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Uncharted 3 se la prendeva con calma | Racconti dall'ospizio

Uncharted 3 se la prendeva con calma | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Verso le fine di Johnny Stecchino uno dei personaggi esclamava, con un velo di malinconia “Il tempo sì che è un assassino!”. Il tempo passa, così velocemente che non ce ne rendiamo quasi conto. Sembra ieri, ma Uncharted 3 è stato pubblicato dieci anni fa. Dieci anni sembrano pochi, ma in realtà è un lasso di tempo enorme, e stiamo parlando di due generazioni di console fa. Mettendo da parte questa premessa da umarell, Uncharted 3 aveva il compito, oltre che di chiudere la trilogia su PS3, di superare quell’Uncharted 2 che aveva fatto incetta di premi un paio d’anni prima. In effetti, Uncharted 2 era (anzi è) un gran bel titolo, che partiva in quinta già dai primi minuti di gioco con Drake intento a risalire il vagone di un treno appeso in bilico su un burrone, e manteneva costante l’andatura per tutta la durata dell’avventura, con sparatorie tanto frequenti quanto interminabili, finendo a volte nella caciara più assoluta con scontri a fuoco in cui bisognava abbattere elicotteri e carri armati a colpi di bazooka. E, quando non si sparava, ci si trovava in mezzo a esplosioni, edifici che crollavano e chi più ne ha più ne metta.

Uncharted 3 invece se la prendeva comoda, almeno all’inizio. Il gioco iniziava con Nate e Sully impegnati a Londra in una trattativa per la vendita di un antico anello, e proseguiva poi come una rudimentale “origin story” con Drake poco più che bambino già intento in furtarelli, preso sotto l’ala protettrice di Sully in quel di Cartagena. E per i primi tre capitoli e mezzo di gioco non si sparava mai, anzi, veniva introdotto il combattimento corpo a corpo con gli avversari. Iniziava poi a carburare pian piano, ma la musica sembrava essere – leggermente – cambiata: le sparatorie erano meno frequenti e meno intense, il corpo a corpo di cui sopra era l’unica via per battere i “colossi”, bestioni umani (tutti uguali sia nell’estetica che nei comportamenti) da sconfiggere a suon di cazzotti, e in alcune sezioni si poteva andare (dove il numero di nemici era basso da consentirlo) di stealth. Insomma, l’azione esagerata di Uncharted 2 sembrava essere svanita in favore di un approccio più moderato. E invece no. Nella seconda parte del gioco, dall’ambientazione navale in poi, in gioco toglieva il freno a mano e accelerava poderosamente, con sequenze action dal taglio fortemente cinematografico e sparatorie più lunghe e caciarone (dopo elicotteri e aerei, ora Drake si trovava a dover abbattere delle navi), introducendo suggestive sequenze oniriche, come quella in cui Nate, dopo aver casualmente fatto precipitare il volo cargo sul quale si era clandestinamente infiltrato, si ritrovava a vagare per il deserto in preda alle allucinazioni.

Ho giocato per la prima volta a Uncharted 3 nel lontano 2013 e lo avevo promosso, ma con riserva. La serie cominciava ad accusare qualche timido segno di stanchezza, fra situazioni prevedibili (sai già che arrampicandoti qualche appiglio cederà) e una parte finale troppo simile a quella di Uncharted 2, che vedeva ancora una città mitologica andare in frantumi e i nostri fuggire via a gambe levate. Inoltre la coppia di villain Marlowe – Talbot non aveva il minimo carisma, senza neanche la soddisfazione di una boss fight finale degna di questo nome. Ho rigiocato recentemente tutta la trilogia grazie all’iniziativa Play at Home di Sony, che lo scorso anno, durante la pandemia, ha gentilmente regalato i tre capitoli in versione rimasterizzata, e ho cambiato decisamente idea su Uncharted 3, trovandolo un gioco molto più riuscito e appagante rispetto al primo impatto. Pensandoci bene, l’evoluzione della trilogia di Uncharted mi ha ricordato quella cinematografica del Batman di Nolan, con un primo titolo grezzo e dal potenziale inespresso, un secondo gioco esplosivo e un terzo più maturo.

Il resto è storia più o meno recente: Nathan Drake ci ha salutati – forse per sempre – con un Uncharted 4 molto più narrativo dei predecessori e uno spin-off, L’Eredità Perduta, che serviva più che altro a capire se la saga potesse andare avanti senza il protagonista (spoiler: può), e diamo un po' tutti per scontato che Uncharted esordirà presto o tardi su PS5 con un nuovo episodio. D’altronde, i soldi risparmiati per il sequel di Days Gone andranno pure investiti in qualche modo.

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