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Racconti dall'ospizio #55: Contra III: The Alien Wars li ammazza stecchiti

Racconti dall'ospizio #55: Contra III: The Alien Wars li ammazza stecchiti

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Detto fra noi, fuori dai denti e senza false ipocrisie: non so che farmene dell'odierna Konami, il solo parlarne o scriverne mi disgusta. Il passato a dir poco glorioso ha lasciato spazio a un presente da contabile, quello di una software house intenta a sacrificare la sua anima sull'altare del solo profitto, rinunciando (forse per sempre) all'estro. Me ne infischio del listino azionario, al diavolo spese e ricavi, sono un giocatore e come tale rimpiango gli anni d'oro della grande K, quelli in cui spadroneggiava. Darei fuoco a tutti i PES del mondo se solo servisse a qualcosa, se solo fosse sufficiente a invertire il trend, creando una sorta di cortocircuito temporale. Non mi resta che farmene una ragione, crogiolandomi nei ricordi e rintanandomi nei Racconti dall'ospizio.

Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così...

Con quella faccia un po' così, quell'espressione un po' così...

Contra III: The Alien Wars (classe 1992) è ciò che più mi manca, perché oggidì i run and gun non sono affatto in voga. Anche i più duri degli eroi sono usciti di scena, passando il testimone a una generazione di cascatori à la Nathan Drake, che flettono i muscoli, si gettano nel vuoto e puntualmente trovano una sporgenza alla quale appigliarsi. Nessuno di loro sarebbe in grado di affrontare la minaccia di un'invasione aliena, figuriamoci poi se armati (almeno inizialmente) di una timida mitragliatrice. Il dinamico duo di casa Konami sorride sornione, sbeffeggia i giovinastri e con nonchalance piazza una pallottola in fronte allo xenomorfo. Per quanto forti e coraggiosi, Jimbo e Sully hanno più volte sventolato bandiera bianca al cospetto della censura, una creatura rintanatasi nel mercato PAL. Nell'occasione i protagonisti furono rimpiazzati da due anonimi robot e il gioco fu intitolato Super Probotector: Alien Rebels, eliminando così qualsiasi riferimento ai contras, un gruppo armato controrivoluzionario del Nicaragua sostenuto e finanziato dalla CIA.

Pussa via, brutta zanzara troppo cresciuta!

Pussa via, brutta zanzara troppo cresciuta!

Nonostante fossi cresciuto a pane e film action, non ero affatto pronto per Contra III: The Alien Wars, anello di congiunzione fra Aliens – Scontro finale e Commando. Il primo livello me lo ricordo come se fosse ieri, ho ancora negli occhi quel trattato di game design, un meraviglioso crescendo inframezzato da qualche attimo di respiro. Rimasi di sale al passaggio del bombardiere, sprite che senza preavviso arriva dall'orizzonte, scivola in primo piano e poi scompare nel nulla. Al cospetto del boss – una gigantesca tartaruga mutante con tanto di collo estensibile – ero in estasi. Superata la formalità, Konami riuscì a stupirmi ancora, stravolgendo la prospettiva dell'azione e passando alla visuale dall'alto. Il secondo stage era lì, con le sue mille rotazioni interamente realizzate in Mode 7, magia poi ripetuta nel quinto livello, il meno ispirato fra le due variazioni sul tema. Io ero senza parole, incollato al televisore e cementato al joypad.

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Contra III: The Alien Wars è un omaggio sentito alla cinematografia di genere: è un trip di adrenalina e piombo fuso, una sceneggiatura scritta su misura per Schwarzy, che non a caso campeggia sulla copertina nipponica del gioco. Forse non ci avete mai fatto caso, ma la parte superiore di quell'illustrazione ricalca quasi in toto la locandina di Codice Magnum, film del 1986 interpretato da Governator. Questa è solo una delle tante chicche inserite da Konami, una software-house che in quel periodo brillava come poche. Le citazioni sono molteplici, ma non avrebbe senso elencarle tutte. Una in particolare strizza l'occhio a Terminator: si tratta di un colossale endoscheletro di T-800, un titano che sbuca da una parete sullo sfondo, squarciandola come se fosse di cartongesso. Una volta sconfitto, esce di scena in maniera a dir poco clamorosa, perdendo letteralmente la testa e ghigliottinandosi da solo.

Fronte, retro e...

Fronte, retro e...

Non ho dubbi in proposito, sono convinto che Contra III: The Alien Wars non abbia termini di paragone. Non me ne vogliano i fan di Contra: Hard Corps, gioco a suo modo conturbante, ma più tendente al Gunstar Heroes, differenza tutt'altro che trascurabile. Ne riconosco il valore storico - è stato il primo capitolo della serie a fare capolino su una console SEGA – e non pecca d'inventiva, ma a mio avviso non regge il confronto con il must per Super NES. Contra perderà la sua identità di lì a breve, nel passaggio ai sistemi a 32 bit, lasciando un vuoto difficile da colmare. Per fortuna Metal Slug ne raccoglierà l'eredità, ma solo fino al terzo capitolo.

...fonte d'ispirazione.

...fonte d'ispirazione.

Oggi non resta molto di Contra, se non qualche orrenda pachislot e un tremendo free to play per smartphone, titolo destinato al solo mercato cinese. Il silenzio è suonato da un pezzo, ve l'ho detto. Per quanto raccapricciante, questo presente è trascurabile, basta non curarsene. Fai pure del tuo peggio, Konami, tanto ormai mi scivoli addosso.

Questo articolo fa parte della Cover Story "Aspettando il Nintendo Classic Mini: Super Nintendo Entertainment System", che trovate riepilogata a questo indirizzo.

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