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Giocatori di tutto il mondo, disunitevi: lo SNES Mini in Giappone

Giocatori di tutto il mondo, disunitevi: lo SNES Mini in Giappone

Estate 1993. Una delle migliori che ricordi. Un anno prima di quegli assurdi mondiali in USA con Roberto Baggio. Jerry Calà fa ancora pubblicità con il porcospino blu in formato Badge. A breve inizierò la prima media. Mi son lasciato alle spalle gli esami di quinta elementare, ho 11 anni e sono un accanito sostenitore del Mega Drive, del Game Gear, del porcospino e di ogni prodotto SEGA.

Una sera di un giorno dell’anno indefinibile, i miei genitori decidono di fare un giro alla Metro e mi trascinano con loro. I minorenni, all’epoca, non sarebbero potuti entrare ma, non so come, io ero lì dentro. Camminando per la prima volta in quegli enormi corridoi, pervasi di odori strani, lo vidi. Un totem Super Nintendo. Con Super Mario World. Di cui avevo visto soltanto spot, fino a quel momento.

Quello, amici, è stato il giorno in cui sono diventato un fanboy Nintendo.

Passano gli anni, le scuole medie son ben più che finite e durante le superiori scopro su internet l’esistenza degli emulatori. Siamo ancora agli inizi, ogni mese viene aggiunto il supporto a qualche funzione essenziale (penso che “Mode 7 added”, nei changelog dell’epoca, abbia fatto sobbalzare sulla sedia parecchi appassionati) e si apre un mondo: ancora studente con pochi spiccioli in tasca, tanto tempo per giocare e tanto tempo libero, un mix mortale.

Così comincio a divorare di tutto. In primis quel Super Mario RPG che, in seguito alla interminabile - all’epoca - diatriba tra Nintendo e Squaresoft, mai arriverà in formato fisico europeop (no, non compravo giochi import, anche perché dalle mie parti non sapevano neanche che cosa fossero), ma soltanto in formato digitale grazie alla Virtual Console di Wii.

E che belli, successivamente, gli Hanabi festival, durante i quali alcuni giochi riservati al Paese del Sol Levante vedevano per la prima volta la luce ufficialmente in Europa!

Ma oggi, con l’arrivo di questa piccola, nostalgica scatoletta?

Dietro l’angolo o, per meglio dire, dall’altro lato del globo, ci sono tanti giochi che mai arriveranno dalle nostre parti. Confermando questa regola, anche con la messa in vendita del Nintendo Classic Mini: Super Nintendo Entertainment System (nome breve e conciso, come un film della Wertmüller), alcuni giochi sono rimasti in Giappone, seppure a suo tempo fossero arrivati da noi. Andiamoli a scoprire uno per uno.

Fire Emblem: Mystery of the Emblem

Primo episodio della serie ad apparire su Super Nintendo (e terzo dall’inizio della saga), viene riproposto come un enorme gioco diviso in due parti, anche grazie al fatto che si tratta del primo gioco per Super Famicom ad utilizzare una cartuccia da 24 Megabit. Nella prima parte, chiamata Book One, ci ritroviamo davanti a un remake del primo episodio per NES, mentre nel Book Two, nuovo di zecca, scopriamo cosa sia successo dopo.

Sviluppato in contemporanea col secondo capitolo uscito su NES (Fire Emblem Gaiden), ha dalla sua una realizzazione grafica tecnologicamente superiore; abbandona inoltre le nuove meccaniche da JRPG introdotte nel secondo capitolo (mappa liberamente esplorabile, città esplorabili), tornando a una formula che, con poche modifiche, è arrivata ai giorni nostri con gli ultimi episodi della serie.

Interessanti l’introduzione dei salvataggi su batteria tampone e la novità, per l’epoca, del comando “Dismount”, che permette di scendere da cavallo e utilizzare le spade, non disponibili quando ci si trova in sella: in alcuni spazi angusti, come le grotte, è necessario farlo per poter superare il livello.

Una immagine misteriosamente (?) in inglese di un livello del gioco.

La storia è ambientata nel continente immaginario Archanea e il protagonista è un certo Marth, che alcuni di voi ricorderanno per la sua partecipazione a Super Smash Bros. e per il suo amiibo.

Marth, principe di Altea, discendente dell’erore Anri, si ritrova esiliato nella vicina Talys, e comincia la ricerca della mitica spada Falchion, arma con la quale potrà affrontare i perfidi nemici, reclamare il regno di Altea e salvare sua sorella.

Del gioco esiste anche un remake per Nintendo DS, dal titolo Fire Emblem: New Mystery of the Emblem; anch’esso non è mai stato pubblicato in occidente e aggiunge all’esperienza alcune mappe originariamente pubblicate come giochi autonomi su Satellaview, estensione satellitare del Super Famicom che permetteva di scaricare contenuti e videogame interi già negli anni Novanta, seppur solo in Giappone.

The Legend of the Mystical Ninja

“Ganbare Goemon” è una di quelle cose a caso che da tanti anni pronuncio quando voglio un suono cacofonico nella mia testa. L’ho letto da qualche parte negli anni Novanta, forse su un numero di Super
Console o di Game Power, ed è rimasto impresso a fuoco nella mente. Il suono del fonema “nb”, inesistente in italiano, e il dittongo “oe” sono molto probabilmente all’origine di questa mia fissazione e del
seguente tentato e poi abbandonato studio del giapponese.

Ci troviamo davanti a un action adventure, con una colonna sonora su di giri che fa da piacevole accompagnamento. La storia, ricca di colpi di scena, comincia con i due protagonisti Goemon - ispirato al Goemon Ishikawa originale, di cui il Goemon complice di Lupin sarebbe il tredicesimo discendente - e Ebisumaru, che si accorgono di strani accadimenti nella loro città natale, Oedo, riguardanti una donna e una
serie di animali fantasmi che sembrano manifestarsi da un tempio durante la notte. Indagando, sconfiggono la donna fantasma, che si rivela essere una gatta ninja, Kurobei. Costei spiega che il suo obiettivo era proprio trovare qualcuno di molto forte per aiutarla, e accertatasi della loro disponibilità, li invia sull’isola
Shikoku, alla ricerca del proprio capo: Koban.

Così comincia una storia avvincente, ricca di colpi di scena e intricata, fatta di indagini, esplorazioni e mazzate. Tante, tante mazzate.

L’azione alterna sezioni - la prima parte di ogni livello - in cui ci si può muovere liberamente in tutte e quattro le direzioni, esplorando una città: si può accedere ai negozi, imparare nuove mosse, cambiare area; la seconda parte prevede un livello prettamente platform in cui spostarsi solo verso destra o sinistra, attaccando i nemici ed evitando i loro attacchi, con al termine un boss e il proseguimento della storia.

Non vi vien voglia di provarlo prima di subito?

L’arma principale è a basso raggio e si può potenziare raccogliendo dei gatti che i nemici lasciano cadere quando sconfitti. Abbiamo a disposizione anche un’arma da lancio, il cui uso diminuisce la quantità di denaro posseduto e in seguito è possibile procurarsi delle bombe acquistandole nei negozi o vincendole in minigiochi. Man mano che la storia progredisce, Goemon ed Ebisumaru imparano in ogni città una nuova mossa Judo, abilità speciali come un attacco che danneggia tutti i nemici sullo schermo o un animaletto che possono cavalcare e usare per attaccare i nemici.

Quando uscì dalle nostre parti, nel 1994, The Legend of the Mystical Ninja ottenne ottimi voti dalla critica. Ancora oggi è una perla, che potete trovare sull’eShop di Wii U e New 3DS. È davvero un peccato che Nintendo abbia deciso di non inserirlo nella versione europea del Super Nintendo Mini.

Panel de Pon

Arrivato dalle nostre parti come Tetris Attack, Panel de Pon, pubblicato in Giappone nel 1995, è un precursore dei puzzle game alla Candy Crush. In una schermata piena di gemme con diversi simboli, bisogna scambiare a due a due orizzontalmente le gemme contigue per allinearne, orizzontalmente o verticalmente, tre dello stesso colore.

Quanto sono chibi, quei grossi blocchi aggiuntivi che il nostro avversario ha ben pensato di lanciarci sul groppone?

In Giappone, la storia verte sull’attacco di Sanatos, re del male, al mondo dei Popples, popolato da fate. Al termine di lotte intestine tra fate ed enigmi sempre più complessi, troviamo il versus mode, che nella sua modalità difficile ci porta quindi al finale del gioco.

Nintendo ha pensato a un rebranding incrociato, prima di pubblicarlo dalle nostre parti: tutta la storia è stata cambiata con elementi provenienti da Super Mario World 2: Yoshi’s Island, in cui anziché la fata Lip, il protagonista è Yoshi, che si ritrova a combattere contro Bowser e suoi scagnozzi, rei di aver lanciato una maledizione sui compagni di Yoshi.

RIguardo alla scelta del titolo Tetris Attack, vi lascio direttamente alle parole del CEO di Tetris Company:

Quando Nintendo ci contattò e ci disse “vorremmo prendere questo gioco giapponese chiamato Panel de Pon e rinominarlo Tetris Attack”, dissi “non è Tetris”. … A posteriori, non avremmo mai dovuto permetterlo. Non penso che sia stata una buona idea. Disperde il marchio, sarebbe come chiamare un altro personaggio dei cartoni animati Topolino solo perché ti servono dei soldi.
— Henk Rogers, Amministratore delegato di Tetris

Super Soccer

In un’epoca in cui si stava ancora sperimentando con le meccaniche, le visuali e la fisica dei giochi di calcio, ogni software house provava a dire la sua. Così fece anche Human Entertainment col suo Super Soccer, pubblicato in madrepatria per Super Famicom nel 1991 e nel 1992 nel resto del mondo.

Super Soccer, a fronte di una presentazione encomiabile, ricca di opzioni, squadre e giocatori dell’epoca riconoscibilissimi, ci presenta un gameplay con visuale dalle spalle dei portieri (possiamo definirla così?) da piena epoca sperimentale. La fisica del pallone che diventa più grande mentre è in volo, l’ineffabile abilità dei portieri, capaci di parare quasi ogni tiro eccetto se proveniente da una ben definita posizione, il sonoro curato, fanno di questo gioco uno di quei ricordi che è meglio mantenere nel cassetto della nostalgia.

Ecco, se vuoi segnare, quello è l’unico punto in cui il portiere non arriva.

Sarebbe curioso sapere quale processo aziendale abbia fatto sì che Super Soccer venisse inserito nella versione giapponese dello SNES Mini, ma d’altronde stiamo parlando di un paese che ha inventato e scritto le gesta di Holly e Benji, che venera particolarmente il calcio come sport seppur non praticandolo in modo sublime. Digressioni multimediali a parte, mi auguro che non soffriremo troppo per la sua mancanza dalle nostre parti.

Super Street Fighter II

L’anno è il millenovecentonovantaquattro e ne sono passati già tre dal suo arrivo nelle sale giochi, ma Street Fighter II è ancora un titanico macinagettoni. La sua perfezione, il suo bilanciamento, lo stesso piacere intimo che si prova nel giocarci contro avversari umani o contro la CPU non accennano neanche lontanamente a scemare.

Nonna Capcom (no, non mamma), illuminata già più di vent’anni fa dal potenziale economico di collection, remake, patch, update e dlc, decide di tirar fuori una quarta versione (terza pubblicata su SNES) del suo blockbuster, esattamente come fa al giorno d’oggi.

Dopo la Champion Edition e la Turbo, ecco arrivare la versione Super, che introduce quattro nuovi personaggi (Fei Long, Deejay, T-Hawk e Cammy), ridisegna l’interfaccia, aggiunge nuove animazioni e mosse ai personaggi, rifinisce quelle preesistenti e ribilancia un po’ nel complesso il gioco, correggendo alcuni problemi esistenti nelle versioni precedenti.

Una delle nuove leve introdotte in questo aggiornamento colpisce la sua precedentemente monopolistica rivale.

Le versioni SNES e Genesis del gioco - tenetevi forte – supportavano il multiplayer online tramite XBAND, un addon per le due console concepito in USA e arrivato anche in Giappone ma mai visto né sentito dalle nostre parti.

Uno smargiasso video d’epoca VHS di Super Street Fighter II giocato online.

Il grosso del successo però non fu di Super Street Fighter II, bensì della versione Turbo.

La sua pubblicazione su Super Nintendo portò a un marasma di gente ipereccitata che girava per le abitazioni dei propri amici urlando la frase “ARCADE PERFECT!!!”, sudando e sentendosi come se una playmate di playboy avesse bussato in abiti succinti alla sua porta dicendo che aveva bisogno di farsi una doccia per il caldo.

Quando invece arrivò Super Street Fighter II, la tempesta cominciava a placarsi, nelle sale giochi era più raro imbattersi in cabinati della nuova versione e l’effetto sul pubblico fu più paragonabile a “ragazzina coetanea delle medie che ti fa capire che puoi provarci ma solo durante la gita scolastica”, sebbene le riviste dell’epoca, in particolare Game Power, riempissero a tutti la testa con guide all’uso dei nuovi personaggi, recensioni positive e in generale parecchio hype. Storia comune a molti dei giovani virgulti investiti da queste recensioni fu, però: “Ho già Street Fighter II Turbo, aspetterò.”, salvo poi provare, tempo dopo, questa nuova incarnazione del picchiaduro ed essersi sentiti dei saggi ad averlo saltato.

A seguito di questo, considerando che dalle nostre parti tra i giochi presenti nello SNES Mini arriverà la sopracitata versione Turbo, mi sentirei di annuire positivamente con la testa alla decisione di Nintendo di evitarci questo doppione. Quanto manca ancora al 29 settembre?

Voi che ne pensate? Avete ricordi di questi giochi assenti nelle versioni europea e statunitense dello SNES Mini? Raccontate, ché di Racconti dall’ospizio non si è mai sazi.

Questo articolo fa parte della Cover Story "Aspettando il Nintendo Classic Mini: Super Nintendo Entertainment System", che trovate riepilogata a questo indirizzo.

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