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Le Olimpiadi made in Konami: Track & Field | Racconti dall'ospizio

Le Olimpiadi made in Konami: Track & Field | Racconti dall'ospizio

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Se c’è un genere che, nel corso degli anni, ha sempre avuto un successo incredibile nel mondo dei videogiochi è quello sportivo. Poter vivere, anche se in una maniera ovviamente molto diversa, le sensazioni che provano gli sportivi nel partecipare, gareggiare e, si spera, vincere, una gara sportiva è una cosa che almeno una volta nella vita un appassionato di videogiochi prova. 

Tra i tantissimi sottogeneri sportivi esistenti uno che ha visto, in passato, momenti gloriosi e che ad oggi è decisamente meno seguito è quello dei giochi multievento, solitamente collegati a manifestazioni come campionati mondiali o olimpiadi.

Nella prima metà degli anni Ottanta, spopolavano, sugli allora home computer, i titoli basati sull’atletica leggera come Dechathlon di David Crane, Summer Games di Epyx e Daley Thompson's Decathlon (spero in futuro di avere la possilbità di parlare di queste pietre miliari del genere). Erano gli anni in cui la guerra fredda tra USA e URSS era sbarcata anche nello sport con il boicottaggio degli americani nelle olimpiadi di Mosca del 1980 e quello del blocco sovietico a Los Angeles 1984. Le olimpiadi erano una delle pochissime manifestazioni mondiali trasmesse in TV e catalizzavano l’attenzione popolare.

In questo contesto, nel 1983 esce probabilmente il gioco di atletica multievento più famoso di sempre: Track & Field. Pubblicato da Konami in Giappone con il titolo Hyper Olimpic, Track & Field permette al giocatore di cimentarsi in sei discipline diverse: 100m, Salto in lungo, giavellotto, 100m ostacoli, lancio del martello e salto in alto. La caratteristica più innovativa del gioco di Konami è sicuramente il metodo di controllo: invece di avere il consueto joystick e dei tasti, il cabinato offriva al giocatore tre tasti, due laterali deputati alla corsa che si dovevano premere in maniera alternata e molto velocemente, e uno, in centro, deputato al salto.

Questa configurazione obbligava i giocatori a premere forsennatamente i tasti della corsa simulando la fatica degli atleti su schermo e quinquie ci abbia giocato può assicurare che al termine di una buona partita i muscoli delle braccia erano decisamente provati. 

A parte i 100 metri piani, che richiedono di premere solo i tasti della corsa, in tutte le altre discipline bisogna utilizzare anche il salto, in maniera diversa da gara a gara.

Se nei 100 metri ostacoli è una questione di tempistica nel premere al momento giusto il tasto del salto per superare i singoli ostacoli, per le altre discipline è necessario anche azzeccare l'angolazione giusta, quindi tenere premuto il pulsante fino a che non si raggiunge il punto perfetto per una buona prestazione.

Come se non bastasse, per poter proseguire nelle varie discipline è necessario soddisfare i requisiti minimi richiesti dalla gara. È molto facile che le prime volte non si capisca bene quanto veloce si debbano premere i pulsanti rimanendo così  eliminati dopo pochi secondi, con conseguente inserimento di un nuovo gettone. 

Track & Field, come tutti i videogiochi sportivi multievento, è divertente in solitario ma ha nel multiplayer quel qualcosa in più che lo rende unico. Anche se le gare nelle quali effettivamente si gioca in contemporanea sono solo le due di corsa (100 metri piani e ostacoli) anche nelle specialità di salto o di lancio, in cui si pigiano i tasti a turno, la competizione e la voglia di superare l’avversario sono veramente sentite. Perchè OK fare un risultato migliore di quello minimo deciso dal gioco per passare la qualificazione, ma sconfiggere il tuo amico che è lì di fianco a battere sui tasti come se non ci fosse un domani è un'esperienza “sportiva” veramente potente, esperienza che, vissuta in una sala giochi con altri ragazzi che incitavano o deridevano i partecipanti, assumeva un significato del tutto diverso dal provare la stessa cosa tra le mura di casa propria (che rimaneva comunque divertente, ma non c’era paragone). 

Come accade in diversi titoli di quel periodo, anche in Track & Field si trovano diversi easter egg, che obbligano il giocatore a scegliere se aggiudicarsi il bonus o riuscire nel tentativo di qualificazione. Infatti in alcune discipline, come il lancio del giavellotto, è necessario sbagliare completamente l’angolazione del tiro per poter centrare un lampadario (nascosto) sul soffitto del palazzetto dove si disputano le gare. 

Personalmente ho giocato tantissimo sia a Track & Field sia ai diversi titoli che l’hanno imitato (devo aver distrutto almeno tre joystick su Decathlon per Commodore 64), e il fatto che questo genere di giochi sia praticamente scomparso, a parte qualche titolo Nintendo sulle Olimpiadi, mi rattrista non poco. Certo, nel continuo tentativo di migliorarsi, si rischiavano feroci tendiniti, però anche questo è il prezzo della gloria.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Konami, che trovate riassunta a questo indirizzo.

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