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Paris Games Week 2017: Le mie cinque cose preferite della conferenza Sony

Paris Games Week 2017: Le mie cinque cose preferite della conferenza Sony

Ebbene sì, quest’anno non mi sono nate figlie all’improvviso e sono riuscito ad andare alla conferenza Sony della Paris Games Week. Potevo esimermi dallo scrivere l’ormai canonica Top 5 che avrei potuto scrivere anche se me ne fossi stato a casa e che, anzi, avrei scritto più comodamente e più rapidamente se me ne fossi stato a casa? Ma certo che no. Scriverò altro di relativo alla Games Week parigina? Temo di no, dato che – putacaso – oggi parto per Milano. Però, ehi, vai a sapere!

Premio della giuria: Il panel

Al termine della conferenza, dopo un breve intervallo a base di birre, è scattato un "panel" in stile GDC, durante il quale è salita sul palco della gente di spessore: Simon Harris (executive producer, Supermassive Games), Liz Wyle (director new entertainment, London Studio), Luke Smith (design director su Destiny 2, Bungie), Siobhan Reddy (cofondatrice e studio director, Media Molecule) e Shuhei Yoshida (presidente, Sony Worldwide Studios). A moderare, Hollie Bennet di PlayStation Access. Il tema era, più o meno, "Videogiochi per tutti e si è chiacchierato del desiderio e della difficoltà legati al tentativo di ampliare il pubblico dei videogiochi e aumentare l'inclusività". Chiaramente, visti i coinvolti, si è menzionato l'impatto della realtà virtuale e si è parlato del fatto che iniziative come PlayLink possano ampliare il concetto di cosa sia un videogioco e aiutare ad eliminare la barriera d'ingresso costituita dai controller. E in questo senso, secondo Wyle, può aiutare anche l'utilizzo di elementi "live action".

Sono poi state menzionate, soprattutto da Yoshida, la necessità e la voglia di sperimentare in nuove direzioni e cercare vie differenti. E ancora: l'attenzione per la cura estetica diversificata e "accogliente" nei personaggi di un Destiny; la necessità di leggere i dati e capire che talvolta non possano dire tutto, sia invece necessario inseguire ciò che può piacere a un determinato pubblico; l'importanza del linguaggio cinematografico da studiare per comprendere come sviluppare lo storytelling; il fondamentale seguire la comunità e interagire con essa... Reddy ha parlato dell'importanza dell'educazione, di come l'accogliere classi di studenti nei loro studi abbia contribuito a creare un circolo virtuoso d'interesse che, fra l'altro, aiuta a migliorare la diversità, come vedono nell'evoluzione dei curriculum che ricevono a Media Molecule. Circolo virtuoso a cui contribuisce anche lo sviluppare giochi che spingano verso una maggior rappresentazione e, quindi, stimolino l'interesse da parte di più gente. E, in tutto questo, Dreams, il progetto di Media Molecule svelato ormai quattro anni fa e un po' scomparso, durante la tavola rotonda era sulla bocca di tutti, con Yoshida in particolare che continuava a menzionarlo e a dirsi gasatissimo al riguardo. Ne parlavo anche con i colleghi prima della conferenza: ci si chiedeva che fine avesse fatto, a quanto pare siamo in dirittura d'arrivo. Speriamo bene.

5. David Ferretti

Un po’ c’è il solito problema che i giochi di Quantic Dream partono benissimo e poi, dopo tre anni di trailer, fanno in tempo a scassare i maroni (e a non avere più l’impatto visivo dell’esordio). Un po’ c’è che, dopo appunto tre anni, hanno fatto bene a non dargli troppo spazio ma tutto sommato la cosa mi ha sorpreso, vuoi perché siamo a Parigi, vuoi perché è il ventennale di Quantic Dream e infatti c’era pure il party serale. Un po’ questo, un po’ quello, un po’, dopo aver visto Blade Runner 2049, Detroit: Become Human sembra la versione di René Ferretti.

4. Ci vuole un grande pennello

Concrete Genie sembra il gioco per me, fatto apposta per me, è forte con me e da gioco sa dir, parole d'amor… eppure ha qualcosa che non mi convince. Ma non so cosa. Quindi mi fido.

3. “Questo sembra una roba di Fumito Ueda.”

Probabilmente era colpa della birra, ma c’era chi, sui primi secondi di trailer del remake di Shadow of the Colossus, non si è reso conto che era il remake di Shadow of the Colossus. Sembrano proprio aver fatto un gran bel lavoro. E non rallenta!

2. Ghost of Onimusha

Onestamente, alla terza conferenza Sony dell’anno, con la PlayStation Experience ancora da venire, non è che mi aspettassi chissà quale annuncio. E invece ci siamo beccati questo Ghost of Tsushima, che non si sa cosa sia ma pare intrigante, fosse anche solo perché, fino all’apparizione del titolo, tutti, diciamocelo, pensavamo “Reboot di Onimusha! Guarda, ci sono pure gli attori in performance capture, è sicuramente il reboot di Onimusha!”. Poi il titolo. Poi “Chi lo fa?” e attimi di silenzio. Poi, sul logo di Sucker Punch, sospiro di sollievo dell’intera sala.

1. L’editoriale di Polygon

L’ho chiamata appena finita la conferenza: editoriale di Polygon sul momento del trailer di gameplay di The Last of Us Part II col braccio demolito a martellate. Taaac. Ora, a me il trailer non è dispiaciuto e trovo che funzioni nel voler comunicare ansia, dolore e terrore, però mi sembra anche un messaggio un po’ limitante, nel promuovere il seguito di The Last of Us. Vedremo. Comunque, non so se mi aspettavo neanche questo, a chiudere la conferenza, però è una bella chiusura e mi viene ora da pensare che per il PlayStation Experience si siano tenuti altro di grosso. Vedremo pure questo.

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