanciato? Per un cazzo, potrei farvi qui su due piedi la tier list delle sedici classi e non avrei dubbi né sulle prime né sulle ultime posizioni: c’è roba praticamente ingiocabile a meno di combinazioni fortunate, altra che è talmente efficace che puoi metterla ovunque e come il prezzemolo insaporisce sempre. Ci sono skill che ho toccato una volta e poi messo in soffitta, altre la cui animazione è ormai stampata sull’interno delle mie retine. Ci sono due classi in particolare che, per ammissione della stessa Red Hook, al momento fanno schifo (curiosamente o forse no lo fanno perché sono ancora troppo simili a com’erano nel primo), e vanno allineate al resto del roster.
Il sistema di affinità tra personaggi che si sviluppa ed evolve durante la run sembra all’inizio una GIGANTESCA ROTTURA DI CAZZO (in senso negativo). Poi capisci che a) se lo usi bene ti vince le run da solo e b) il segreto per usarlo bene è l’alcool e all’improvviso diventa un meta-gioco divertentissimo.
Magari avete capito dove voglio andare a parare: al momento Darkest Dungeon II è un gioco migliore del predecessore anche perché è più un casino. E il mio terrore è che, coinvolgendo in maniera così diretta i giocatori in una serie di operazioni tra cui il redesign di alcune classi, il gioco possa prendere la direzione di Darkest Dungeon post-Crimson Court. Ribilanciarsi, pareggiare, limare gli spigoli. E banalizzarsi.
Mi spiacerebbe perché mi ci sono molto affezionato. Ora lo metterò da parte per un po’ perché è uscito Mostreno 2 e devo ricominciare a spaccarmi il cervello in un altro modo. Ma mi spiacerebbe riprenderlo tra qualche mese e scoprire che si è normalizzato, che è stato equalizzato, che tutti i numeri ora sono più equilibrati, che dare un singolo colpo da oltre 100 danni non è più una cosa che ti viene una volta a settimana facendoti esultare ma una che ti viene una volta l’anno e alla quale è legato un trofeo.
Capito perché il pezzo non ha titolo? Non ho neanche una conclusione da offrirvi, è letteralmente solo un lungo rant su una cosa che peraltro non è ancora successa e magari non succederà. Vabbe’. Giocate a Darkest Dungeon II, non ve ne pentirete e se ve ne pentirete vi starete sbagliando.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al colore rosso, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.