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PlayStation  5 può aspettare!

PlayStation 5 può aspettare!

L’America è arrabbiata! Serra i denti e improvvisamente scopre un tessuto sociale imbarazzante e vergognoso persino per il resto del mondo, che nasconde i suoi scheletri in fondo al mare. Potrebbe essere una rivoluzione, potrebbe persino cambiare qualcosa o potrebbe essere solo rumore, non è questo il punto. Abbiamo capito che forse non sta bene a tutti, è molto più di qualcosa.

Sony non se la sente di festeggiare la sua PlayStation 5 e prende una posizione netta. Un gesto dovuto, sicuramente tardivo, forse paraculo, magari inutile, chissà se sentito, ma mai, mai, mai sbagliato. Era sicuramente difficile fare marketing tra folle inferocite e scontri di piazza ma si è comunque deciso di schierarsi contro i razzisti. E pure quelli comprano console. Quello che viene dopo, tutta l’industry che si accoda, è mille volte più facile. Ugualmente importante, ma più facile e forse più inevitabile. Ma non è questo il punto. È stato fatto, andava fatto, pure se incredibilmente in ritardo.

Però, questa gente racconta storie, mi ricordo, e penso che un videogioco che affrontasse certi temi sarebbe incredibilmente più potente di un comunicato stampa. Qualcosa di diretto, frontale, che vada oltre gli alieni di Mass Effect, gli androidi di Detroit o i mutanti di Fallout, qualcosa che ci ricordi con chiarezza didascalica che quel problema non è solo dall’altra parte della galassia, lontano, ma dentro i nostri supermercati, in fila alle poste, e che non dovremmo smettere mai di vergognarci.

Per Guillemot di Ubisoft, per esempio, i videogiochi non devono prenderla, una posizione, non possono schierarsi. Devono essere neutri, intonsi, e lasciare che siano Facebook e i suoi algoritmi ad alimentare le follie di un mondo che non sa più distinguere le sue vergogne. Sono cresciuto in una scuola ugualmente sulla difensiva e vivo fra terrapiattisti e gilet arancioni, forse è ora di cambiare strategia.

Tocca a loro educare le future generazioni? Certo che no, ma togliamoci anche di dosso questa convinzione che l’intrattenimento debba solo divertire. Io voglio i mari ma pure i monti, voglio il menù completo, voglio la FOX ma pure l’HBO, voglio la Marvel e voglio Parasite, ho il diritto di sognare un mercato che sappia renderlo profittevole. Le storie ci sono già, che vi piaccia o meno, non è più solo una questione di gameplay: facciamo in modo che valga la pena di ascoltarle.

Per diventare adulto, e forse per interessare anche un pubblico diverso, il videogioco deve cominciare a raccontare la realtà. Con la sua forza, con la sua interattività, fino a farti stare male, a disgustarti, a farti sentire in colpa, se necessario, perché ne è capace come nessun film, telefilm o libro di questa terra. Ci provano gli indie, a volte ci riescono pure, ma una voce è importante solo quando qualcuno può ascoltarla. Mi aspetto che succeda? No, ma non mi aspettavo nemmeno di vedere Sony irritare i suprematisti bianchi. Magari, un giorno...

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