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Anarchy Reigns - la recensione che se l’è presa comod(issim)a

Ci sono cose che sono destinate ad accadere. Ci sono cose che vanno ottenute lottando, facendo sacrifici e imprecando al cielo mentre tutto sembra svanire nel processo, ma che alla fine arrivano e sono bellissime. E poi c’è Anarchy Reigns, talmente inarrivabile che hai voglia a bestemmiare il cielo e i distributori.

Un passo indietro: Anarchy Reigns esce nel lontano giugno 2012 in Giappone e, nonostante Platinum Games e SEGA avessero inizialmente in programma di distribuire il gioco in contemporanea mondiale, già nel maggio dello stesso anno le due figure decidono di aspettare e guardare i risultati di vendita del gioco, ché vai a sapere. Sì, perché dovete sapere che Anarchy Reigns è un titolo strano, una di quelle robe al limite del concettuale e meta/autoreferenziali che si dice “quanto siamo fighi (leggasi nipponici), eh, visto?” da sola, un po’ alla maniera della double feature Grindhouse firmata Tarantino e Rodriguez.

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Anarchy Reigns è infatti una riproposizione tridimensionale dei bei beat ‘em up vecchio stampo, o se vogliamo un musou vero e proprio à la Dynasty Warriors (ma anche One Piece Pirate Warriors), che prende forma nell’universo di MadWorld, titolo action che segnò il debutto di Platinum nel 2009 su Wii, e che rimase impresso nella testa dei fan per il grande potenziale espresso dal team e soprattutto per lo stile grafico à la Sin City. Pur non riproponendo (sbagliando?) quello stile grafico sublime, Anarchy Reigns è un divertito e divertente mettere in mostra tutta la cazzimma propria del design nipponico, tra ambientazioni post apocalittiche e personaggi caratterizzati oltre ogni occidentale comprensione, capaci di drammoni personali tali che a un certo punto sembrerà di aver spremuto assieme Remì e Ken il guerriero.

La parte meta/autoreferenziale sta nel fatto che, ovviamente, essendo il gioco ambientato nell’universo di MadWorld, Platinum ripropone in Anarchy Reigns alcuni dei personaggi già visti nel suo titolo di debutto, tra cui ovviamente spicca Jack, uno dei due protagonisti disponibili per affrontare l’avventura in single player. I personaggi inediti, poi, hanno beneficiato del fattore “tela bianca”, che ha di fatto contraddistinto lo sviluppo del gioco, con cyborg che non avrebbero sfigurato in Vanquish (o, perché no, Revengeance), robottoni, mutaforma, possessori di poteri ESP e, non ultimo, un cattivo stereotipicamente russo. In Anarchy Reigns c’è spazio per tutto, basta che sia fuori di melone e marcatamente nipponico.

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Non bastasse questo a renderlo un titolo “esagerato” per il pubblico occidentale, dovete sapere che Anarchy Reigns è stato concepito soprattutto per il gioco online. Il gioco in singolo, nonostante sia affrontabile addirittura attraverso due punti di vista (il già citato Jack e la novità Leo), non è altro che un divertissement ricco di simpatiche varianti, dalle partite di basket alle corse contro il cronometro (anche su mezzi) e alle fasi di scorta (e non solo), che permetterà di sbloccare, dopo averli sconfitti negli immancabili boss fight, i sedici personaggi da utilizzare durante le risse multiplayer. Queste, poi, prenderanno luogo in molte delle ambientazioni già viste lungo la campagna principale.

Gioco online che, tra l’altro, mette in risalto l’ennesimo aspetto squisitamente giapponese di Anarchy Reigns: il combat system. Tutti e sedici i personaggi giocabil hanno il loro set di mosse personalizzato, le loro combo specifiche e le loro caratteristiche uniche, che pur non trovando le vette di profondità di un Bayonetta o di un Devil May Cry (decidete voi quale versione), contribuiscono alla caratterizzazione a tutto tondo e soprattutto garantiscono al giocatore un’ampia scelta di approcci diversi tra cui scegliere il proprio, con cui affrontare le innumerevoli modalità di brawling online proposte da Platinum Games.

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Come se non avessero fatto abbastanza esercizio di stile, gli ex Clover Studio propongono infatti diverse modalità per far scontrare i giocatori: la Royal Rumble a sedici partecipanti, il Deatmatch a squadre, le sfide a coppie, i match in gabbia, la cooperativa survival e, per concludere in bellezza il lotto dei grandi classici, anche la cattura della bandiera. Se però non volete fare la figura degli antichi, tra le modalità figurano anche Death Ball, ovvero il calcio fiorentino visto dagli occhi di Platinum, e la sobria Battaglia Aerea, in cui riempirsi di mazzate stando appesi a degli elicotteri (!!!).

Se aggiungete a questo macello di roba anche che, così come avviene lungo l’avventura principale, durante le partite potrebbe sempre arrivare un raid aereo felice di bombardarvi, o una fuga di gas tossico, delle piante carnivore, per tacere dei potentissimi bot (tra cui va nominato sicuramente il buon vecchio Cthulhu), tutti pronti a seminare il panico indiscriminatamente, sia che stiate prendendo parte ad una partita a squadre che a una partita “ognun per sé”, beh, direi che avete capito perché parlavo di opera divertita e divertente.

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Nonostante la sua esagerazione continua, il design sopra le righe e la natura “libera e felice” in cui sguazza, esportare fuori dal Giappone Max Anarchy (questo il titolo originale del gioco) avrebbe avuto senso proprio in virtù di questa ricca componente online, che ha la duplice virtù di volersi accaparrare i favori del pubblico occidentale votato al multiplayer e, conoscendo Kamiya, di recapitare un gigantesco (quanto silente) vaffanculo a CliffyB.

Il problema vero, purtroppo, è stato quello di aver posticipato di sei mesi la distribuzione del gioco al di fuori della terra del Sol Levante, non capitalizzando così la forza della componente online, svuotata di tutto il pubblico nipponico e quindi drammaticamente incapace di radunare sempre tutti i partecipanti richiesti per riempire una stanza di gioco. Anche perché, diciamolo, il gioco in sé non ha esattamente l’appeal giusto per ingraziarsi il larghissimo pubblico in occidente, mentre chi era interessato, magari dopo aver scoperto Anarchy Reigns un po' per caso, vista la mancanza degli annunci trionfali riservati ad altri titoli Platinum, si è un po' perso nel tentativo di comprendere quando il gioco sarebbe finalmente uscito. Nell’era di Internet sembra un po’ anacronistico, ma così è.

Se ai sei mesi di ritardo dovuti alla suddetta scelta di distribuzione ci aggiungete che sono dovuto andare a cercare il gioco per mezza regione, in maniera del tutto infruttifera, senza neanche trovare conforto nella distribuzione online del potente Amazon, le possibilità di mettere mano all’ultima (nel frattempo penultima) fatica Platinum svanivano col passare delle ore. Per fortuna, proprio come nel famoso film, l’ultima speranza si è rivelata essere il potente Jedi Obi-Wan Kenobit, che mi ha fatto dono della sua copia promo del gioco. Dopo non uno, ma ben due viaggi (ché sennò accorciavamo troppo i tempi) in sella ai potenti mezzi delle poste italiane, il pacchetto giunge infine tra le mie mani, in concomitanza con un altro vagone di roba più o meno videoludica che dilata i tempi di creazione di questo strampalato resconto.

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Insomma, cosa rimane - quasi nove mesi dopo - di Anarchy Reigns? Rimane un beat 'em up squisitamente giapponese, che con Grindhouse condivide quel senso di libertà artistica e concettuale che è propria di chi fa il suo lavoro per passione e per esprimersi ancor prima che per soddisfare il proprio pubblico abituale - cosa che comunque fa alla grande - e che, anzi, cerca di compiacere (pur a modo suo) chi di solito guarda storto quel tipo di produzione, pur non sottraendolo agli stilemi tipici delle proprie opere.

E soprattutto rimangono delle lobby online tristemente vuote, in cui è impossibile raggiungere i due partecipanti, figuriamoci tutti i possibili sedici. In modo un po’ consolatorio, è possibile giocare alle modalità online riempiendo le partite con dei bot. Però, converrete, la cosa non solo non dà minimamente idea del reale casino causato da sedici persone che si prendono a motosegate in faccia, ma è anche triste a livelli di insalata del McDonald’s.

Se quindi riuscirete a mettere mano ad Anarchy Reigns, tantopiù che è ora disponibile per il download su PlayStation Network, prendetelo se volete un musou griffato Platinum Games, perché avrete esattamente quello che cercate e forse qualcosa in più. Di sicuro, a meno di non coalizzarvi con qualche amico estimatore quanto voi di questo esercizio di stile, dovrete rinunciare al multiplayer, che in pratica era la cosa che doveva valere il proverbiale prezzo del biglietto e che, purtroppo, è dovuta soccombere sotto i colpi di previsioni di vendita realistiche (leggasi basse) e della conseguente distribuzione, che non guarda in faccia a nessuno. Chissà, forse, con una politica come quella adottata da Nintendo con Liberation Maiden, a quest’ora staremmo parlando di qualcos’altro. Qualcosa che non sia uscito nove mesi fa, ad esempio.

Questo pezzo sarebbe dovuto intitolarsi “Con vivo rammarico devo comunicarvi che per un imprevedibile disguido la copia dell'annunciato Anarchy Reigns non è arrivata in tempo e quindi la recensione non potrà avvenire”, ma poi non sarebbe stato propriamente corretto. E poi, oh, la lunghezza. Ho giocato ad Anarchy Reigns su Xbox 360 grazie ad una copia promo fornita da Fabio Kenobit Bortolotti, (prima o poi ti tributerò le birre che meriti) ancor prima che dal distributore. E, visto che non l’ho ancora detto abbastanza, “giapponese” e “nipponico” (che comunque sono due gran bei complimenti).

Voto:7

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