Outcazzari

Trent'anni fa, Ultima VII, che rivoluzione | Racconti dall'ospizio

Trent'anni fa, Ultima VII, che rivoluzione | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Nel 2022, Ultima VII compie trent’anni, io cinquanta e mia figlia maggiore diciotto. Ci deve essere profondo significato cabalistico in questi tre numeri, ma penso che non ci ragionerò troppo e al massimo li giocherò al lotto.

Ma torniamo a quando Ultima VII nasceva, io avevo vent’anni e c’erano ancora le riviste su carta: era l’aprile del 1992. Io scrivevo su Kappa già da un po’ ed ero specializzato nelle guide e nelle soluzioni. Sì, a vent’anni mi pagavano per giocare e finire avventure e giochi di ruolo, e poi scrivere la soluzione a tempo di record. Avevo iniziato proprio con Ultima IV, per inciso, che per me resta il gioco più importante in assoluto della mia vita: non solo come gioco dal gameplay insuperato, ma perché mandando la soluzione a Riccardo Albini, Alberto Rossetti e Benedetta Torrani (ovvero, lo Studio Vit), avevo iniziato a lavorare nei videogiochi, cosa che continuo a fare dopo tutti questi anni e ogni mattina ringrazio il cielo.

Ad ogni modo, una mattina di fine marzo o inizio aprile 1992 mi chiama Andrea Minini Saldini e mi dice che è arrivato il codice di Ultima VII. Nel 1992, internet è proprio agli inizi e in pochi immaginano che prima o poi si scaricheranno interi giochi da lì. I giochi arrivano su dischi con sopra scritto “Fingerprinted” e il nome del caporedattore, e bisogna sperare che nel viaggio dagli States non si siano smagnetizzati o persi in dogana.

Al tempo avevo ancora l’Amiga 500. Difficile crederlo oggi, ma era il “computer” più figo di tutti per giocare. Veloce e con una silhouette che io personalmente trovo particolarmente e letteralmente sexy, era il mio compagno di giochi preferito, e ci lavoravo pure. Però Ultima VII non era arrivato per Amiga: era iniziato quel lento declino delle generazioni di hardware degli anni Ottanta e Novanta, un processo oggi quasi incredibile, considerando che ti compri GTA nel 2013 su Xbox 360 e ci giochi nel 2022 su Xbox Series X. I giochi più nuovi iniziavano a non uscire su Amiga, Ultima VII era tra loro. Io il PC non ce l’avevo ancora, e quindi per la recensione me lo feci prestare da Alexandre Pasetto, che invece era un maniaco dell’hardware e si comprava tutto quello che usciva, comprese le console giapponesi che qua avevano un nome diverso e arrivano due anni più tardi che a Tokyo.

Tornato a casa, monto il PC in cameretta e lo installo. Ci metto un po’ a farlo partire perché non c’era Windows, c’era il DOS. Capire come dividere memoria EMS e base era già il primo puzzle di ogni gioco per PC.

Poi, ragazzi, inizio a giocare. Ultima VII perdeva il parser, ovvero la possibilità di scrivere come in un’avventura testuale le parole durante i dialoghi, e per me era una grossa mancanza. Ultima IV, V e VI lo avevano, e a me sembrava davvero di parlare con gli NPC. Gli chiedevi del lavoro, gli chiedevi il nome, e poi magari scoprivi che sapevano qualcosa del Mantra dell’Onestà o di una Glass Sword. scrivevi “Mantra” o “Sword”, poi ti svelavano i loro segreti. Era come giocare a Zork ma con la grafica, altro che The Pawn.

Ultima VII è il primo Ultima a perdere il parser, e un po’ mi spiaceva. Dovete capire che al tempo Internet era quello delle BBS, e le aziende di videogiochi non avevano nemmeno il “sito”. Le informazioni ti arrivavano dalle riviste straniere che riuscivi a intercettare nelle cinque edicole di Milano che le avevano, oppure due volte all’anno quando Riccardo e Andrea andavano al CES in America e all’ECTS di Londra. Fine. Non è che Lord British raccontasse i cazzi suoi su Twitter o su Facebook, o facesse balletti su TikTok in cui spiegava la sua idea di gioco di ruolo. Non c’era ultima7.com o NEO Gaf a dirti le robe cinque anni prima dell’uscita del gioco.

Sì, sapevi che un gioco usciva grossomodo in quel mese, avevi visto due foto su una rivista americana e una terza su una rivista inglese, e Andrea ti aveva raccontato che aveva preso un caffè al CES con Garriott. “Ci saranno delle sorprese”. E tu le scoprivi dopo aver installato la versione review del gioco, o leggendole su Kappa il mese dopo.

Parser a parte, tutto il resto era fichissimo. Uso apposta un termini anni Novanta. Non c’era interfaccia: chi oggi se la mena perché ha scoperto i segreti del game design prendendo i calci nei denti da Margit e mi spiega sui social che la UI non deve essere invasiva può solo accompagnare. Ci aveva già pensato Garriott nel 1992: schermo pieno, che “scrollava” in ogni direzione. Merito della scheda VGA a 256 colori, uno splendore miracoloso al tempo. Non ricordo che scheda fosse, ma di sicuro era l’ultimo grido, perché il mio amico francese ci teneva ad avere l’ultimo grido di ogni roba hardware.

Il gioco inizia a Trinsic, una delle otto città di Britannia. Il mio amico Iolo, con cui ho condiviso letteralmente l’inferno in Ultima IV-V-VI, mi accoglie appena emergo dal MoonGate. È invecchiato, perché a Britannia il tempo passa in modo differente che sulla Terra, ma la verve è sempre quella. Mi dice che le cose si stanno mettendo male e che bisogna fare qualcosa per aiutare Lord British. Per esempio, in città è appena stato scoperto un omicidio mostruoso, di quelli che non sono mai avvenuti a memoria d’uomo e di gargoyle.

Andiamo a vedere e troviamo effettivamente una scena raccapricciante. Un uomo sbudellato a terra, in mezzo a una specie di pentacolo tracciato sul pavimento di una stalla. Iolo ci invita a esplorare un po’ l’area e noi, come un agente CSI ante-litteram, troviamo un paio di cosine interessanti. È il tutorial, solo che nessuno ce lo sta dicendo. I giocatori di Ultima VII stanno usando una nuova interfaccia grande il quadruplo di quella di Ultima VI, perché ora le schede VGA permettono di avere un gioco così complesso a pieno schermo. E tu puoi spostare candele e armi per trovare indizi e trascinarli nella tua sacca. Niente più inventario a quadratoni alla Dungeon Master: se ci sta nella sacca e non pesa come un cavallo, puoi portartelo dietro.

Seguiamo le tracce dell’omicida e alla fine siamo pronti per raccontare cosa è successo secondo noi al sindaco di Trinsic. Ci fa una serie di domande, comprese alcune un po’ bizzarre sulla geografia di Britannia. È il sistema antipirateria, che verifica che abbiamo la mappa e la confezione originale. Io non ce l’avevo – mi sarebbe arrivata un paio di mesi dopo – ma Lord British ci ha mandato le risposte alle possibili domande. Si fidava così tanto di Riccardo e Andrea, visto che ci prendeva il caffè alle fiere, che non solo ci aveva mandato il gioco in redazione qualche settimana prima dell’uscita, ma anche tutta la documentazione per piratarlo, potenzialmente. Altri tempi.

Non vi racconto tutto il gioco. Vi dico solo che in Ultima VII c’è una Fratellanza falsa come una moneta da due Euro e mezzo, che circuisce la gente con fake news: chi li ha incontrati, oggi non può sopportare i seminatori di cavolate come le scie chimiche o la terra piatta, perché è quella gente lì. Poi ci sono gli incontri casuali, che scalavano in difficoltà a seconda del livello del tuo gruppo di avventurieri: tipo quello che si è “inventato” Morrowind anni dopo. A proposito di party, c’erano tantissimi NPC che potevano aggiungersi al gruppo, che oggi diremmo molto più “inclusivo” che in passato (in Ultima IV, per esempio, solo sette NPC e tutti rigorosamente di una classe diversa dalla tua).

C’erano un sacco di enigmi – Dio, quanto mi mancano gli enigmi nei giochi di ruolo – con piattaforme, campi di teletrasporto, oggetti da spostare. C’era un sistema magico da urlo, che all’ottavo livello ti faceva sentire una divinità. Poi c’era la storia del Guardian, che era arrivato a Britannia per distruggere tutto e ce l’aveva in particolare con te, e ti sentivi davvero disperato nel cercare di fermare il suo faccione rosso.

C’erano le città che conoscevo già da Ultima IV – V – VI, ma erano più grandi e realistiche. Non dovevi più “entrare” e caricare da disco, il mondo era in scala ed era un open world magnifico, che GTA ne ha da imparare, secondo me. C’era il ciclo notte-giorno e la gente andava a letto, al lavoro, e a mangiare. Tu lo sapevi e potevi entrare nel tempio della Fratellanza di notte mentre dormivano o a mezzogiorno mentre erano nella locanda e ficcanasare tranquillo nelle loro casse.

Insomma, era un gioco magnifico. Ci giocai circa una settimana prima di consegnare il testo in redazione, e nel weekend andai in redazione con Alberto per “montare” le pagine centrali della recensione. In pratica, avevo scattato le foto di ogni angolo di Trinsic e con Alberto abbiamo ricostruito la città nella recensione. Era la prima recensione “grossa” di Kappa non tradotta da Ace, perché Andrea Minini e tutti noi volevamo scriverle, le recensioni, non tradurle, e alla fine avevamo convinto i boss dello Studio Vit. Oltretutto, non è che si potesse chiedere aiuto a qualcuno se ti bloccavi nel gioco: in quel momento, ci stavamo giocando in forse trenta in tutto il mondo, e non c’erano mail, account social, Whatsapp per conoscersi e sentirsi a nazioni e continenti di distanza. Erano cavoli tuoi. Per fortuna, avevo già un po’ di esperienza e non mi ricordo di essermi bloccato troppo o per troppo tempo in Ultima VII. Tra l’altro, l’unico altro italiano a giocarci in quei giorni era il redattore di TGM, e al tempo tra le redazioni non c’era poi un gran rapporto come succede ora. Anzi, mi ricordo che prima della recensione sono arrivato in redazione e ho sentito Riccardo che stava litigando di brutto con qualcuno di TGM (penso Max Reynaud, ma non ne sono sicuro) sul fatto che entrambi volessimo mettere Ultima VII in cover e l’altro non era d’accordo. Alla fine la cover l’abbiamo fatta noi e la cosa mi ha riempito e mi riempie di gioia e orgoglio.

Al tempo, gli impaginati delle riviste diventavano prima pellicole e poi venivano stampati. Nel processo, qualcosa è andato storto proprio in quelle pagine centrali, e sono uscite leggermente ridotte: ma a me non importava. Quando mi arrivò la “staffetta”, la prima copia dello stampatore, una era mia di diritto, visto che avevo scritto la recensione di copertina, e me la sono letteralmente consumata.

Per inciso, che mese della madonna per i giochi di ruolo è stato maggio 1992, K numero 39: nello stesso numero, le recensioni di Pool of Darkness e Black Crypt. E c’era pure la mia soluzione di Eye of the Beholder (e di Monkey Island 2).

Il numero potete leggervelo qua, mentre Ultima VII potete comprarlo per due spicci qua. Per altro, nella versione GOG c’è sia il gioco base che il seguito (forse ancora migliore) Serpent Isle, e le due espansioni Forge of Virtue e The Silver Seed. Mi è difficile comunicare oggi quanto fossero splendidi, profondi e pieni di roba da vedere. Ci provo: un dungeon e una città di Ultima VII hanno più roba figa di tutto Elden Ring. Ora potete andare su Facebook e insultarmi. Oppure vi fidate, ci giocate, e venite a dirmi come la pensate, sempre su Facebook.

(Non) mi sono innamorato di te!

(Non) mi sono innamorato di te!

Aprile 2002: Il secondo/terzo Parappa e i tre Arc the Lad | Old!

Aprile 2002: Il secondo/terzo Parappa e i tre Arc the Lad | Old!