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Gennaio 1980: Fra conversioni e cloni | Old!

Gennaio 1980: Fra conversioni e cloni | Old!

Old! è esattamente quella stessa rubrica che da vent'anni vedete apparire su tonnellate di riviste o siti di videogiochi. Quella in cui si dice "cosa accadeva, nel mondo dei videogiochi, [inserire a piacere] anni fa?" Esatto, come su Retro Gamer. La facciamo anche noi, grazie a Wikipedia, pescando in giro un po' a caso, perché siamo vecchi nostalgici, perché è comoda per coprire il sabato e perché sì. Ogni settimana, anni Settanta, Ottanta, Novanta e Zero, o come si chiamano. A volte saremo brevissimi, a volte saremo lunghissimi, ogni singola volta si tratterà di una cosa fatta senza impegno, per divertirci assieme a chi legge, e anzi ci piacerebbe se le maestrine in ascolto venissero a dirci "oh, avete dimenticato [inserire a piacere]".

Uah, che botta, il primo Old! del mese si sposta dagli anni Settanta agli anni Ottanta, pensa te! E si comincia, come da tradizione, con qualcosa sulla cui data le informazioni sono piuttosto fumose. Probabilmente a gennaio del 1980, sicuramente nel 1980, Atari porta Space Invaders sul suo Atari 2600, in quella che è effettivamente la prima conversione ufficiale, su licenza, da sala giochi a formato casalingo. Lo sparatutto di Taito, dopo essersi mangiato le sale giochi e i bar di tutto il pianeta, conquista anche salotti e camere da letto grazie a un port che aggiunge tutta una serie di opzioni e modalità inedite, fra alieni invisibili, nuovi pattern di movimento, scudi e altre sciccherie. Viene anche incluso il multiplayer, cooperativo e competitivo e questo macello di novità compensa ampiamente alle rinunce sul piano estetico, tanto che il gioco ha un impatto mostruoso sulle vendite della console, quadruplicate in un soffio. Insomma, Space Invaders per Atari 2600 è la prima killer application della storia. Non a caso, ce l’ho ancora sullo scaffale al piano di sopra.

Lo stesso mese vede anche il lancio dalle nostre parti (dopo essere spuntato in patria nel 1978, se Wikipedia non mente) di 3D Tic-Tac-Toe, altro gioco di Atari per la sua console che adatta il gioco da tavolo noto anche come Qubic, sostanzialmente una versione più complessa e incasinata del Tris. Purtroppo, questa versione digitale è una mezza schifezza, soprattutto a causa dei tempi di attesa pachidermici fra una mossa e l’altra. Non a caso, ho anche questo sullo scaffale. 3D Tic-Tac-Toe merita comunque di essere ricordato come gioco d’esordio per Carol Shaw, una fra le prime game designer e programmatrici di videogiochi della storia, che centrerà il capolavoro nel 1982 con River Raid.

A gennaio del 1980 spunta anche in sala giochi Car Hunt, gioco di guida targato Sega che ci vede impegnati a sfrecciare in un labirinto raccogliendo pallini e sfuggendo alle auto della polizia. Insomma, è Pac-Man, cinque mesi prima di Pac-Man ma senza essere divertente, riuscito e di successo come Pac-Man. Povero.

Chiudiamo con una tripletta di sparatutto da sala giochi non particolarmente più fortunati. Cosmic Alien di Universal è addirittura la quarta uscita per la serie Cosmic nel giro di un anno scarso e si propone come sparatutto a visuale “verticale”, in stile Galaxian, affossato dall’estrema lentezza.

Megatack è un altro clone del classico Namco, che prova a distinguersi con alcune varianti sul tema, dallo sparo direzionabile agli alieni che tentano di divorarti, ma fallisce pure lui sul piano dell’esecuzione. Non ce n’è.

Infine, va un po’ meglio con Vortex, che si ispira invece palesemente ad Asteroids ma abbandona la grafica vettoriale per puntare sugli sprite. Pur essendo decisamente il gioco più riuscito dei tre, il successo non arriva neanche per lui.

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